Paolo Vittone
La Lumaca e il tamburo. Favola di un viaggio alla riconquista del Tempo di Paolo Vittone ed Elisa Lussig (Infinito Edizioni, Collana Orienti, 2010) non è certamente un libro novità.
È stato pubblicato postumo nel 2010, dopo la morte per cancro di Paolo Vittone, a 46 anni, solo pochi mesi prima.
Paolo Vittore era un giornalista di Radio Popolare, redazione esteri, inviato nella guerra dell’ex-Jugoslavia.
Paolo Vittore, sapendo di essere malato terminale, tra un ciclo di cure e l’altro, decise di mettersi in cammino.
Non per dimenticarsi della malattia, poiché il cammino non consente facili evasioni.
Ma piuttosto per qcquisire una diversa e più profonda consapevolezzas: e quindi anche una maggiore presenza a se stesso, tanto più oppurtuna quando il tempo si fa stretto e si ha davanti un termine sempre più incombente.
Vittore si mise in cammino, da Trieste, per recuperare il tempo, il tempo per lui così prezioso. Fu Paolo Rumiz (che scrive l’introduzione al libro) a suggerirgli un cammino, e anche se all'inizio il suggerimento sembrasse azzardato per un uomo in quelle condizioni di salute, Vittone - una volta in cammino -ebbe poi modo di scoprire quanta forza gli venisse dal cammino: ce la faceva, e stava meglio, tanto che la malattia - seppur provvisoriamente - recedeva.
Da Trieste, Vittone ha camminato fino in Bosnia - la sua amata Bosnia - (anche se con tratti in auto), passando per Slovenia e Croazia.
La sua scrittura, delicata e profonda, dipinge con pochi tratti i luoghi e le persone, con sguardo empaticamente distaccato, coinvolto ma non troppo, se preferite.
E vi si parla delle ferite della guerra civile, di una guerra ancora così vicina ma ormai dimenticata, che preferiamo dimenticare. Dei nazionalismi e degli integralismi.
Vittone dipinge la parte sociale del territorio perché questo faceva, da giornalista. Ma dal suo ruolo di giornalista vuole smarcarsi, vuole vedere con occhio diverso, e quindi smette di ascoltare i discorsi delle persone, per fare dentro di sé un vuoto quasi zen, e lasciarsi baciare dagli elementi della natura.
In questo modo, egli ha recuperato il tempo, e il senso/la bellezza della vita, mentre di ciò che vedono i suoi occhi rimangono ricordi intimi, come lo sguardo acquoso del matto del villaggio, i profumi del bosco, la pioggia battente, il canto degli uccelli, uomini e donne dolci e accoglienti.
I ricordi più preziosi sono quelli delle emozioni, e valgono molto di più della cronaca o delle riflessioni socio-politiche.
Ecco la grande scoperta di Vittone, che ci lascia in eredità questo piccolo scritto da leggere e da rileggere con cura.
Accompagnano il libro i disegni di Elisa Iussig, che ha seguito Vittone per la prima parte del viaggio in auto, giovane donna incinta: disegni in bianco e nero, che rendono il libro ancor più poetico.
(Dal risguardo di copertina) Trieste molo audace. Un incontro è l'inizio di un viaggio a piedi di una donna incinta e di un uomo malato, confini estremi della vita, fino in Bosnia, passando per Slovenia e Croazia, varcando confini ufficiali e non, attraversando terre cattoliche, ortodosse e "meticce", fino a quelle dell'islam europeo, laico e aperto quanto ignorato. Un ultimo viaggio carico di sentimento in luoghi rimasti incolumi e in altri disfatti dalle guerre jugoslave degli Anni '90; posti in parte ricostruiti, altri in bilico tra passato bellico e futuro forse di pace; terre etnicamente purificate e terre meticcie, lungo il crinale che separa la cultura del mare e quella della terra. Introduzione di Paolo Rumiz.
Giugno 2008, una sera di pioggia. Qualcuno mi suonò al campanello di casa, a Trieste, aprii il portone, e dopo un minuto nella cornice della porta apparve lui. Smagrito, febbricitante, coperto di piaghe, ustionato sul naso e sul collo, lacero e fradicio fino alle ossa, ma totalmente felice. Paolo sembrava uno di quei cani che scappano nella stagione degli amori, e tornano a casa dopo giorni, magri, affamati e contenti. Le rughe, perfino gli eczemi e la pelle rovinata dalle terapie sembravano disegnati apposta per dare ancora più luce a uno sguardo infuocato da capitano di ventura…
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