Gli Anelli di Saturno di Winfried G. Sebald (Adelphi, 2010) è un libro che vale la pena leggere: uscito molti anni addietro per i tipi di Bompiani é stampa ristampato in anni recenti da Adelphi.
Come tutte le opere di Sebald è un libro sul camminare, ma é anche diario di viaggio, e quaderno di riflessioni, oltre che diario interiore.
George Sebald che, per vicissitudini di studio, si ritrovò a vivere per lunghi anni in Inghilterra, era anche un grandissimo camminatore solitario.
Tutti i suoi libri (che non sono catalogobili come romanzi, nemmeno "Austerlitz" che più si avvicina alla struttura narrativa del romanzo, sono in fondo un un ico lunghissimo monologo: in cui varian soltanto le descrizione di luoghi, cose, personaggi incontrati, elementi che non sono mai rappresentati in quanto tali, ma sostanzialmente presi e trattati come "oggetti psichici" e attinenti eventualmente ad uno scenario metafisico.
Non si può non amare le note di diario e di viaggio di Sebald, anche con quella loro atmosfera di solitudine e melancolica che del resto attiene alla dimensione del camminare in cui costantemente si si incontrano delle "cose" che poi si lasciano alle nostre spalle, costretti dunque a vivere costantamente il dolore della separazione e l'elaborazione del lutto in un conntinuum fluido.
In "Gli anelli di Saturni" sono raccolti i pensieri e le riflessioni di Sebald scriti nel corso di un suo vagabondaggio a piedi nel Suffolk..
A partire dai tenui elementi psichici che scaturiscono dal suo vagabondare, Sebald fa delle divagazioni e scrive di storie apparentemente distanti nello spazio e nel tempo: il visconte di Chateaubriand, i mercanti della seta, il panorama di Waterloo, l’uragano del 1987 in East Anglia, il tempio di Gerusalemme, l’imperatrice vedova Cixi, etanto altro. Eppure tutto ciò è estremamente connesso alla sua esperienza, a lui (e a chissà chi prima e dopo di lui) e ai luoghi percorsi, come i cristalli di ghiaccio che ruotano nelle orbite anulari attorno all’equatore del sesto pianeta del nostro sistema solare.
Gli Anelli di Saturno non può essere catalogato alla voce letteratura di viaggio, se pur di un viaggio si tratta, ma è di più: un libro perfetto per chi ama, come la definisce Luca Gianotti de La Compania dei Cammini l’Arte del Camminare.
Anche questo volume, come tutte le altre opere di Sebald è corredato di immagini: si tratta di foto per lo più riprodotte in bianco e nero, frutto delle riprese fotografiche compiute dallo stesso Sebald: immagini sgranatee poco definite, quasi scaturissero da un sogno e con le caratteristiche evanescenti del materiale onirico appunto, ma nello stesso tracce e testimonianze che confermano che Sebald nei luoghi di cui parla - per quanto in uno stato mentale trasognato - c'è stato e ci ha camminato attraverso. E, oltre alle foto di luoghi, ci sono delle immagini di reperti di altro genere, tutti agganci tenui con la realtà che, rapidamente nel vissuto di Sebald, si trasforma in scenario psichico intriso di solitudine e di solitudini.
(dal risguardo di copertina) "Pellegrinaggio in Inghilterra" recita il sottotitolo. E di un viaggio solitario si tratta, d'estate e per lo più a piedi, nel Suffolk, dove Sebald visse sino all'ultimo: in uno spazio delimitato da mare, colline e qualche città costiera, attraverso grandi proprietà terriere in decadenza, ai margini dei campi di volo dai quali si alzavano i caccia britannici per bombardare la Germania. Viandante saturnino ("Nato sotto il segno del freddo pianeta Saturno" dice di sé nel poemetto Secondo natura), Sebald ci racconta - lungo dieci stazioni di un itinerario che è anche una via di fuga - gli incontri con interlocutori bizzarri, amici, oggetti che evocano le fasi di quella "storia naturale della distruzione" che scandisce il cammino umano e il susseguirsi degli eventi naturali. E ci racconta storie di altri vagabondaggi ed emigrazioni, di cui la sua vicenda personale è estrema eco: quelli di Michael Hamburger, poeta e traduttore di Hòlderlin, profugo anche lui dalla Germania; di Joseph Conrad, che nel Congo conosce la malinconia dell'emigrato e l'orrore per le tragedie del paese di tenebra; di Chateaubriand, esule in Inghilterra; di Edward Fitz-Gerald, eccentrico interprete della lirica persiana, che a bordo della sua piccola imbarcazione trascorre ore in coperta, con in dosso marsina e cilindro e un lungo, svolazzante boa di piume bianche intorno al collo. Pellegrinaggio e insieme labirinto, nella miglior tradizione sebaldiana.