E' fresco di stampa il nuovo volume di Enrico Brizzi (La legge della giungla, Laterza, 2012) in cui l'autore - che è anche un grande camminatore e trekker - racconta la vita quotidiana al tempo dei lupetti, fra uscite all'aria aperta, scoperte e promesse non sempre facili da mantenere, quando da piccolo ebbe modo di sperimentare il tirocinio dei Boy-scouts.
Come nasce uno scrittore? Come nasce un camminatore? Nel caso di Enrico Brizzi le due hanno una stessa origine. Tutto nasce dall'esperienza con i boy scout. Si, proprio i boy scout, i tanto vituperati, derisi, ma anche tanto amati, “scau” come li chiama il giovane Brizzi in questa divertente autobiografia.
Il libro ci parla del “cinno” Enrico e della sua educazione nella Bologna di fine anni settanta primi anni ottanta.
Ci racconta quel mondo visto dagli occhi di un bambino. Un bambino che non vede l’ora di diventare scout, e quando lo diventa deve scegliere un argomento in cui specializzarsi, e sceglie la specialità di “giornalista”; ecco allora che con l’aiuto del padre professore prepara, scrive e impagina il giornalino del suo reparto. Da qui l’occhio gli si fa attento a osservare dall’esterno le persone e le situazioni che sta vivendo, ed ecco nascere lo scrittore.
Il passaggio da boy scout a camminatori adulti è una esperienza più condivisa: quanti di colori che da adulti diventano camminatori vantano un passato scout? Tanti. Magari nell’adolescenza hanno rifiutato quel mondo, quel contatto con la natura ( che in qualche cosa era eterodiretto, cioè imposto dai pdri e dai genitori in genere).
Per poi riscoprire quei valori da adulti, assieme a quel bisogno seppellito di natura, di avventura, di poter scoprire il mondo camminando.
Proprio per questo, Enrico Brizzi (forte delle sue ampie e variegate esperienze di "cammini" di ampio respiro), ha deciso di provarsi nel ruolo di accompagnatore di alcuni cammini (i cosiddett "Cammini d'Autore") con lo spirito giovanile e entusiasta di un capo reparto degli Scout. Lasciatevi accompagnare da lui sulle orme dell’anarchico Lazzaretti in Amiata oppure come foste Psicoatleti (gli scout diventati adulti) nelle Foreste Casentinesi, e per prepararvi all’esperienza leggete senz’altro La legge della giungla.
Dal risguardo di copertina. Sul cartone giallo erano state tracciate le verdi parole della Legge: «Il lupetto pensa agli altri come a se stesso. Il lupetto vive con lealtà e con gioia assieme al branco». Era composta da questi soli due articoli e, pur di ricevere anch'io la mia divisa, mi sentivo già pronto a sottoscriverli col sangue.
L'infanzia trascorsa a Bologna nello stabile centrale del lotto Iacipì, sotto l'ala protettiva di una nonna cattolicissima, una combriccola di zii comunisti e due genitori insegnanti, convinti che la società italiana sia conformista e superficiale; un matrimonio a quattro anni con Sissi la Piagnona e giochi all'aperto turbolenti e scalmanati; anni divertenti, senza dubbio, ma fuori dal cortile ci sono troppi pericoli.
È per questo che il narratore viene catapultato nell'avventuroso mondo inventato da Baden-Powell, in compagnia di Akela, Bagheera, Balù e un intero branco di nuovi amici: dopo La vita quotidiana a Bologna ai tempi di Vasco eLa vita quotidiana in Italia ai tempi del Silvio, è la volta della vita quotidiana al tempo dei lupetti, fra uscite all'aria aperta, scoperte e promesse non sempre facili da mantenere.
Enrico Brizzi – “La legge della giungla”, Editori Laterza 2012 – 14 euro
(Dal sito web della casa editrice) Parola di lupetto! Il mondo Scout raccontato da Enrico Brizzi
Nello storico gruppo "Bologna 16" Enrico venne mandato, bambino, per imparare a vivere secondo la "legge della giungla", quella contemplata dallo scautismo di tutto il mondo e che proclama solennemente "Il lupetto pensa agli altri come a se stesso. Il lupetto vive con lealtà e con gioia assieme al branco": «La legge era composta da questi soli due articoli e, pur di ricevere anch’io la mia divisa, mi sentivo già pronto a sottoscriverli col sangue».
