La 2^ edizione dell'Etnatrail (svoltasi il 4 agosto 2013 a Lingaglossa (CT), per l'organizzazione di Etnatrail ASD con la collaborazione di ASD SportAction) si era appena conclusa ed ecco che Vincenzo Ferro, finisher per la seconda volta, dopo appena poche ore, ha inviato il suo racconto. Per lui, questo è stato un appuntamento importante, perchè con questa sua partecipazione si è idealmente concluso un ciclo del suo prima anno di corsa.
Per lui, un ciclo si è concluso e uno nuovo ata appena iniziando, ma sempre stando con i piedi per terra, sulla base degli ammaestramenti che Vincenzo ha ricavato dalle sue precedenti esperienze.
(Vincenzo Ferro) Scrivo queste righe ancora un po’ acciaccato per la fatica ma contento come un bambino che ha trascorso una bellissima giornata insieme alla propria famiglia e a tanti amici con cui condividere una vera passione: sentirsi un runner.
E’ passato poco più di un anno da quando ho iniziato questa avventura e l’edizione dell’Etna trail 2012 è stata il mio battesimo con il vulcano più alto d’Europa. Quest’anno l’Etna è stato dichiarato patrimonio dell’Unesco e la seconda edizione 2013 assume un carattere particolare, poiché rappresenta un altro modo di fare conoscere il nostro territorio, e lo confermano tra i presenti atleti provenienti da diversi stai europei e d’oltre oceano.
In tanti hanno partecipato per la prima volta in una esperienza del genere e l’emozione e la tensione, mista a perplessità per l’esito finale di ognuno, si avvertiva sin prima della partenza. Ma anche coloro che hanno già faticato in altre occasioni per le salite e le discese su fondo sabbioso o roccioso, immersi nel fitto bosco o sperduti in mezzo ad un deserto di lava pietrificata, quando si apprestano a sfidare la Montagna non possono che provare emozione e rispetto.
Un anno addietro ero agli esordi e la mia partecipazione alla prima edizione, come ho già raccontato, è stata massacrante: 7 ore sotto il sole in preda ai crampi per oltre metà gara, trovandomi - soprattutto nel post-gara - “tutto rotto”.
Sabato pomeriggio avevo già incominciato a fare la lista dell’occorrente.
Le previsioni meteo indicavano per la domenica una splendida giornata di sole con temperatura ottimale. “Una sola maglietta sarà sufficiente nonostante si dovranno raggiungere oltre 2.400 mslm”. L’esperienza e soprattutto il nuovo regolamento impongono che ogni partecipante porti con sé almeno un litro di acqua da rabboccare ad ogni punto ristoro.
Pertanto, al camelback ho aggiunto una borraccia con ½ litro di integratore di sali minerali, delle merendine, barrette ai cereali, perché correndo per lungo tempo viene fame. Inoltre, sempre "obbligatorio" l’utilizzo delle utilissime ghette, visto il fondo sabbioso che avremmo incontrato in lunghi tratti.
Alla partenza gli organizzatori contano oltre 300 partecipanti e poiché le operazioni di spunta vanno per le lunghe (bisogna sapere con certezza chi parte per questioni di sicurezza) il via è dato con circa 10 minuti di ritardo rispetto al programma.
Memore della precedente esperienza, ho iniziato tranquillo con il mio passo: mi ero prefissato di stare complessivamente entro i 12’ al km, anche perché Elena aveva promesso “cuzzate” se fossi scappato via subito alla partenza.
Dopo i primi 6 km trascorsi tranquillamente, è iniziata la salita in mezzo al bosco oltrepassato il quale ci si trova, arrivando sul crinale Serrecozzo, ad affacciarsi sulla immensa Valle del Bove messa lì apposta per proteggere le zone abitate dai “capricci” di Sua Maestà.
Tutti in fila, allineati come in processione, ammiriamo il paesaggio incantevole fino a quota 2.100 mslm ; nella discesa seguente le scarpe affondano nella sabbia vulcanica abbondantemente caduta anche quest’anno; si ritorna alla zona di partenza dove ci aspetta un punto ristoro ricco di pezzi di anguria e marmellata.
Si riprende a scendere quasi a quota 1500 per iniziare a risalire immersi nel bosco e ancora più, su oltre le “bottoniere” del 1923 e i crateri più recenti del 2002, fino ad incamminarsi lungo la strada che viene percorsa dai fuoristrada della Forestale. Arrivati oltre quota 2.400 mslm inizia una vertiginosa e divertente discesa, dove non ci sono ghette che tengono poiché le gambe sprofondano nella sabbia fino al polpacci, per gli ultimi 3 km e dopo aver “scalato” il Maritozzo, antico cono vulcanico, finalmente il meritato arrivo a Piano Provenzana. Medaglia finisher, tanta anguria, doccia e pasta party.
Per quanto preciso, ricco di suggestioni e dovizie di particolari, risulterebbe difficile trasmettere in toto tutte le sensazioni che si provano nell’affrontare realmente una gara simile, perché il paesaggio attraversato, sia le sue parti ricche di fauna e flora sia quelle laviche semidesertiche inducono sentimenti intensi e diversificati da individuo a individuo.
Durante la mia gara, trascorsa per tutta la seconda parte praticamente da solo poiché avevo accusato un dolore alla coscia sinistra attorno al 20° chilometro che non mi ha consentito di proseguire insieme ad Elena e Angelo, nonostante fossi immerso in tale contesto, mi sono chiuso in me stesso cercando di capire le motivazioni che mi spingevano a fare tutto ciò: la voglia di scommettersi così nella vita come nel lavoro, perché ritengo sia importante credere in sé e nei propri sogni, ma rimanendo sempre con i piedi per terra.
Infatti, nonostante io abbia raggiunto l’obiettivo prefissato completando la gara e migliorando di 58’ il tempo dell’anno precedente, reputo che bisogna sempre andare col proprio passo.
Proprio per questo motivo riconoscendo che non sono un campione né lo sarò mai, so che devo imparare ancora tante cose soprattutto da coloro che campioni lo sono, e tra i tanti che hanno partecipato, i nostri Giuseppe Cuttaia, già vincitore della 1 edizione, e Vito Massimo Catania, vincitore di tantissime gare su strada e al suo primo appuntamento con l’Etna Trail.
Entrambi si dall’inizio si sono dati il cambio in testa alla gara e come due grandi campioni hanno primeggiato ora uno ora l’altro, (chissà perché ma, proprio mentre scrivo, mi ritornano in mente due nomi… Coppi e Bartali) però alla fine, si sono presentati all’arrivo entrambi mano nella mano, insieme, vivificando la loro impresa sportiva con un fondamento di amicizia e rispetto, così come é stato il grande gesto fatto da Vito Massimo al traguardo.
Come una storia di altri tempi... anzi di più, una favola siciliana.
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