Una lettrice di questo magazine ha scritto, esprimendo il suo pensiero sul "caso" Di Cecco - se così vogliamo chiamarlo - che si è sviluppato a partire dalle esternazioni di Giorgio Calcaterra. Il suo intervento è interessante in quanto fa vedere chiaramente come la polemica in corso e il gran polverone che sta sollevando possano avere degli effetti distorcenti nella percezione che della questione possono avere persone - che per quanto competenti e colte - sono tuttavia al di fuori del campo specifico e non possiedono una conoscenza del quadro generale e dei meccanismi sottesi.
Pubblichiamo di seguito lo stimolante intervento di Tiziana Ciriminna, runner palermitana e di seguito alcune considerazioni aggiuntive e di chiarimento ulteriore.
(Tiziana Ciriminna) Premesso che, come ben sappiamo, l'atletica è considerata, rispetto ad altri più seguiti e danarosi sport, il parente povero del Calcio e del Ciclismo, e volendo ingenuamente credere che, proprio perchè sport "povero", essa sia meno flagellata dalla piaga del doping, perchè sei così contrario al fatto che dalla IUTA provenga un segnale forte contro la presenza in nazionale di atleti che, sebbene in un recente passato, abbiano giocato sporco?
Posso capire che un atleta che abbia fatto uso di doping abbia diritto a una seconda possibilità o comunque a una "redenzione", ma sacrificare all'altare dei risultati l'integrità di tanti altri ultramaratoneti meno bravi che potrebbero essere convocati al posto di Di Cecco mi sembra un'ingiustizia peggiore.Se io fossi Calcaterra e venissi convocato a far parte di una squadra, che rappresenterà il mio paese, dove vengo accostato ad atleti "disonesti", anche io mi ribellerei!
O forse dovrei tacere e abbozzare in nome d'un affiatamento e una lealtà alla squadra tout court, che però nella realtà non esiste perchè tra colleghi non si condividono gli stessi valori?
Non credo che una squadra di ultramaratoneti capitanata da uno come Calcaterra non possa permettersi di ripensare una convocazione "sbagliata", a maggior ragione se il ripensamento è frutto di criteri di scelta più rigorosi.
Magari l'Italia fosse più rigorosa in tutti gli altri campi! Non credo che ci renderemmo ridicoli, forse più credibili e seri!
(Maurizio Crispi) Ti ringrazio, Tiziana, per il tuo intervento che mi consente di chiarire alcuni punti. Innanzitutto, in ciò che tu dici vi è una piccola - ma grande, allo stesso tempo -inesattezza: infatti la IUTA - in quanto organizzazione riconosciuta dalla FIDAL con il compito di occuparsi del settore ultramaratone sia per quanto riguarda promozione, sviluppo ed organizzazione di Campionati italiani in specialità non riconosciute dalla FIDAL stessa, sia per tutto ciò che concerne il supporto tecnico agli atleti "di interesse nazionale" (per mezzo di raduni, convegni, consulenze nutrizionale ect) e per la loro selezione in vista delle convocazioni dei Campionati del Mondo 100 km, 24 h su strade e ultratrail - nell'approssimarsi del Campionato del Mondo - mesi addietro, ormai - ha regolarmente convocato Alberico Di Cecco, convocazione peraltro vidinata dalla FIDAL.
Quindi la IUTA non si dissocia dalla presenza di Di Cecco nel team azzurro, né sino a questo momento lo ha fatto, perchè il farlo implicherebbe sconfessare il suo stesso operato sulla base del "furore del gregge" animato dalle esternazioni violente di Giorgio Calcaterra.
Semmai si potrebbe dire che è stato Giorgio Calcaterra a "dissociarsi", tardivamente ed inopportumente.
Per quanto riguarda il caso sollevato da Calcaterra ho spiegato le cose più in dettaglio nel precedente articolo.
In ogni caso, i criteri di selezione sono abbastanza rigorosi e si basano su tre ordini di fattori:
- le prestazioni conseguite nei due anni precedenti
- la capacità di riconfermare nel periodo preso in esame le proprie prestazioni in ultramaratone
- le qualità dell'atleta tra le quali la sua attitudine mentale nel portare a termine le gare di ultra cui partecipa
Ma - aggiungerei io - anche sulla capacità di essere nella squadra.
