I tre palermitani Claudia Occhipinti (ASD SportAction), Marco Saitta e Salvatore Maira (ASD Panormus Bike and Trail Team), tutti e tre runner e trailer di consolidata esperienza, hanno messo in atto l'ambizioso progetto (sviluppato a partire da un'idea di Salvatore Maira) di percorrere in tappa unica la distanza compresa tra Palermo (con punto d'inizio ai piedi della Scala Vecchia che sale a Monte Pellegrino e Palermo (falde di Monte Pellegrino) toccando le tre cime del lato Nord della Conca d'oro e, cioè, Monte Pellegrno, Pizzo Manolfo e Monte Cuccio: un percorso impegnativo sia per la dstanza complessiva (76 chilometri, inclusi i tratti di raccordo con la seconda e la terza montagna, ma anche per il dislivello altimetrico: 608+800+900 metri D+).
Un vero e proprio raid podistico...
I tre pionieri hanno pianificato attentamente la loro impresa e, un bel giorno, alle primissime luci dell'alba si sono messi in cammino.
Hanno completato con successo la loro impresa, attenendosi rigorosamente alla "camminata" più o meno veloce a seconda dell pendenze con cui si confrontavano. Il loro obiettivo era quello di completare la distanza, portando al termine un impresa podistica unica nel suo genere e ancora mai tentata.
Non importava loro di correre il più velocemente possibile, ma soltanto dimostrare che l'impresa era realizzabile.
E, in poco meno di 14 ore, i tre intrepidi ce l'hanno fatta raggiungere il loro personale obiettivo.
Complimenti!, dunque, ai tre valorosi di casa nostra per la grande impresa, che potrebbe considerarsi l'edizione Zero di un'ipotetica gara di ultramaratona palermitana (con un perco misto asfalto/sterrrato/single track), nello stile Urban Trail, come è - tanto per fare un esempio - il Maddalena Urban Trail di Brescia...
Chissà! Da cosa nasce cosa.
Nel compiere una simile impresa da pioniere se c'è innanzitutto come fattore motivante il piacere di sperimentare un'inedita avventura (come è nel caso dei Trail Auto-gestiti), ma - in secondo luogo - vi è il desiderio di tracciare una via, mettendo la propria esperienza, al servizio di altri...
Grandi gare podistiche sono nate esattamente in questo modo: come, ad esempio, la Pistoia-Abetone (oggi rinomatissima) avviata in modo quasi "mitico" dal podista pistoiese Artemidoro Berti che volle dimostrare che si poteva correre da Pistoia a L'Abetone (70 metri di dislivello sul mare ai 1400 slm dell'Abetone) al di sotto di un certo tempo cronometrico.
Da quella prima esperienza pionieristica di corsa in solitaria compiuta da Berti, per quanto con testimoni e giudici che potessero certificare sia la distanza percorsa sia il crono realizzato, è scaturita una delle più celebri ultramaratone su strada italiane.
A titolo di curiosità aggiungiamo questa piccola chicca che ci viene dalla testimonianza riportata da Maurizio Zappulla, ASD Palermo H13.30), secondo la quale una esprienza similare con le Mountain Bike era già stata avviata alcuni anni fa: "Tanti anni fa io, il Maestro Vella e qualcun'altro inventammo la 'Tre cime MTB', una gara di mountain bike a cronometro. Così articolata: partenza da Scala Vecchia tutti insieme e arrivo al Santuario, dove si prendevano i tempi. Si aspettava l 'ultimo e si partiva in gruppo per monte Gallo. Da lì, si partiva di nuovo insieme e, arrivati in cima, si ripeteva lo stesso discorso con la terza montagna individuata che era Pizzo Manolfo. Si faceva la somma dei tempi che ciascuno aveva realizzato nelle tre salite e si individuava il vincitore. A maggio 2013 ci sarà la terza edizione!".
