Ecco di seguito il racconto di una bella avventura di trekking all'esplorazione dell'Etna, compiuta di recente da Vincenzo Ferro. Un'avventura avvicnete, ma che ci tiene con il fiato in sospeso. "Intera giornata a spasso per l'Etna": uno spasso ardimentoso che mostra non solo le bellezze delle "Muntagna", ma anche i suoi tranelli e le sue insidie e che dovrebbe invitare chiunque decida di cimentarsi con essa e andare alla sua scoperta di non essere mai da solo.
(Vincenzo Ferro) E se vi dicessi che fino a sette mesi fa non avevo vissuto il vulcano? Si è proprio vero!! La prima volta che ho assaporato l’Etna è stata con Giuseppe, ancora prima che fosse l’alba di una fresca mattina di novembre 2013.
Da quell’esperienza indimenticabile ho incominciato a non poterne fare a meno: corse, passeggiate camminate, con il vento, la neve, il freddo, la pioggia, il sole; e sempre con gli amici runner Elena, Salvo, Giuseppe e i nuovi amici del CAI di Belpasso dall’inizio di quest’anno.
Eppure ad oggi l’uscita del 6 giugno 2014 la ricorderò in modo particolare.
Tutto è cominciato alle 9:00 quando ci siamo ritrovati insieme, eravamo in sette, al Rifugio Sapienza. La giornata si presentava calda e le temperature rigide di qualche giorno prima che mi avevano accompagnato con Elena a perlustrare le fumarole lungo l’ex-piano della Torre del Filosofo, rimanevano un lontano ricordo.
In meno di due ore di camminata eravamo arrivati davanti il nuovo cratere di Sud Est e ci siamo mischiati ai numerosi turisti stranieri trasportati dalle camionette degli operatori della funivia.
Una breve sosta e giù di corsa fino al piano di monte Escrivà, dove ci siamo divisi: mentre gli altri hanno continuato la discesa fino alle auto, io ho proseguito da solo la discesa lungo i fianchi della Montagnola. L’obiettivo era quello di arrivare alla sorgente dell’Acqua della Rocca attraversando la Schiena dell’Asino.
Scendendo dalla Montagnola si apriva davanti a me l’immensità della lunare Valle del Bove, come non l’avevo mai vista. In fondo potevo scorgere i fianchi verdeggianti della Serra del Salifizio, contrapposti al grigiore della lava coprente l’intera valle. Da quel momento aveva avuto inizio la mia avventura in solitario attraverso lo schienale.
Era la prima volta che affrontavo il tracciato.
L’avevo pianificato per bene o almeno ne ero convinto. Lungo la discesa mi è sembrato di galleggiare su un mare di cenere e sabbia fino alla Lapide Malerba dove avevo salutato un gruppo di quattro persone intende a contemplare la Valle del Bove. Il sentiero sulla mappa sembrava abbastanza lineare e continuo... bastava rimanere sulla cresta.. Ma in più tratti ho dovuto arginare e raggirare pizzi scoscesi e ritornare sulla traccia gps.
Erano circa le 13:00 e mi trovavo su un’altura a circa 2.000 metri. Dirimpetto a me i quattro incontrati precedentemente si fermavano per fare pranzo: decidevo di fermarmi anch’io. Cambio maglietta, fresco e asciutto divoro quanto portato da casa, l’acqua del camel ancora rimane a sufficienza.
Riprendo a camminare ma non riesco a vedere il passaggio per superare lo spuntone roccioso: da un lato a strapiombo sulla valle di pietra lavica, dall’altro una pendenza vertiginosa sul canalone verdeggiante. Davanti, oltre il vuoto, il punto di osservazione sopra l’Acqua della Rocca e ancora più avanti monte Zoccolaro: come facevo ad arrivare fin laggiù? Incominciai a scendere verso l’interno; la pendenza era troppo alta per riuscire a stare sempre in piedi ed ero particolarmente contento di avere optato in mattinata per i pantaloni lunghi da trekking al posto dei pantaloncini corti, chissà come avrei ridotto le gambe!
Dopo vari tentativi di intercettare il sentiero della discesa della Rocca decido di scendere dritto lungo la Valle del Tripodo: in lontananza potevo intravedere la provinciale che scende verso Zafferana.
Posso dire che è stata abbastanza difficile e non nascondo di aver passato qualche momento di sconforto. Il pericolo era sempre in agguato poiché in più punti avevo davanti salti di quota che mi costringevano ora a risalite faticose, oppure a scendere lungo tratti a pendenza da paura.
Confesso che ho provato una sensazione di sollievo quando arrivato oramai sul tratto pianeggiante ho notato la presenza di una bustina di plastica di merendina! Erano le 14:45 ed ero giunto sulla provinciale. Anche se in ritardo rispetto al tabellino di marcia preventivato ancora c’era abbastanza tempo per proseguire ed esplorare un tracciato sulla mappa che attraverso il mare di lava del 1792 mi avrebbe portato a contrada Sciamorolupo, sotto Monte Cicirello per poi proseguire fino a Trecastagni.
Il sole alto picchiava caldo, nessun riparo all’infuori del cappellino. Tutti i tipi di pollini raccolti durante la discesa del Tripodo ed il sudore mischiato alla polvere facevano si che camminassi scortato da uno sciame di mosche ed insetti vari di cui, dopo sei ore di camminata riuscivo a non avere più cura.
Seguire la traccia del gps non era per niente facile poiché non c’erano punti di riferimento particolari ma gli “omini di pietra” scorti di volta in volta mi indicavano la retta via difficilmente visibile poiché non percorsa da tempo.
Dopo un ora di camminamento il contesto lavico lasciava il posto ad una vegetazione più o meno fitta dove non riuscivo a scorgere il sentiero, e come non bastasse il gps era andato in tilt! A quel punto decido di ritornare sui miei passi e dopo un’altra ora mi ritrovavo ancora sulla provinciale all’altezza del Piano del Vescovo.
Erano le 17:00 ed incomincio a salire verso il Rifugio Sapienza.
Arrivato ad un certo punto odo delle voci provenienti dal ciglio opposto della strada: e con grande stupore scopro di essermi imbattuto nelle persone che qualche ora prima avevo incrociate lungo la Schiena dell’Asino.
Dopo cinque ore e mezza di camminata in solitario, anche se non troppo stanco, era una sensazione piacevole potere condividere qualche parola con loro. Erano un gruppo di “esploratori” che accompagnavano dei ragazzi venuti dalla Lombardia il giorno prima e che subito avevano intrapreso l’esplorazione della nostra “Muntagna” ed in particolare la “Grotta dei tre livelli”.
Tanta è stata la loro disponibilità a portarmi con loro quanta immediata la mia accettazione, spinta dall’incoscienza, ad intraprendere un nuovo viaggio.
Chi l’avrebbe mai detto!
Avevo l’occasione di scoprire un nuovo mondo e non l’ho fatta scappare. Insieme a Ennio, Marcello, Carmelo, Mara, Bruna ed altri (in totale dieci persone) ci siamo introdotti nella grotta con adeguate imbracature, caschetti protettivi e luce led alla scoperta di un mondo meraviglioso.
Anche questo è un aspetto bellissimo che ci offre l’Etna e non mancherò di ringraziare questi ragazzi per l’opportunità che mi hanno concesso.
L’uscita in cifre: 10 ore di cammino alla luce del sole e delle lampade led, 32 km di percorso su strada, ghiaia, sabbia, roccia, lava, terra, 1 paio di scarpe da trail running distrutte, l’esplorazione della Grotta dei tre livelli , e soprattutto la conoscenza di nuove magnifiche persone.
Grazie!
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