La positività per EPO riscontrata su Schwazer in occasione di un controllo anti-doping WADA e la sua conseguente esclusione dai Giochi, ha suscitato nei social network, un ampio dibattito.
Quelle che seguono sono le riflessioni di Alessandro Fabbri, ex-marciatore.
(Alessandro Fabbri) Da parte mia posso parlare del caso Schwazer con molta cognizione di causa. Ho praticato la Marcia per ben 4 anni dai 16 ai 20 anni (adesso ne ho 40), sulla distanza dei 10.000 metri di cui un anno a livello semi-agonistico.
La Marcia è uno degli sport, dimenticato da "dio" - scusatemi l'accostamento -, ma con cui però ho trovato perfetta sintonia con me stesso.
Mentre i velocisti e i saltatori avevano modo di allenarsi a squadre, io - 'unico marciatore del mio gruppo - ho fatto sempre per quattro anni tutto da solo con le mie gioie, le mie sconfitte, le mie cadute, le mie rialzate e vi posso assicurare che non è stato per niente facile rimanere per tutto questo tempo ad allenarmi, non cedendo alla tentazione di abbandonare.
Ho avuto la fortuna di avere un personal trainer che ha sempre creduto in me ed io in lui: alla fine, quando conduci una certa vita agonistica, non dico che le vite si incontrano, ma è quasi così. Lui sapeva tutto di me, anche perché la marcia è uno sport in cui devi riponderartela tua vita, alimentare e non.
Le parole di Michele Didoni, ex campione mondiale e da due anni allenatore di Alex Schwazer("Alex mentendo ci ha fatto piombare nella vergogna... Ho trascurato la famiglia per lui, lo seguivo in bici... Con il suo gesto trascina tutti all'inferno. E' un insulto. Ed è pure carabiniere, dovrebbe dare l'esempio"). lasciano il tempo che trovano: per me, é come se - facendo queste affermazioni - avesse sputato volgarmente per terra dove non si può, probabilmente vuol salvare il posto in Federazione e d'altra parte il "caso" Schwazer che, in parola contraria fino all'episodio di doping, ho comunque ritenuto un ottimo atleta, dimostra come gli atleti molto spesso vengono abbandonati a loro stessi, quando "scoppiamo" questi casi.
Temo che Schwazer, purtroppo, si sia ritrovato in quella spirale: l'appuntamento con un'Olimpiade non dico che è la prova della vita, ma richiede impegno e può generare ansia. Gli allenamenti sulla distanza dei 50 km non possono che essere massacranti sotto un certo punto di vista, ma poco ci manca e penso che lui abbia fatto quella scelta di doparsi, forse pensando di riuscire a farcela da solo (o con la complicità del suo allenatore).
Pur ritenendo che gli atleti che ricorrono al doping devono essere giudicati per gli errori commessi, mi auguro però che Schwazer non venga usato come mero capro espiatorio e che non faccia - ahimè - la fine del povero Pantani.
Io continuo a sperare che la marcia, che è uno degli sport più poveri, come dice il mio caro amico e scrittore Davide Sapienza, possa rimanere fuori da questa cerchia di corruzioni e di predilezione per le vie brevi al successo; e il fatto che il nostro Damilano sia stato chiamato ad allenare le marciatrici cinesi in parte compensa positivamente il l'aver letto in questi giorni queste così brutte pagine per la disciplina atletica che preferisco, pagine che non avrei mai volutoleggere.
La positività
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