(Maurizio Crispi) Ho notato negli articoli che mi giungono che molti, scrivendo dell'Etna, gli attribuiscono il genere femminile. E' un uso in verità non appropriato, perchè a parte le definizioni dialettali in cui l'Etna viene frequentemente chiamato "'a muntagna", la denominazione corretta sarebbe - quella che compare sulle carte geografica - "Il Monte Etna".
Quindi, l'Etna è una Maestà al maschile e non al femminile come molti sembrano ritenere o come molti vorrebbero: a meno che non ci sia in questa propensione una sottintesa volontà di affermare - anche in una questione terminologica - il predominio del genere femminile su quello maschile, oppure una tendenza psicologica (peraltro comprensibile) che spinge alcuni a vedere l'Etna come una Grande Madre primordiale, benchè terrifica nelle sue manifestazioni. Oppure un'Entità dall'identità di genere intercambiabile, Uomo o Donna, Padre o Madre, Fratello o Sorella - a seconda delle circostanze e delle necessità.
Alcuni concordano su questo assunto - quello grammaticalmente corretto - dicendo che l'Etna è maschile, ma che, in tante occasioni, diventa "a muntagna" e che, quindi, a volte, va declinato al femminile. "L'Etna è l'Etna, maschile e femminile al contempo" - afferma Elena Cifali, fautrice sfegatata della doppia identità del vulcano più alto d'Europa.
Certo, ma attenendoci alla grammatica ed anche come é riportato in tutte le fonti - è "il" monte Etna. Ma, psicologicamente e anche sotto il profilo del mito e della leggenda, si può capire il desiderio affettivo di farlo essere "ermafrodito", o con un'identità di genere mobile, adattabile per tutti i gusti...
Se entriamo nel campo dell'immaginario o della fantasia, L'Etna lo potremmo far essere anche "trans", se solo volessimo: così tutti, nessuno escluso, avranno modo di identificarsi con lui/lei...
Personalmente, negli scritti che mi pervengono e che sottopongo ad una revisione redazionale prima di pubblicarli, apporto sempre le correzioni necessario laddove l'Etna viene impropriamente trattato al femminile.
Cercando delle conferme, ho fatto una breve ricerca nel web e mi sono imbattuto in un post dirimente, addirittura targato "Treccani".
L'estensore del post ammette che quella dell'attribuzione del genere ai nomi geografici della lingua italiana è una materia piuttosto difficile.Ciò nondimeno vi è una regola generale che rappresenta indubbiamente una partenza confortante, una di quelle che danno certezze.
Infatti, in italiano i nomi delle varie realtà geografiche (mari, monti, fiumi, laghi) di solito sono femminili o maschili a seconda del genere del sottinteso nome della “categoria” cui appartengono, ovvero mare, monte, fiume, ecc. (tecnicamente, questo nome si chiama iperonimo): il (mare) Mediterraneo, il (monte) Cervino, il (fiume) Po, il (lago) (di) Garda. Talvolta, è obbligatorio utilizzare l'iperonimo. Quando? Non è possibile tirare giù elenchi su elenchi. Bisogna vedere caso per caso. Non è possibile, per esempio, dire *il Bolsena, ma bisogna dire il lago di Bolsena. Nella preziosa grammatica compatta Italiano di Luca Serianni (con la collaborazione di Alberto Castelvecchi e Glossario curato da Giuseppe Patota, garzantina 1988), si scrive (cap. II, par. 20) che, come nel caso di lago di Bracciano, che rende antimateria agrammaticale *Il Bracciano, non è possibile dire o scrivere *Il Bianco e bisogna dire o scrivere il monte Bianco. Qui si tocca con mano come la lingua sia in costante movimento. Quando si muove tanto e per un lasso di tempo ragionevole nella stessa direzione, le tendenze – e infine le regole – che la caratterizzano possono cambiare, per quel che riguarda questa o quella singola rotellina dell'ingranaggio. Tornando al nostro monte Bianco, una rapida ricerca tra gli archivi dei principali quotidiani mostra come l'ellissi il Bianco per il monte Bianco sia ormai molto frequente. Tre titoli a raffica ripresi dal «Corriere della sera»: Campione scialpinista muore sul Bianco (18 giugno 2012), Travolti dal ghiaccio, sciagura sul Bianco (13 luglio 2012), L' alpinista scampato alla valanga e la voglia di tornare sul Bianco (14 luglio 2012); nel corpo di un articolo: «Così ai piedi del Bianco torna il Festival delle Nuove Vie, kermesse letteraria promossa dalla casa editrice Liaison» (C. Car., «La Repubblica»,19 agosto 2012, Torino, p. 13); sempre nel corpo di un articolo ma senza… articolo (determinativo): «[si parla del Cervino, ndr] Nessun itinerario verso i 4.478 metri della cima è facile, a differenza di Bianco e Rosa» (Leonardo Bizzaro, «La Repubblica», 23 agosto 2012, Torino, p. 11).
Spero che questa notazione possa avere un valore dirimente in caso di dubbi ed incertezze.
Per me indubbiamente, sì.
E' chiaro che ciascuno può rimanere affezionato all'uso che preferisce, ma quando si pubblica qualcosa occorre essere precisi e dimostrare sempre di possedere una buona conoscenza della Lingua Italiana.
Il lavoro redazionale serve, tra le altre cose, anche a questo: evitare che compaiono in ciò che si pubblica piccoli strafalcioni ed errori.
Vedi il post completo: "Nomi geografici, un genere difficile" su Trecani.it
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