La palermitana Lara La Pera ha partecipato lo scorso 9 giugno alla 7^ edizione dell'Ecomaratona delle Madonie, classificandosi quinta assoluta e prima delle donne e realizzando così il suo bis su questa gara, già da lei vinta nell'edizione 2012. Lara La Pera non ama che si parli di prestazioni cronometriche, perchè - anche quando vince (e l'anno scorso ha realizzato uno splendido tris di Vittoria, infiorando una appresso all'altra l'Ecomaratona delle Madonie, la Supermaratona dell'Etna e l'Etnatrail) - ritiene che la cosa veramente sia l'esperienza dell'aver corso e partecipato.
Insomma, anche quando è vincitrice, vuole mantenere un profilo schivo e modesto e non ama le luci della ribalta.
E questo atteggiamento è espressione di un vero e sano spirito sportivo.
Anche del risultato di questa gara, piuttosto sofferta a causa del gran caldo, Lara La Pera tace, desiderando piuttosto dare rilevanza alle emozioni sperimentate e all'intensità dell'esperienza.
"Anche se, ovviamente, il risultato atletico mi ha dato una grande soddisfazione, soprattutto per il fatto di trovarmi a competere per la prima volta con degli uomini, visto che al contrario dello scorso anno, non c'erano donzelle davanti a me) - ci dice - non voglio nemmeno menzionarlo".
Per la cronaca Lara La Pera, domani 15 giugno 2013, parteciperà nuovamente alla Supermaratona dell'Etna, anche se il suo approccio alla gara sarà assolutamente rilassato e senza strafare, proprio perchè è in fase di recupero dalla prova del 9 giugno.
La Supermaratona dell'Etna 0-3000 non vuole proprio perdersela e soprattutto per la sua bellezza, quale che sia il risultato finale. E anche questo è vero ed autentico spirito sportivo, senza che nella partecipazione entrino in gioco considerazioni quale è quella dell'avere un titolo da difendere.
E, a seguire, l'attendono gli omportanti appuntamenti con il Cortina Trail (il prossimo 28 giugno 2013) e con la dura Tre Rifugi della Val Pellice, a metà luglio circa, nella distanza lunga.
Ed ecco qui di seguito il suo racconto dell'Ecomaratona delle Madonie, esattamente centrato su questa filosofia.
(Lara La Pera) Questo breve racconto dell’Ecomaratona delle Madonie 2013 non può che iniziare con i ringraziamenti a gli organizzatori che, anche quest’anno nonostante le grandi difficoltà economiche, ci hanno dato la possibilità di correre una delle più belle gare di corsa in natura che esistano in Sicilia. Probabilmente, tutti questi complimenti sembreranno lusinghieri, ma chi ha corso la gara sarà indubbiamente d’accordo con me sul fatto che sia le indicazioni del percorso che il numero di rifornimenti con grande quantità di acqua, the, sali, frutta, uva passa e sorrisi di incoraggiamento da parte dei volontari, sono stati impeccabili.
Ho corso l’Ecomaratona delle Madonie per la prima volta lo scorso anno, fino ad allora avevo optato per la gara di 23 km, ed é stata la mia prima corsa in montagna più lunga di 25 km e non avevo idea di cosa mi aspettasse.
Alla partenza avevo paura, altro che emozione!
In vita mia non avevo mai corso per più di 4 ore di seguito e, oltre quel tempo, non sapevo cosa ci fosse, come avrebbe reagito il mio corpo, come avrei affrontato la “famigerata” salita verso il Santuario di Madonna dell’Alto che inizia dopo ben 20 km di gara e la temutissima (per me!) discesa di 12 km che mi avrebbe portata al traguardo.
In realtà le quasi cinque ore di gara, condivise in ottima ed espertissima compagnia, sono volate. Più avanzavano i chilometri, più il paesaggio e i profumi é [in questo periodo dell'anno sulle madonie è in corso la fioritura delle ginestre - ndr] diventavano spettacolari ed intensi. Il silenzio al Santuario di Madonna dell’Alto veniva interrotto solo dai nostri respiri affannati.
Poi la discesa….e lì nella single track ho avuto qualche difficoltà, sono caduta e mi sono rialzata pensando: “Il prossimo anno qui non devo cadere”. La prima cosa che ho pensato quando sono arrivata stanchissima, indipendentemente dal bel risultato ottenuto, è stata questa: “E' la maratona più bella che abbia mai corso”.
La natura con la sua bellezza mi aveva fatto dimenticare di avere un orologio al polso…non mi era mai successo durante una maratona… Persino la fatica mi era sembrata meno faticosa!
Quest’anno, già a marzo, mi sono iscritta all’edizione 2013.
Il 9 giugno è arrivato in fretta e alla partenza la paura dello scorso anno è diventata emozione.
Alle 8.00 del mattino sole e caldo già preannunciavano una grande fatica.