Criteri peraltro chiari e pubblici che si possono leggere in una speciale sezione nel sito della IUTA
In più per quanto concerne Di Cecco siamo di fronte ad un atleta che, mettendo da parte i trascorsi (positività al doping da lui sempre negata ed ascritta ad errori ed improprietà nella catena del trasporto del campione ematico), ha vinto importanti gare di gare di ultramaratona, ma non solo: poiché ha già partecipato ad un mondiale di Ultramaratona (a Seregno nel 2012), conquistando il bronzo mondiale nella gara individuale e l'Oro in quella a squadre e che si è laureato nel 2013 Campione Italiano FIDAL 100 km.
E in quella gara la sua prima in maglia azzurra ha mantenuto strenuamente un'impeccabile condotta di gara - malgrado un grave malessere gastro-intestinale che lo ha afflito nella seconda metà gara - e ciò per onorare al massimo la sua prima partecipazione ad un Mondiale 100 km e di non essere di detrimento alla squadra che grazie alsuo 3°posto sul podio ha potuto conquistare l'Oro Mondiale.
In tutte queste gare erano previsti - secondo regolamento in applicazioni delle norme WADA - i controlli antidoping che hanno dato, nel suo caso, esito negativo.
Quindi, a mio avviso, la sua selezione ha rispettato i criteri ed è scaturita da una valutazione ineccepibile.
Se qualcuno aveva da dire qualcosa, lo avrenbbe dovuto fare quando - scontato il periodo di penalizzazione, egli ha preso a gareggiare nelle gare di ultramaratona oppure quando ha conquistato il titolo nazionale di Ultramaratona.
Come si dice nella formula che viene pronunciata nelmomento in cui ci si spos: "Chi ha dire qualcosa che osta, la dica ora o taccia per sempre!".
Calcaterra avrebbe avuto ragione a ribellarsi davanti alla convocazione di Di Cecco se fosse stata riscontrata una positività all'antidoping nel periodo preso in esame o se ci fossero stati in tal senso dei più che ragionevoli dubbi.
Mi sembra che, sostanzialmente, i modi con cui Calcaterra ha proceduto siano stati scorretti e e che egli abbia fatto le sue esternazioni in un momento del tutto inopportuno, con una tempistica assolutamente infelice.
Le altre squadre nazionali - da quello che ho potuto vedere in occasione di tutti Mondiali 100 km e 24 ore che ho avuto modo di seguire e da ciò vedo nella stampa specializzata - sono molto più coese e da parte di un rappresentante di un team nazionale non si sono mai verificate prese di posizione pubbliche così eclatanti che getterebbero solo discredito sull'intera squadra e sulla sua dirigenza.
Insomma, con i nostri modi, coni nostri livori, con le aggressività fuori luogo e con il nostro amore per la polemica fine a se stessa, dimostriamo sempre di far parte di un'Italietta sconvolta dai risentimenti e dalle invidie personali, a dimostrazione del teorema per il quale invertendo l'ordine dei fattori il risultato non cambia.
Perchè ad esempio - c'è da chiedersi - Giorgio Calcaterra, con le sue proverbiali capacità di recupero non ha mai partecipato ad altre 100 km in territorio nazionale?
O vogliamo parlare del fatto che, in maniera contraria a quanto recita il regolamento, alla 100 km del Passatore Giorgio Calcaterra gode sempre del privilegio di avere l'assistenza personalizzata in gara da parte della fidanzata che lo precede su di una scooterone e che gli fornisce, all'occorenza, (si spera in area ristri, tutto ciò di cui ha bisogno, nonchè il conforto morale della sua presenza, come un Angelo cusotode?
Insomma, personalmente, sono abbastanza disgustato dall'intera vicenda che getta una luce di discredito sul mondo delle ultramaratone nostrano che, in generale, si ritiene puro e non contaminato dalle più volgari bagarre che animano in il mondo delle competizioni agonistiche e, in particolare, quello delle corse su strade su distanze piùbrevi (sino a alla maratona).