(Maurizio Crispi) Mi sono imbattuto in libreria non molti giorni addietro (tra la fine di aprile e i primi di maggio) in un nuovo libro sul running e, come faccio di solito, l'ho immediatamente acquistato e messo in lettura subito dopo.
Si tratta del volume di Daniele Barbone. Runner si diventa. Dall'Ufficio al Deserto, edito da Corbaccio (2015), con un'accattivante copertina brossurata che nella sua grafica ricorda i volumi di Pietro Trabucchi (editi dalla stessa casa editrice).
Mi sento portato ad esprimere già un mio parere, pur con la lettura ancora in corso, ma ormai a più di due terzi del libro.
E' un volume di difficile catalogazione, perché si presenta come un ibrido, tra il memoir podistico e di vita, ma anche come manuale di insegnamenti sulla corsa, sul vivere e sulle attività imprenditoriale. per me che vengo anche dall'esperienza di corsista in corsi di formazione per formatori, il volume di Barbone possiede tutte le qualità per poter essere adottato come testo di riferimento in un'attività di formazione per manager, divisa tra ore d'aula e ore da da impegnare in attività outdoor che temprino alla resilienza e alle capacità decisionali, avendo come supporto e risorsa il gruppo.
L'"ibrido" sul running, partorito da Daniele Barbone si distacca dunque da altri disponibili sul mercato per il suo taglio. Si parla della sua iniziazione alla corsa e delle sue avventure podistiche, per così dire da zero alla 100 km del Sahara, passando per l'esperienza di correre in poco più di anno le cinque "Major" tra le Maratone (Major World Marathon) e vivendo, a causa di questa sua scelta, in diretta l'attentato della Maratona di Boston. Il tutto intersecato con le sue esperienze di vita lavorativa ed imprenditoriale. Ciò che colpisce è il fatto che egli crei un mix assolutamente unico tra sport, esperienza interiore del limite e d'una resilienza che può essere forgiata e modificata, lavoro di squadra e attività di motivatore.
Quindi, ogni singolo momento della carriera podistica di Daniele Barbone è stato forgiato dalla sua mentalità lavorativa. Anche nella corsa ha voluto essere imprenditore di se stesso: la creazione di un team, trovare un ottimo coach (nella persona di Orlando Pizzolato), aver avuto la fortuna di poter ricevere gli insegnamenti di Pietro Trabucchi, e iniziare, infine, egli stesso ad essere di esempio per gli altri e "motivatore".
Ad esempio, emerge dalle sue pagine una visione assolutamente inedita del pacemaker (sulla base della sue personali esperienze come pacemaker) visto come motivatore di altri podisti. La parte più interessante ed autentica è quando l'autore racconta la sua crecita di imprenditore autonomo con una sua vision, alal ricerca dell'eccellenza: e, qui, potrebbe essere addirittura d'insegnamento ad altri. Ciò che, invece, disturba nella lettura del suo volume è il suo volere essere maestro e "motivatore" (sì, tale parola ricorre spesso) e, attraverso il suo racconto, impartire insegnamenti e costruire una filosofia di vita (almeno, non voglio apparire pesante, in questa mia critica, ciò emerge soprattutto in alcuni capitoli che sembrano avere un taglio "didattico", anche a causa dell'intenso uso del grassetto per evidenziare parti del testo e dell'inserto finale di una scheda con i "punti chiavi" (anche questi in grassetto): capitoli leggendo i quali ci si sente disorientati e quasi scaraventati nel bel mezzo di una presentazione in powerpoint, senza slide, ma il succo sembra essere quello... come anche le citazioni ricercate e forse troppo ricercate che mi fanno pensare ad un libro di pensieri e di citazioni che, durante un corso di formazione, mi venne consigfliato come "strumento del mestiere" per infarcire le mie eventuali presentazioni in powerpoint di formatore in fieri di citazioni adeguate ed opportune: citazioni che dovrebbero essere inserite abilmente qua e là per generare nel discente un senso di riverenza, misto a meraviglia, nei confronti della 'apertura culturale del proprio formatore.