E tre cime... furono
(Claudia Occhipinti) Durante il periodo natalizio un amico venne da me per parlarmi di un progetto che gli era stato suggerito: percorrere in un solo giorno - e consecutivamente - le tre cime di Monte Pellegrino, Pizzo Manolfo, Monte Cuccio. L'idea mi ha subito affascinato, ma- inizialmente - l'ho considerata inconsistente, uno di quei propositi di cui si parla, ma che non si concretizzano mai veramente.
Invece una domenica, esattamente il 13 gennaio 2013, senza capire come, mi sono ritrovata alle 7.00 allo stadio delle Palme perché avevo un appuntamento con gli altri due compagni dell'impresa: Marco Saitta e Salvatore Maira.
Qualche giorno - molto francamente - avevo sperato che l'impresa saltasse a causa delle condizioni meteo, perché, dopo una settimana di intenso lavoro e di impegni familiari, quando arriva la domenica, vorresti rilassarti, ma ci sono molti modi per rilassarsi e non si può tornare indietro: sarebbe come tradire gli altri.
Pochi preamboli: si parte e comincia il "folle" volo con un equipaggiamento costituito da zainetto camel bag con un litro d'acqua, pantaloni lunghi e maglia lunga di ricambio, cappellino, guanti, giacca anti-pioggia e lampada. Il tutto mi è sembrato esagerato, ma ho accettato di portare tutto con me, seguendo i consigli del saggio e più esperto Saitta.
Il tempo sembra favorevole, la temperatura è accettabile, anche se il cielo è coperto.
Partiamo dallo Stadio e, attraversando la Favorita, giungiamo ai piedi della Scala Vecchia che porta al Santuario di S. Rosalia.
Comincia la prima salita, che facciamo rigorosamente camminando: c'è il divieto assoluto di correre, meglio il passo svelto (di una corsa che sarebbe troppo lenta) per non consumare troppe energie. Giunti alle Antenne [che rappresentano il punto più alto del Monte Pellegrino - ndr] scattiamo la prima foto ricordo.
Il tempo è passato veloce tra le chiacchiere e siamo ancora "freschi".
Scendiamo al Santuario e poi seguiamo la strada che porta a Mondello, evitando la "Rufuliata" per non infangarci: occorre mantenere condizioni ottimali, poiché i chilometri sono ancora tanti.
Proseguiamo per viale Venere e via dell'Olimpo sino al Cinema Aurora a Tommaso Natale. In questo tratto del percorso, ho sofferto a causa della monotonia della strada piatta e della presenza delle macchine; e sono quasi stata sopraffata dalla voglia di mollare, ma non volendo scoraggiare gli altri, ho cercato di distrarmi ascoltando i loro discorsi.
Si comincia la seconda salita, nel corso della quale effettuiamo una breve sosta, appena giunti al Belvedere [dal quale si gode un panorama eccellente sia di Monte Gallo, sia di Monte Pellegrino - ndr], per fare uno spuntino di cereali in barrette, mandorle, uva passa e cioccolata. La strada è facile, ma comincia una fine pioggerellina che ci costringe ad indossare le giacche antipioggia, ed io metto anche il cappello: meno male che ho dato retta a Saitta!
Finora tutto bene: non avverto eccessiva stanchezza e sento di poter continuare; tuttavia mi angoscia sentire i miei compagni che comunicano i chilometri percorsi. Io mi affido a loro completamente e alla loro esperienza e cerco di distrarmi dal pensiero che dovremo andare avanti fino a sera. Ascolto le chiacchiere in silenzio, anche perché non è facile intervenire: loro parlano di tutto, dalla politica ai fatti personali ed hanno moltissima energia. Io ne approfitto e ascolto,senza mai interloquire, ma vengo "bacchettata" per il mio isolamento e mi viene imposto di partecipare ai discorsi... Intanto, passa il tempo e con le ore che scorrono si consumano i chilometri.
