La terza edizione della “6 Ore dei Templari – Memorial Vito Frangione” (svootasi a banzi il 7 maggio 2011), si è conclusa con Ivan Cudin e Luisa Zecchino sul podio della ultramaratona, e Saverio Giardiello ed Angela Latorre, invece, vincitori tra i maratoneti. Ecco di seguito il commento finale di Gabriele Mazzoccoli che, nel fare un bilancio complessivo dell'evento e nel tracciare il percorso seguito sinora dai primordi della gara, ringrazia sentitamente tutti quelli che sono arrivati a Banzi da ogni parte di Italia, ma anche tutti quelli che hanno collaborato attivamente collaborato per la riuscita della manifestazione e la cittadinanza di Banzi e dei comuni limitrofi per la sentita e corale partecipazione.
Ma nello stesso tempo, Gabriele rivolge a tutti un accorato richiamo perchè la manifestazione possa cominciare a camminare con le sue gambe senza dover dipendere per la sua realizzazione da un'unica persona ("patron" "organizzatore", "unico responsabile", comunque lo vogliamo chiamare) e che possa cominciare a camminare con le sue gambe: come, del resto i figli, che non sono dei genitori che li hanno generati, così come le frecce non sono più di proprietà dell'arciere, dopo che le ha scoccate.
L'accorato augurio di Gabriele è che la manifestazione possa "stare al mondo" da sola, finalmente adulta e senza essere dipendente dal suo genitore e che, quindi, tutti si assumano la responsabilità di farla vivere, non limitandosi soltanto a partecipare alla festa, ma contribuendo attivamente nel renderla possibile.
Il pezzo è intitolato "Grazie di cuore" (e il suo sottitolo potrebbe essere, come del resto si esprime lo stesso Gabriele: "Mai la piazza di Banzi era stata così piena") ed è stato pubblicato sul Blog "Con i piedi per terra", a cui si rimanda per vederlo con le foto con cui Gabriele lo ha corredato.
(Gabriele Mazzoccoli) Un’edizione inaspettata, partecipata, sofferta, riflettuta e, sicuramente, vissuta dagli organizzatori in modo spesso dissonante con l’entusiasmo dei presenti e degli spettatori. E’, questo, il prezzo che paga chi sta dietro le quinte, trepidando fino alla fine perchè tutto vada per il verso giusto, dopo settimane trascorse su strade malandate, tra riunioni improvvisate, notti senza sonno, pasti consumati in tutta velocità, mancamenti, alti e bassi. Poi arriva l’evento, e restano soltanto le energie per lo sprint finale, e l’occhio critico per registrare ciò che c’è da migliorare: quest’anno, senza dubbio, bisogna fare un mea culpa per i disguidi dovuti al servizio di cronometraggio e prendere atto del fatto che i grandi numeri ai quali si aspira, in termini di partecipazione, vanno bilanciati da altrettanti volontari. I soli, cari amici di sempre, insomma, non bastano più a gestire l’arrivo di tanti ospiti. E questo comporta un necessario ripensamento della manifestazione.
La 6 Ore dei Templari è nata da un sogno che avevo in testa e che ho coltivato nei ritagli di tempo dei quali, ai tempi, godevo assai spesso: sfruttare i vantaggi dell’ultramaratona per far conoscere la Basilicata, attraverso quella che voleva essere una “festa tra amici”. Venivo da un lungo periodo dedicato alla corsa e, da spettatore e da collaboratore, avevo apprezzato il clima conviviale e le grandi potenzialità delle lunghe distanze. Il salto ad organizzatore è stato reso possibile da un inaspettato ritorno in Basilicata che, dopo anni trascorsi lontano, mi ha portato a ritrovare luoghi e vecchi amici, a conoscerne di nuovi, e a dedicare un’anima e un corpo tutto sommato inconsapevoli a questa nuova avventura.
La seconda edizione è stata il naturale prosieguo della prima, corroborata da un’indole più smaliziata, da uno sguardo più lucido e da aspettative crescenti. Il successo inebria ed intristisce, ed il ragazzo che sognava “una festa tra amici” si è trovato, senza neppure volerlo, ad essere il principale referente di un evento che fondava la sua riuscita su una certa armonia di una piccola squadra. Tali presupposti, però, non possono tenere di fronte a grandi numeri, che richiedono invece struttura, infrastutture, responsabilità condivisa, supporto istituzionale su larga scala e, soprattutto, l’impegno operativo di un intero territorio, e non soltanto la volontà di poche persone, guidate da un unico sognatore. Ho a lungo sperato, quindi, che la mia terra raccogliesse l’eredità della 6 Ore, stemperandone il “carisma” dell’ideatore in favore della maturità dei tanti che sostenevano di averla amata. Non so se questo sia successo: di certo, se la riuscita di un evento che promuove un territorio non si fonda sull’operato del territorio, ma su quello di poche persone che danno una grande mano a qualcuno che ormai vive a chilometri di distanza, c’è da riflettere.
Ed è questa riflessione che, per un attimo, mi ha fatto guardare la piazza gremita e decidere, serenamente, che non voglio più essere la principale “causa” della “6 Ore dei Templari”, il suo “patron”, e non voglio più che siano le persone che credono in me a dare le proprie energie all’evento. Vorrei, invece, che si credesse nella manifestazione, nel suo potenziale per la Basilicata, e che fosse il territorio tutto a far germogliare, da solo, quello che fino ad ora è stato seminato. Se una prossima edizione ci sarà, vorrò parteciparvi da amico, insieme ai miei amici, proprio come, anni fa, partecipai per la prima volta, con il cuore innocente e l’anima curiosa, alla “6 Ore nella Città di Angizia” del caro Angelo Massaro.
Nell’ultimo film di Nanni Moretti, Habemus Papam, il futuro papa decide di scappare dal Vaticano per dedicarsi un po’ a se stesso, per ritrovare ciò che di sé aveva perduto o, semplicemente, messo tra parentesi. Lungi dal volermi sentire un papa (per quello c’è il nostro Urbano II in scarpette da corsa), uso la metafora soltanto per dirvi che, dietro ogni ruolo, c’è soprattutto un uomo e che, ogni tanto, vale la pena ascoltarlo.
Grazie di Cuore a tutti.
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