Il pre-gara è sempre un momento bello in cui si condivide la tensione con gli amici di sempre e si fa amicizia con gli atleti venuti da fuori, anche dall’estero.
Alle 8.30 eravamo tutti pronti al via… Guardo l’orologio: 8.34 e si parte per quella che, anche quest’anno, si è rivelata una splendida avventura.
Nei primi 10 km in cui sentivo le gambe leggerissime mi ripetevo “Piano, piano, piano, piano…”.
Fino al 12° km è tutta salita ma a piccoli passi si corre a parte l’ultimo chilometro, in cui solo uno stambecco può correre.
Appena scolliniamo un gruppo di 20 - o forse 30 - cinghiali ci attraversa la strada ed ecco che il mio cuore raggiunge immediatamente la frequenza cardiaca massima!
Non avevo mai visto un cinghiale in vita mia… figuriamoci tanti cinghiali tutti insieme!
Per fortuna vanno per la loro strada senza prenderci minimamente in considerazione; ironicamente penso “Forse noi podisti siamo troppo magri per i loro gusti!”.
Corriamo sull’erba, facendo attenzione a qualche buca poi finalmente il ristoro.
Uno, due tre bicchieri d’acqua non placano la sete… altri due bicchieri d’acqua sulla testa e si riparte.
Ed ecco la prima discesa… I buoni propositi di andare piano cominciano a dileguarsi e lascio andare le gambe.
Chi legge questo racconto e non mi conosce penserà che è una cosa normale mollarsi in discesa.
Per me non lo è…
Sto cercando di imparare a non pensare troppo a quello che potrebbe succedere se lasciassi andare le gambe e cadessi.
Credo di avere ancora un’agilità fantozziana ma riesco a correre. Cade chi ha paura di cadere o chi non ne ha per niente… bisogna trovare una giusta via di mezzo. Arriviamo al 19° km dove, per me, inizia la vera gara… C’è un po’ di pubblico che con il suo entusiasmo ci ripaga di tanta fatica. E inizia la salita. Caldo a parte, mi sento bene.
Le salite mi sono sempre piaciute, soprattutto quando le conosco e so come gestirle. Inizialmente gli alberi ci proteggono da un sole che ci ricorda che la tanto attesa estate è arrivata! Ogni tanto qualche folata di vento ci da sollievo.
Incontro sul percorso qualche amico che non ha gareggiato, chi fa foto, chi fa il tifo e ci informa sull’andamento della gara.
Comunque sia, in questo mare di caldo e fatica è bello trovarli lì.
Sono passate le 3h30’ di gara: mi ritrovo sola per la prima volta.
E correre in quel silenzio assoluto è esaltante.
Entro nel bosco investita da un mare di profumi, un gioco di sole e ombra nasconde le fettuccine rossobianche agitate da un po’ di brezza.
Cerco di stare attenta a non sbagliare strada. Esco dal bosco e vedo il Santuario: ultima salita pietrosa… Vorrei camminare ma cerco di non arrendermi alla stanchezza: avevo fatto tutta la salita correndo e, così, alterno la corsa con qualche passetto camminando.
E ripenso a tutti gli allenamenti fatti in salita sul Monte Pellegrino con il mio inseparabile gruppo di amici podisti, i Seven o’Clock.
Finalmente ci siamo: giro del santuario e 31°.2 km, the, acqua, the e si scende.
Le single track mi sembrano molto meno pericolose dell’anno precedente, corro, corro, corro.
Sembrerà banale, ma per me correre senza freni in quel tratto di gara è stata la più grande conquista. Perché ho superato un mio limite.
Poi le strade bianche e un mare di pigne; alcune scricchiolano sotto i piedi e sembrano macigni, altre riesco ad evitarle.
Km 36, ristoro con doccia… favoloso! E la stessa domanda dell’anno scorso da parte di un volontario “Da dove vieni?”, “Palermo”, “Dai brava, viva la Siciliaaaaaaaa”!
E sull’eco di Sicilia mi allontano procedendo verso un traguardo che ancora mi sembra lontano… la stanchezza allunga i chilometri!
Dopo l’ultimo ristoro, che non salto anche se mancano appena 2 km all’arrivo, si entra in paese… Salitella, arco, scale e il corso che porta all’arrivo.
Qualche metro prima del traguardo vedo Roberto, il mio compagno, che mi ha preceduta di “solo” di 17 minuti e la mia inseparabile amica Antonellina (entrambi artefici della mia passione per il trail e la corsa in montagna)….
Mi scappa una lacrima, sono sfinita, accaldata, emozionata, ma trovo la forza di fare uno sprint, alzare le braccia e tagliare il traguardo.
Il momento dell’arrivo dopo una grande fatica è sempre bellissimo. Il sapore della fatica mi è sempre piaciuto, provare a superare i miei limiti anche.
Ma non voglio mai superare il mio entusiasmo per questo sport meraviglioso e il sapore della fatica non deve mai diventare amaro.
Grazie corsa.
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