E così facendo, con il fardello di questo intento e con quello formale delle grassettature le sue pagine perdono freschezza e slancio, impedendo al lettore più accorto e più autonomo nella capacità di assimilare e metabolizzare il testo di costruirsi una sua immagini ed elaborare concettualizzazioni autonome, mettendole a confronto con la propria esperienza.
Sempre per via della logica imprenditoriale applicata alla sport, con l'aggiunta di una buona tecnica di marketing ma anche a causa delle sue ottime "entrature" e della stima che raccoglie, a ragion veduta, nel mondo degli esperti (nell'area dell'imprenditoria e della tutela dell'ambiente, anche a livello internazionale), Barbone è rapidamente divenuto "viral" nella rete e spunta dovunque come il prezzemolo, in interviste e video, in cui lancia i suoi messaggi che, pur apprezzabili, serviti così - esattamente nella veste di insegnamenti utili ed apprezzabili - rischiano di diventare le elaborazioni di un "maestrino" del pensiero: mentre - come sappiamo.- il vero saggio è colui che si nasconde in quanto saggio e che diffonde i suoi insegnamenti in una forma che non vuole apparire come insegnamento, comportandosi così - per alcuni versi - da anti-maestro.
Io, da podista (per quanto non più attivo, ma con oltre duecento maratone e ultramaratone concluse), sotto questo punto di vista non mi sento di dovere condividere o accettare il Verbo di Barbone, come mia fislosofia della corsa e dello sport: voglio costruirmi la mia.
E credo che ognuno debba potersi costruirsi la propria senza bisogno di un Barbone che viene a dirti come devi pensare, cosa devi sentire e senza i suoi suggerimenti imprenditoriali applicati alla corsa o anche senza i suoi suggerimenti imprenditoriali derivanti dall'esperienza della corsa (per quanto questi ultimi possano risultare indubbiamente interessanti per colui che da psicologo si occupi di psicologia delle organizzazioni)..
Daniele Barbone si giustifica di fronte a questa critica, dicendo che i grassetti e le schede con i punti chiave di ciascun capitolo sono stati decisione dell'editore, ma io credo - e anche questo lo affermo sulla base della mia esperienza personale - che un Autore abbia sempre la possibilità di interferire con le scelte editoriali e di porre dei veti a scelte che alterano il proprio prodotto dell'ingegno.
Detto questo, il mio suggerimento è che tutti debbano leggere questo libretto.
D'accordo o non d'accordo con il suo format (specie quello di alcuni capitoli), ci si imbatte in alcuni passaggi che sono autenticamente da antologia, come ad esempio il racconto della sua partecipazione alla Maratona di Bostorn e il suo essere lì, in presa diretta, a poche centinaia di metri dal luogo in cui scoppiarono i due letali ordigni.
Oppure il suo essere presente alla Maratona di New York, nell'anno (2012) in cui - evento unico nella sua storia - venne sospesa a due giorni soltanto dall'evento a causa di Sandy, il ciclone che, spingendosi eccezionalmente tanto a Nord, aveva seminato al suo transito una scia di morte e distruzione.
Ma - mi perdoni ancora una volta Barbone - correre in poco più di un anno le cinque Major tra le Maratone (New York, Chicago, Boston, Londra, Berlino) non è una grande impresa sotto il profilo sportivo. Lo è decisamente sotto il profilo economico, poichè bisogna pianificare cinque viaggi all'estero, con costi elevati per l'acquisto del pettorale, oltre a tutte le spese di trasferta (in cui, poichè si deve dipendere dalle agenzie di viaggio che hanno il monopolio sui pettorali i costi lievitano non di poco). Dunque, per riuscire in una siffatta impresa, basta avere i soldi e il tempo necessari: ancora una volta, da parte di Barbone, questa risulta essere un'affermazione supponente che gli possiamo perdonare supponendo a nostra volta che egli, nel decantare il pregio della sua impresa, sia trascinato dall'entusiasmo e che non veda quale possa essere il vero limite per la maggioranza dei runner nel correre di seguito le cinque Major. E, soprattutto, egli manca di delicatezza nei confronti dei tanti super-maratoneti italiani assuefatti a correre anche una maratona alla settimana, ma che - per necessità di cose, in mancanza delle risorse di tempo e di denaro necessarie - devono rivolgersi alle maratone di casa propria, limitandosi al massimo - come "regalo" a partecipare ad una maratona all'estero, una volta all'anno: sono in tanti a vivere il podismo, dovendo tenere conto di un budget mobilizzabile allo scopo che, ogni anno, diventa una copertina sempre più stretta.