Siamo alla seconda cima e facciamo la seconda foto che ha il valore di una medaglia: Monte Cuccio stiamo arrivando!
A questo punto incontriamo una difficoltà e azzardiamo una strada per uscire dalla riserva e imboccare la Statale, dalla quale giungere alla terza cima. Saremo già al 30° chilometro, e comincia per me un periodo di crisi, anche a causa dei piedi doloranti. Ho sbagliato scarpe: quelle che indosso sono troppo consumate e la suola è sottile al punto che la pianta è troppo sensibile alle pietre e alle asperità. La crisi continua sino al 40° chilometro, quando improvvisamente avverto di avere superato una soglia del dolore e che posso continuare a lungo, quasi per inerzia.
Finita la Statale, siamo davanti al cancello per attaccare la terza salita importante. Intanto, ha cominciato a piovere: la temperatura s'è abbassata, le mani sono fredde e quasi non riesco a muoverle; ci consultiamo sul da farsi e ventiliamo la possibilità di abbandonare, ma all'imporvviso il materializzarsi d'un meraviglioso arcobaleno ci suggerisce di fare il contrario. E così continuiamo con la consapevolezza che non ricapiterà facilmente l'opportunità di raggiungere l'obiettivo che ci siamo prefissati.
Il percorso all'inizio non è molto bello: ovunque si vede materiale di risulta, ma lo spettacolo peggiore lo offrono gli alberi spezzati, schiantati, bruciati e abbattuti, cadaveri vegetali sparsi dappertutto, che suggeriscono l'idea di un "cimitero di alberi". Salendo ancora giungiamo al "quadrivio" [dove le strade si dividono: una scende per Torretta, l'altra va per Montelepre, mentre la terza si inerpica su per il pendio di Monte Cuccio, per poi perdersi - ndr], dove si vede un bunker (risalente alla 2^ Guerra Mondiale) e, a sinistra, forse i resti di un'antica torre, un manufatto abbandonato come tanti ce ne sono a Palermo e dintorni. Superiamo un altro cancello e adesso il paesaggio diventa bellissimo: siamo circondati da boschi di pini e prati verdeggianti dove ci fermiamo per un secondo spuntino. Continuiamo a salire: non c'è anima viva, solo mucche sparse qua e là che bloccano il percorso, ma appena ci avviciniamo si spostano impaurite.
Finalmente raggiungiamo la terza cima: qui la sensazione è bellissima. Riflettere al fatto che siamo riusciti ad avere il controllo su tutto e che siamo riusciti a gestirci passo dopo passo, senza lasciarsi travolgere dalle difficoltà, è la sensazione più esaltante.
Le condizioni fisiche però sono precarie: con le gambe "imballate" che non si piegano facilmente, mi cambio per indossare i pantaloni e la maglia lunga, ma ho difficoltà ad usare le dita per allacciare le scarpe.
Cominciamo la discesa da Monte Cuccio: a questo punto dobbiamo affrontare ancora 23 km, perchè su in cima erano 53. Ora il problema sarà rifare il percorso al buio: ci resta un po’ di tempo per uscire dalla riserva ancora con la luce.
Ora la mia più grande paura è sbagliare strada, ma vengo rassicurata dai miei compagni che conoscono bene il percorso perché lo hanno fatto tante volte in mountain bike.
Il ritorno è stato veramente duro, soprattutto il tratto di statale e la strada verso la staccionata panoramica di Pizzo Manolfo. Ormai parliamo poco e procediamo per inerzia, e meno male che la serata è splendida e si vede un bel cielo stellato.
Tagliamo dalla "Vacca Morta" e dopo 4 km siamo al cancello dove un meraviglioso Fabrizio Saitta come un vero "deus ex machina" è venuto a prenderci.
Non sono mai stata così felice di vedere qualcuno!
Totale: 76 km per 13h40', e siamo ancora vivi!
Foto di Maurizio Crispi