(Emanuela Pagan, 30 luglio 2015) Pioggerellina sottile scende a cadenzare i passi. Non dà fastidio. I pellegrini sembrano tante lumache colorate con il loro zaino avvolto nella mantella.
L'umore delle persone è sempre ottimo, una ragazza mi sorpassa cantando.
Non dura molto la pioggia. Il cielo diviene blu scuro. Delle nuvole si riversano sul monte vicino. Sembra una soffice cascata bianca impalpabile. Travolge tutto nella sua lentezza, anche il monumento costruito sulla cima.
Santiago è un sogno. Qualcuno me lo ha raccontato, perché non percorre il cammino per la prima volta. Ogni volta che me ne parlano sento un brivido.
Ci penso. In mezzo a qualche chilometro. Visualizzo come potrebbe essere. Come l'arrivo di una maratona. Poi sarà ineguagliabile, come il traguardo dei 42.195m, troppo agognato per poterselo dimenticare, troppo breve per poterlo esprimere.
Passo per Los Arcos. Per me è diventato impossibile resistere alle tortilla. La ricetta è semplice. Penso che ne farò a tonnellate se torno in Italia.
Le chiese all'interno sono barocche e sfarzose. Molto oro e innumerevoli dettagli. Dopo il primo incanto, si perde la vista del singolo. Bisogna separare l'insieme per apprezzare la statua della Madonna. È rappresentata come un'orientale.
All'esterno la pioggia è ancora incerta.
La tappa è breve oggi. Si rifiata perché Santiago è ancora distante. Non è una gara. Voglio portare le mie gambe e i miei piedi sani all'arrivo in quella piazza.
Torres del Rio è un paese piccolo, la tienda apre solo poche ore al pomeriggio.
Mi concedo il lusso di un albergo. Mi stupisco ad apprezzare un asciugamano e un letto con le lenzuola. Avere una doccia e un bagno a mia disposizione mi sembra incredibile. Dalla terrazzina si vede la luna. La cena è stata in compagnia, i sogni saranno solitari. Sorrido pensando che stanotte non dovrò nascondermi nel sacco lenzuolo mentre scrivo per non disturbare con la luce del tablet.
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