Ma, ancora, Barbone riesce ad essere simpatico, con il suo essere sempre lì, come un folletto del mondo della corsa sulle lunghe distanze o anche come un Forrest Gump, che corre ma che - non si sa come - riesce sempre ad essere lì nei momenti più cruciali e accanto a personaggi importati ai quali riesce ad impartire il consiglio giusto.
E, in più, il fatto che le vendite del volume siano legate ad un'iniziativa benefica, potrebbe essere un incentivo ulteriore ad acquistarlo.
Quindi, chiunque abbia letto la mia recensione sino in fondo, non si lasci influenzare dall'esposizione di quelli che ho evidenziato come punti di criticità e acquisti questo "Runner si diventa", lo legga e lo faccia suo, ricercando quelle pagine che sono delle piccole perle oppure quelle che possano generare in lui il senso della meraviglia.
(Dal risguardo di copertina) Chi, un bel giorno, decide di alzarsi dalla sedia e di mettersi a correre non inizia solo a praticare uno sport entusiasmante, ma cambia anche la sua vita. Questo è il messaggio che Daniele Barbone, imprenditore e runner, trasmette nel suo libro. Per correre non bisogna acquistare un’attrezzatura costosa, bisogna solo abbandonare la pigrizia e muovere il primo passo. Dall’isolato di casa e dai parchi cittadini alle mezze maratone e alle maratone, Daniele racconta come è approdato alle Five Major Marathons e alla 100km del Sahara, la corsa nel deserto che si avvicina al mondo estremo dell’Ultra-Trail.
Ci vogliono volontà, motivazione, resilienza, capacità di porsi obiettivi realistici ma sempre più ambiziosi, non per ottenere riconoscimenti esterni ma per provare soddisfazione in se stessi. Oggi Daniele Barbone non è solo un runner, è anche un «pace-maker», un motivatore che affianca, sprona e consiglia chi sta correndo. E in «Runner si diventa» Daniele condivide con il lettore la sua «cassetta degli attrezzi», utile a chiunque voglia avvicinarsi al running, a chi già lo pratica e a chi lo vede come metafora che insegna a realizzare i propri traguardi in ogni campo, dallo sport allo studio al lavoro: a individuarli, a sviluppare la resilienza necessaria, a soffrire un po’, a trovare buoni compagni di viaggio e, infine, a raggiungerli.
Un libro che ti insegna a correre per realizzare i tuoi sogni e raggiungere i tuoi traguardi
Daniele Barbone Archives - Dall'ufficio al Deserto
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Dall'Ufficio al Deserto. Il Progetto di Daniele Barbone
Nota sull'autore. Daniele Barbone, quarantatré anni, nato ad Alessandria e felice papà di Tiziano, vive tra Novara e Milano.
Ha creato un gruppo di aziende nel settore Green Economy e nel settore Formazione che sono oggi un punto di riferimento nazionale e che hanno ottenuto un numero consistente di premi e danno spazio in particolare a giovani talenti. Daniele unisce la passione per il lavoro a quella per la corsa a piedi trovandone continuamente i punti di contatto e la reciproca utilità.
Nel 2013 è stato tra i 150 atleti di tutto il mondo che hanno completato le Five Major Marathon, correndo in sequenza le maratone di Londra, Berlino, Boston, Chicago e New York. Nel 2014 ha corso la 100 km del Sahara unendo la sua passione di sportivo a un’iniziativa benefica: per ogni chilometro di corsa percorso, Daniele Barbone ha ottenuto da alcune aziende un finanziamento in favore di CESVI, un’organizzazione laica e indipendente che opera per la solidarietà mondiale.
Con il progetto Dall’Ufficio al Deserto, Daniele Barbone è testimonial Expo 2015 per #expottimisti.
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