Corea del Sud, ai Campionati del Mondo di Atletica di Daegu, impresa di Elena Rigaudo. La piemontese, 11 mesi dopo essere diventata mamma della piccola Elena, è arrivata quarta nella 20 km di marcia qualificandosi per Londra 2012
(Fabio Monti) DAEGU - Le donne dello sport italiano hanno qualità straordinarie. A (quasi) 47 anni, Josefa Idem ha conquistato il pass per l’ottava olimpiade della carriera; qui in Corea del Sud, Elisa Rigaudo, 31 anni, piemontese di Boves, provincia di Cuneo, è arrivata quarta nella 20 km di marcia, undici mesi dopo essere diventata mamma di Elena, nata il 26 settembre 2010. Ha mancato il bronzo di 31" secondi, nella gara vinta, secondo pronostico, dalla russa Olga Kaniskina, una che, quando decide di partire, non può essere fermata. L’argento è finito al collo della compagna di allenamenti (con Sandro Damilano), la cinese Hong Liu; terzo posto per l’altra russa, Anisia Kirdiapkyna, ma la medaglia di legno, questa volta, ha regalato alla Rigaudo la sensazione di essere ancora più forte, grazie alla maternità.
Non è la prima volta che diventare mamma fa bene a chi fa atletica: Paola Pigni andò a vincere il bronzo nei 1.500 ai Giochi Olimpici di Monaco ’72, un anno dopo la nascita di Chiara, così come la Brunet ha raccolto il meglio della sua carriera, dopo la maternità e dopo i trent’anni (un bronzo olimpico nel ’96 e un argento mondiale nel ’97, nei 5.000).
E non è nemmeno la prima volta che la Rigaudo firma un’impresa importante, visto che ai Giochi di Pechino 2008 era stata terza nella 20 km.
Però in questo Mondiale ha dimostrato una maturità, un’intelligenza di gara e una resistenza in condizioni molto difficili (temperatura oltre i 30°, giuria severissima), che fanno guardare ai Giochi di Londra con grande ottimismo.
Il pensiero dominante è stata sempre e comunque la figlia: «A darmi tanta energia è stato proprio Elena. Questo è il mio lavoro, la mia grande passione, ma lei è la mia famiglia. Non è una gara che ho tirato fuori con l’allenamento, ho ripreso la preparazione solo otto mesi fa, l’ho fatta con la testa. Sono rimasta sempre lucida e ho gestito la fatica. Dieci anni di carriera mi hanno insegnato ad ascoltarmi di più. Era una gara difficile da interpretare, piena di strappi. Le gambe mi sembravano vuote, ma la testa c’era tutta. Non ho nessun rammarico per la medaglia mancata, non potevo partire più forte, sarebbe stata una pazzia e avrei rischiato di giocarmi questo risultato, che per me oggi vale più di una medaglia. Me l’avessero detto a gennaio, non ci avrei mai creduto. È il primo Mondiale di quella che considero la mia seconda carriera e questo quarto posto va benissimo. Il mio vero obiettivo è Londra. Questo doveva essere l’anno del rientro, il prossimo sarà quello dell’Olimpiade. Ed io punto lì». A Daegu erano arrivati il padre e il marito, Daniele. Sua mamma, Marisa, è rimasta a casa «per curare Elena», ma la vera novità è che non sì è visto, per scelta, il fratello, che l’ha seguita per undici anni. «Gli ho mandato un messaggio: si vede che ormai sono diventata grande». E soprattutto mamma.
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