In La legge della giungla, Enrico Brizzi racconta la vita quotidiana al tempo dei lupetti, fra uscite all'aria aperta, scoperte e promesse non sempre facili da mantenere.
Proprio non potevo immaginare, in seconda media, con quale voce avrei parlato a quindici anni, da caposquadriglia, né sarei stato in grado di figurarmi nei panni di un rover ventenne, in viaggio a piedi col suo clan nell'aereo sacrario scout della Val Codera.
Men che meno, in quella stagione immediatamente successiva all'uscita dal branco, avrei potuto ammettere che sì, la storia si ripete, e un giorno sarebbe toccato a me dare la sveglia ai più piccoli intonando «Lupo salta su»: loro mi avrebbero chiamato Fratel Bigio, e io avrei fatto del mio meglio per amarli e difenderli dal primo all'ultimo.
L'Akela di quel branco, intorno alla metà degli anni Novanta, sarebbe stato Santos, e i ragazzi che furono nostri lupetti oggi vanno per i trent'anni, e portano di lui un ricordo indelebile come noi dei nostri capibranco. Sono loro che ci hanno insegnato cosa significano le parole «legge» e «lealtà», e come la preda inaccessibile a un solo lupo possa essere cacciata con successo dal branco unito.
Per chi trova immorale, o fuori tempo massimo, la metafora della caccia, vale la pena ricordare che l'educazione all'ecologia è un tema chiave della proposta educativa scout; a chi invece rabbrividisce al solo sentire la parola «branco», mi piace rammentare come il lupo sia un animale nobile, certo più dei mostruosi centauri mutanti dai nomi esotici, dei pony color lavanda o dei criceti a batterie, le bestie meccaniche che la pubblicità propone ai più giovani in questo scorcio di XXI secolo.
I bimbi d'oggi sono creature sveglie, lo dicono tutti, e nonostante la familiarità con le diavolerie elettroniche, capiscono ancora benissimo la differenza fra un lupo e una scimmia.
Per lungo tempo non ho più frequentato l'Associazione; in compenso la settimana scorsa sono entrato nella nuova sede della Cooperativa scout «Il Gallo», e mi sono trovato a ordinare una divisa completa da lupetta, taglia otto anni: la mia figliola maggiore ha iniziato da un paio di mesi la sua vita in branco e, anche se il fazzolettone che portano a Chiesanuova è diverso da quello bipartito del Bologna 16, è impossibile non riconoscere nei suoi occhi di scolara delle elementari lo stesso entusiasmo che provò suo padre da cucciolo.
Chiediamo ai Vecchi Lupi di badare ai nostri piccoli e scortarli per un tratto di sentiero che non possiamo percorrere con loro, e non per mancanza di tempo o di voglia, ma proprio perché siamo i loro genitori: possiamo fare l'essenziale per i nostri bambini, ma non è insieme a noi che si divertono a giocare a rugby-lupetto, o alla cassa del pompiere.
A noi i figli chiedono altro, ed è forse questa l'unica condanna che comporta mettere al mondo delle creature meravigliose: non poter tornare, nemmeno per un pomeriggio, di nuovo bambini insieme a loro.
(Enrico Brizzi, La legge della giungla, pp. 298-300)
Nota bio-bibliografica. Enrico Brizzi, bolognese classe 1974, si è fatto conoscere giovanissimo col romanzo d'esordio Jack Frusciante è uscito dal gruppo (1994). In tempi più recenti, la pratica dei viaggi a piedi gli ha ispirato la trilogia composta daNessuno lo saprà (2005), Il pellegrino dalle braccia d'inchiostro (2007) e Gli Psicoatleti (2011).
Con L'inattesa piega degli eventi (2008) e La Nostra guerra (2009), Brizzi ha invece dato vita a un vero e proprio 'mondo alternativo' dove l'Italia è uscita vincitrice dalla seconda guerra mondiale.
Per i tipi di Laterza sono usciti La vita quotidiana a Bologna ai tempi di Vasco (20094) e La vita quotidiana in Italia ai tempi del Silvio (20102), altrettanti ritorni al mondo colorato e intriso di magia dell'infanzia e della prima giovinezza, dei quali La legge della giungla costituisce l'ideale antefatto.