Giunge in redazione tardivo, ma come sempre benvenuto, il racconto di Giuliana Montagnin relativo alla sua partecipazione alla 24 ore del Sole (alla sua 7^ edizione) dello scorso novembre.
Giuliana, in questa circostanza, per una concomitanza di eventi ha migliorato anche se di poco il suo personale nella 24 ore sulla pista di Palermo (il suo personal best a San Giovanni Lupatoto con 130 km, circa). Il motivo per cui è riuscita in questa impresa è poi lo stesso che l'ho indotta a ritardare l'invio del suo racconto.
Insomma, per dirla tutta, ma senza fare nomi in questo preambolo, si è attivata nel corso di questa 24 ore un'autentica disfida tra triestini di sesso opposto...
E Giuliana ci ha messo tutto il suo impegno per non essere da meno...
(Giuliana Montagnin) A fine novembre ho partecipato, come gli anni scorsi, alla “24 Ore del Sole” di Palermo. Confesso di essere partita senza grosse ambizioni, il mio obiettivo era di portare a termine i miei soliti 115-120 km. Sapevo che sarebbe stato allo stesso tempo piacevole, ma anche impegnativo, che avrei dovuto cercare in tutti i modi uno stimolo per andare avanti nelle ore notturne, combattere il sonno, il freddo e cercar di superare le crisi.
In questa occasione ho fatto il viaggio in aereo, decisione presa pochi mesi prima dopo alcune valutazioni, ma soprattutto con la certezza di arrivare leggermente più riposata rispetto ad un lungo viaggio in treno.
Dall’aeroporto di Ronchi (della mia regione) ho preso un volo diretto su Trapani, poi un pullman in direzione Palermo. Anche la soluzione di un albergo vicino alla stazione si è rivelata un’ottima scelta: vi giunsi ad un’ora accettabile; il tempo di una pizza e mi coricai abbastanza presto.
L’indomani, dopo una buona colazione, mi sono avviata verso lo Stadio delle Palme: la giornata era, come al solito, soleggiata.
Era la quarta volta che mi accingevo a partecipare a questa gara e non ho ancora trovato una giornata piovosa. Naturalmente ci sono delle perturbazioni anche in Sicilia - ne sono convinta - ma la probabilità di un diluvio è sulla base della mia esperienza abbastanza remota. Sono riandata col pensiero alla 24 Ore di Torino 2012, in una pioggia torrenziale ad aprile non ci diede tregua un attimo per tutta la durata della gara.
Partii correndo piano, alternando la corsa al cammino e non guardando per nulla l’orologio. Col passar delle ore la stanchezza cominciò a fare capolino, ma cercavo ugualmente di rilassarmi ascoltando la musica degli altoparlanti: ecco un’altra cosa positiva del gareggiare in pista, riesci sempre a sentire le canzoni in qualsiasi punto ti trovi, se la gara si svolge su un circuito cittadino ovviamente in alcuni punti non senti più nulla.
Non amo portare gli auricolari, sarebbero un aggeggio in più da manipolare ed io preferisco sentirmi completamente libera.
In prossimità del passaggio dal tappeto dei chip notai la targa dedicata a Vito Schifani e mi ricordai di ciò che aveva spiegato lo speaker l’anno scorso. Lo Stadio delle Palme era stato intitolato proprio a questo giovane e sfortunato atleta che perse la vita nell’attentato a Falcone nel maggio del 1992, in quanto faceva parte della scorta.
Sono trascorsi dieci anni dalla tragedia e i miei ricordi erano piuttosto vaghi, incuriosita feci alcune ricerche su internet per cercar di saperne di più: anzi, quest’inverno guardai un programma alla TV dove la vedova raccontava quei tragici momenti. Mi fece molta impressione la compostezza del suo dolore, mentre si aggirava fra le rovine di quello che era stato il nascondiglio di coloro che avevano progettato l’attentato.
Tornando alla gara, ad ogni giro cercavo di non arrendermi, Vito non l’avrebbe mai fatto. Era appassionato di corsa e specialista delle distanze brevi 200 e 400 mt., il lavoro, la famiglia e le gare talvolta fatte con spiccioli di preparazione.
Spesso amici e conoscenti mi chiedono: Cosa stai preparando ora?
Imbarazzo totale da parte mia: non credo di aver mai preparato niente seguendo rigorosamente tabelle o schemi, perchè dopo qualche tentativo i buoni propositi fallivano sempre miseramente per impegni familiari o per qualche piccolo dolore muscolare che preferivo non trascurare e quindi qualche giorno di riposo mi portava a desistere.
Questa volta, mi sono proposta di camminare di buon passo per quasi tutto il giro di pista, ma di correre seppur lentamente davanti la targa e lungo le decine di metri a seguire davanti i giudici. La cosa funzionava, perchè col cammino mi riprendevo e, allo stesso tempo, la corsetta in prossimità dell’arrivo mi manteneva attiva, sveglia ed i muscoli rispondevano sempre bene.
Di cedimenti ne ho avuti ben pochi, solo poche volte mi sono ritirata nella tenda allestita per gli atleti per pochi minuti, cinque al massimo, volevo vedere per quanto tempo poteva tener duro il mio fisico. In genere, durante le gare, quando cedevo completamente, dopo circa 7 ore circa non riprendevo più a correre.
Quest’anno ho voluto provarci per tutta la durata della gara ad alternare corsa/cammino, copiando il metodo Corri e Cammina di Jeff Galloway.
Superai le 12 ore con questo sistema, non mi era mai riuscito prima. Ed era accaduto solamente alla 12 ore di Reggio Emilia un mese prima.
Continuai ancora, credo che quella specie di “corsetta" fosse molto poco più veloce di una semplice marcia, però la stanchezza aumentava ed il ritmo del mio passo sarebbe stato sempre più lento di quello che avrei voluto.
La notte trascorse lentamente ma al mattino ero ancora in pista con la corsa/cammino, aspettavo il sorgere del sole che mi avrebbe riscaldato un po’.
Totalizzai 127,862 km, veramente soddisfatta.
Una volta rientrata a casa ho confrontato questo risultato con quello degli anni precedenti:
nel 2009 124,806 km
nel 2010 123,381 km
nel 2011 100,422 km (però in questo caso mi ero fermata al raggiungimento dei 100 km, poichè avevo programmato solo quelli).
Realizzai che avevo ottenuto il mio record sulla pista di Palermo.
Non è stato il mio record in assoluto in quanto nel 2007 sulla pista di S. Giovanni Lupatoto (Verona) percorsi ben 130 km. Però chiaramente era una situazione diversa e soprattutto le condizioni climatiche erano differenti.
Nella foto (di Maurizio Crispi): Giuliana Montagnin in versione "viaggiatrice d'inverno" a Crevalcore lo scorso 6 genniao 2013.