Ha completato la sua prima competizione sulla distanza delle 100 miglia (una tipologia di ultramaratona molto diffusa tra Gran Bretagna e USA), quando aveva soltanto 12 anni.
La sua più recente 100 miles l'ha completata in 22h29'21, a 13 anni compiuti: e parliamo di 100 miglia, cioè di 160,60 km!
Ora ha 13 anni e continua a partecipare a ultragare podistiche, sempre accompagnato dai suoi genitori.
Che un ragazzino tra 12 e 13 anni abbia compiuto simili imprese è una cosa straordinaria, ma per alcuni versi discutibile (soprFB a lui intitolata "Mi piace collezionare gare di 100 miglia"!
Infatti, senza volere approfondire troppo (il mio essere psichiatra mi indurrebbe ad arrgomentare parecchio), bisogna capire quanto di questa "passione" e propensione di Colby non siano state indotte da genitori troppo ossessionati dalla corsa sulle lunghe distanze o che, senza attivamente spronare il figliolo in questa direzione, si ponevano come un esempio da emulare a tutti i costi.
Se così fosse, Colby sarebbe stato coartato in una dimensione che, essendo delle corse a piedi sulle lunghessime distanze, è superspecializzata e che, quindi, agisce come un fattore frenante o irrigidente di un sistema nervoso che deve ancora continuare a maturare e di un corpo che essendo anche lui nella fase della crescita viene ad essere brutalmente condizionato a specializzarsi in un unico gesto atletico.
Ma se pensiamo ai ragazzini keniani che, per andare a scuola e poi tornare a casa, macinano decine di chilometri ogni giorno, in fondo non ci sarebbe nulla di strano.
Bisogna capire se - e quanto - Colby si diverte a correre le lunghissime distanze e se il suo sviluppo psico-fisico non ne è stato eccessivamente condizionato. Dalle molte foto che si possono vedere nalla pagina facebook a lui dedicata di cui abbiamo dato il link sopra (Colby Wentlandt - Ultra Runner), si vede che in tutte le circostanze di corsa è sempre accompagnato dal padre e da altri adulti e che, in talune circostanzte, l'esperienza della corsa viene in qualche modo mascherata e "mitigata" nel senso che gli adulti con lui indossano buffi capelli da clown e così via.
Colby è sempre sorridente, anche se sembra un ragazzino piuttosto timido ed introverso.
Ancora una volta, tuttavia, le osservazioni che si possono fare dall'esterno, non sono univoche. Il sorriso può essere di circostanza e gli adulti attorno a lui più che mitigare l'esperienza della 100 miglia, la mistificano in qualche modo in modo tale da farla apparire una cosa diversa.
L'importante è che Colby si diverta, che possa sentirsi libero in ciò che fa e che, soprattutto, possa conservare il piacere formativo del gioco e la sua creatività.
Una cosa del genere in Italia, non sarebbe mai potuta accadere.
L'organizzazione delle ultramaratone britanniche e statunitensi è molto più alla buona e non rigorosa come quella delle corrispettive gare italiane.
In GB e USA, chiunque può iscriversi ad una gara di ultramaratona e indossare il pettorale con tutti i crismi: non c'è bisogno di alcun certificato medico e non occorre nemmeno di essere iscritti in un club podistico. Viene fatto appello al senso di responsabilità individuale e alla capacità di autovalutazione e autoregolazione di coloro che aderiscono ad un certo evento podistico.
E in questi due paesi, in queste gare da 100 miglia (che sono, ripeto, molto diffuse), ci sono certamente quelli che corrono per realizzare i tempi, ma la maggior parte di coloro che si iscrivono, lo fa soltanto per divertirsi.
Mi auguro che Colby possa sempre divertirsi come sembra esserlo nelle molte foto che ho avuto modo di vedere.
Magari, un giorno, potrebbe anche diventare un campione di ultramaratona, ma anche se dovesse continuare a correre soltanto per divertirsi e per stare bene potrà andare bene egualmente.
Leggi il seguente articolo: 12 year old Colby’s first 100-miler
Video su Facebook, mentre Colby completa con il suo papà la sua prima 100 miglia