(Fonte: Club Supermarathon Italia, di Stefano Severoni) Fauja Singh, nato a Bias Pind il 01/04/1911, è un personaggio singolare con i suoi quattro figli, tredici nipoti, una dozzina di pronipoti ed una serie di otto maratone portate a termine: cinque a Londra, due a Toronto, una a New York. È cittadino britannico di origine indiana, originario del Punjab indiano, dove faceva il contadino, di religione sikh. Fauja si è trasferito in Gran Bretagna negli anni Sessanta ed attualmente vive ad Ilford, est di Londra.
Ha inizato a partecipare a gare di corsa dall’età di 89 anni, dopo aver perso moglie ed un figlio: «Stare a casa mi uccideva», ha spiegato: «Gli anziani in Gran Bretagna fanno vita sedentaria e mangiano una dieta ricca di grassi». Correre ha dato a Fauja il baricentro della sua vita emotiva. La sua passione per la corsa è nata mentre lavorava come contadino in India, ma l’ha potuta sviluppare solo tardivamente. Per lui, da anni, la corsa è più di un passatempo. Trasferitosi in Gran Bretagna, con l’aiuto del suo allenatore H. Singh, egli si è cimentato nelle maratone. Fauja si allena ogni giorno percorrendo 10 miglia (16 km ca), oltre ad eseguire esercizi ginnici, anche assieme ad altri “colleghi”.
Egli ha debuttato alla London Marathon 2000. Campione del mondo di maratona over 90, è stato protagonista di prestazioni di rilievo nel biennio 2003-2004. Nel 2004 è stato testimonial della campagna dell’Adidas “Niente è impossibile”, assieme a D. Beckham e Muhammad Alì, e ha devoluto il proprio compenso in beneficenza a favore dei bambini nati prematuri. Alla London Marathon 2003 ha realizzato il tempo di 6h02’. L’anno successivo 6h07’13”. Il suo record sulla distanza è di 5h40’04”, realizzato alla Toronto Waterfront Marathon 2003, con il quale è diventato l’uomo più veloce al mondo tra gli over 89-90-91-92.
In tempi più recenti, il 16 Ottobre 2011, egli ha completato la maratona di Toronto diventando il più anziano di sempre (100 anni compiuti) a percorrere la distanza regina del fondo, che mette a dura prova corridori ben più giovani di lui, impiegando 8h25’16”. La gara è stata vinta dal 38enne kenyano K. Mungara, in 2h09’50”3. Singh si e piazzato al 3.850esimo posto, davanti ad altri nove concorrenti, correndo con il pettorale 100. Egli è transitato al 10° km in 1h44’03”, alla mezza in 3h43’39”, ai 30 km in 5’36’00, concludendo con una media oraria di 11’59” al km. Gli organizzatori stavano smantellando le barricate e gli striscioni al traguardo sul lungolago della metropoli canadese, quando l’hanno visto arrancare verso la linea d’arrivo, con la sua lunga barba ed il turbante di colore giallo. «Fauja è al settimo cielo. Ha combattuto contro se stesso e ha vinto», ha detto H. Singh, il suo allenatore dopo il suo arrivo. «Correre gli ha dato un nuovo slancio nella vita. Poco prima dell’ultimo miglio mi ha detto: “Farcela, significherebbe sposarsi un’altra volta”». All’arrivo, l’atleta è stato accolto da parenti ed amici, e da una folla in delirio. A chi gli chiedeva il segreto del suo fisico, egli ha risposto semplicemente che per lui è fondamentale mangiare il curry.
Orlando Pizzolato, due volte vincitore della New York City Marathon, oggi tecnico, direttore della rivista milanese Correre ed ancora corridore, scrive che il bravissimo Singh ha percorso 42,195 km, ma non ha “corso” la maratona. Infatti, per percorrere ogni frazione di 1000 m della gara, egli ha impiegato mediamente 11’59”. Un buon ritmo, anzi, un buon passo, in quanto in effetti non ha corso, seppure simulando un passo rimbalzato. Pizzolato continua ricordando che, del fatto che si percorra una maratona senza staccare i piedi da terra neppure una volta, ne ha discusso, nel 2010, il New York Times, prima della maratona della Grande Mela. Si dibatteva se considerare maratoneti quanti percorrono gran parte della distanza senza correre. Le opinioni in merito divergono anche tra gli esperti.
Il motto di Singh: «Stay smiling and keep running» (sorridi e continua a correre). Il segreto di una vita lunga e sana è di non farsi piegare dallo stress. Essere grati per qualunque cosa vi accada e stare lontani dalle persone negative, sorridi e continua a correre», questa la filosofia che anche questa volta lo ha portato al traguardo, sicuramente vincitore: la maratona come scuola di vita. Il suo tipico turbante sikh non lo abbandona mai: finora gli ha sempre portato fortuna.
Singh si gode la sua tenacia ed i suoi successi con un discreto numero, tra l’altro, di fans inscritti al suo Facebook (19̇026), ove racconta le sue imprese con foto e video.
Segue da sempre un’alimentazione vegetariana, consumando una buona quantità di cibo vegetale. Bere tè e mangiare curry allo zenzero, oltre ad uno stato mentale zen, di «essere sempre felice»: sono i tre ingredienti del successo di Singh. Possiamo aggiungere il duro allenamento quotidiano, con il sorriso sulle labbra e la gioia nel corpo. Egli è proprio un vegetariano, come nell’etimologia del termine (da vegetus = sano, vigoroso): i fatti gli danno ragione.
Nella vita, è la motivazione che ci spinge ad agire, sulla base dei nostri valori e della nostra sensibilità. Singh deve essere apprezzato soprattutto come persona, oltre che come maratoneta. In fondo, più che aggiungere anni alla vita, si deve aggiungere vita agli anni. Chi all’età di cento uno anni ha in programma di correre una maratona, significa che ancora riesce a gustare la vita.
Su questo magazine vedi anche: India, ha 100 anni il maratoneta recordman M90 e si accinge a correre al Festival della Maratona di Edimburgo (pubblicato il 14 ottobre 2011)
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