La 100 km del Passatore è veramente - al di là di qualsiasi facile retorica - la gara di tutti.
Tutti sono assistiti con eguale attenzione, dal primo all'ultimo, e la posizione degli ultimi della lungo teoria di runner o camminatori, viene costantemente aggiornata sul grande tabellone con il profilo altimetrico del percorso e con i diversi posti di ristoro che via via si incontrano.
I runner formano un lungo serpente che, prima della partenza compatto e accorciato, dal momneto dello start in avanti mentre l'orologio corre, si va distendendo sempre di più: c'è un momento in cui, quando cominciano ad arrivare i primi, questo lungo serpentone si estende per ben più di 50 km, visto che quelli che seguono in coda, ancora non sono arrivati alla Colla e devono raggiungere o Ronta o il Santuario della Madonna dei 3 fiumi.
Poi, il serpentone di atleti, che andrebbe considerato anche (questo è un punto di vista originale) come un'unica entità vivente, di cui i singoli atleti sono semplici parti, comincia ad accorciarsi e a rientrare nella sua "casa" di Faenza, quasi avesse compiuto un movimento di massima estensione, seguito poi da un radicale accorciamento, come se - man mano che le sue spire fluiscono nella Piazza del Popolo di Faenza - si andasse facendo invisibile o si disgregasse.
Gli ultimi podisti ad arrivare sono appunto le ultime spire del grande serpente che s'è snodato da Firenze a Faenza e come parte di questa grande entità vivente hanno pari dignità dei primi: la singola parte vale il tutto.
Quindi, tutti i runner, dal primo all'ultimo, concorrono alla vita di questo lunghissimo serpente vivente, fatto di carne, anime, cuori, speranze e desideri pulsanti.
Una delle cose più belle è stare proprio sulla soglia del traguardo, a guardare i volti di quelli che, man mano arrivano, nelle ultime tre ore di gara. Hanno i volti segnati dalla fatica e dalla mancanza di sonno, sono palesemente doloranti, acciancati, a volte pencolano su di un lato, quasi fossero tronchi sul punto di cadere e che, nonostante tutto resistono, eppure sono felici, commossi, esultanti.
Hanno la consapevolezza di aver compiuto una grande impresa, innanzitutto per se stessi.
Da qualche tempo, proprio all'ultimo podista che conclude la sua fatica dentro il tempo massimo di 20 ore, viene conferito un piccolo premio: come al primo uomo e alla prima donna, spetta l'onore di ricevere il classico cappellaccio di feltro a tesa larga, adornato di un bel fiocco rosso (che è quello che, nell'iconografia corrente - frutto, in verità, di un travisamento-, viene attribuito al brigante Stefano Pelloni, che venne denominato "Il Passatore", per il suo passato di traghettatore), all'ultimo arrivato (dentro il tempo massimo) viene consegnato un minuscolo "passatorino" di ceramica che, pur piccolo, è simbolico e pregnante, la replica esatta nel rispetto delle proprorzioni e nelle scelte cromatiche della grande statua del passatore che viene trasportata alla testa della corsa e di quella che, oggi, si può ammirare al centro della grande rotonda stradale di Faenza che è stata intitolata - proprio quest'anno - alla 100 km del Passatore.
Quest'anno, il "Passatorino" di ceramica è stato attribuito al runner con il pettorale 1300, Augusto Schiavoni (dell'Atletica Maxicar Civitanova Marche) che è stato sinceramente e visibilmente compiaciuto di ricevere il simbolico premio.
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