Eleonora Suizzo (di cui abbiamo sentito la mancanza all'Etnatrail, perché nel teatro delle gare siciliane sta diventando una presenza sempre più familiare e consuetudinaria) non ha mancato di partecipare (e - notiamo, questa é stata la sua terza partecipazione: e la stessa Eleonora non esita a confessarci che questa è la sua gara preferita) alla 6^ edizione della Maratona "alla Fidippide", che si è svolta lo scorso 11 agosto 2013 da Chiaramonte alla spiaggia di Punta Secca, con passaggio da Ragusa.Una maratona che, come si è detto, andava corsa - secondo tradizione - senza orpelli tecnologici di alcun tipo, per riproddure nel modo più possibile imprese l'impresa dell'emerodromo Fidippide, guerriero ateniese di una speciale categoria perchè era un "emerodromo", cioè un soldato addestrato a correre con tutta la sua bardatura per 24 ore di seguito: cioè, colui che - secondo alcune fonti - corse l'intera distanza dal sito della battaglia di Maratona per portare agli Ateniesi l'annuncio di vittoria, mentre - secondo altre - prima di correre quest'ultimo segmento (che gli costò la vita) aveva compiuto per ben due volte la distanza da Atene a Sparta (circa 250 km per andare e altrettanti per tornare), per convincere gli Spartani ad entrare in guerra contro i Persiani accanto agli Ateniesi.
Cosicché Fidippide, emerodromo, è - insieme - il primo maratoneta "mitico" della storia, ma anche il primo ultramaratoneta conosciuto: e che ultraamaratoneta!
E, al termine della sua felice esperienza di aver corso - per un giorno - come Fidippide, Eleonora Suizzo ci ha inviato il suo racconto che volentieri pubblichiamo.
(Eleonora Suizzo) E' iniziata all'insegna del rischio la mia terza Maratona "Alla Filippide": il rischio di non prendervi parte per una sveglia non suonata, per una tecnologia non rodata, per una incuria non governata.
Considerato il fatto che è la mia gara preferita, fino ad oggi, se non vi avessi preso parte non me lo sarei mai perdonato.
Fortunatamente, i miei angeli custodi vegliano su di me e fanno in modo di indicarmi sempre la via maestra, e allora arrivo appena in tempo alla partenza dall'antica stazione di Chiaramonte Gulfi. Sono le 05.10 ed è ancora buio intorno, si scorgono le luci della città di Ragusa in lontananza, l'aria frizzante mi tonifica, mi risveglia dal torpore della notte infausta.
Abbraccio i miei compagni di avventure, scusandomi per l'inconveniente, ma i loro sguardi mi hanno già perdonata e mi sento orgogliosa di appartenere ad un gruppo di uomini e donne così grandi e rispettosi.
Foto di rito e via, si comincia a correre incontro alla notte e ad un'asfalto oscuro ma benevolo, in leggera discesa per la maggior parte del percorso.
Non ho orologio al polso, non leggo alcun cartello chilometrico, non ho idea di che ora sia, penso solo a correre ascoltando il battito del mio cuore e le storie dei miei compagni di avventura accanto a me.
Oggi abbiamo un nuovo amico, si chiama Fabrizio e viene da Sondrio, é in vacanza in Sicilia e, incuriosito dalla tipologia di gara, si è iscritto.
Ci siamo scelti inconsapevolmente per ascoltare insieme il rumore della natura intorno, per sentire lo scalpitio dei nostri passi e l'affanno dei nostri respiri, per mirare il passaggio del sole dall'alba al mattino sulla campagna iblea, per ascoltare il silenzio della natura intorno, per ammirare il paesaggio tipico ragusano con i suoi muretti a secco, i panorami della tradizione, il mare all'orizzonte.
E' il mio supporto, frenandomi quando il mio respiro e' in affanno e spronandomi quando le mie gambe si bloccheranno.
Oggi però la mia scelta l'ho già fatta, non essendo in grande forma e solo desiderosa di arrivare al traguardo sorridente: andrò piano sin dal primo momento e non oserò, portando allo stremo il mio corpo e la mia forza di volontà.
Noto quest'anno, ancor di più degli altri anni, quanto sia spartana questa eco-maratona: come occasionale ristoro, solo qualche bottiglia d'acqua poggiata sul ciglio della strada, poche banane e non c' è traccia di altri sostentamenti.
Decido di portare con me l'ultima bottiglia d'acqua sempre fino al successivo ristoro, se mai ne troverò un'altro: oggi non ho neanche fame e sgranocchio solo delle mandorle tostate che, dopo la supermaratona dell'Etna, rappresentano il mio energizzante naturale (grazie Angelo!).
Improvvisamente, dopo il tratto in sterrato a ridosso del castello di Donnafugata, mio riferimento chilometrico (so di essere tra il ventottesimo e trentesimo chilometro), penso tra me e me: "Già qui? Così presto? Ahi però, un dolore all'inguine sinistro. Lo so, lo so. Care, dolci, sinuose, orrende discese, vi ringrazio, ma non pensate di fregarmi con un trucchetto talmente banale, perché il mio corpo e la mia mente sono abituate a cotanto altro".
Ultima discesa e mi accompagnerà al traguardo una Venere nera, Annamaria.
Questa é la differenza della corsa nella nostra terra, inospitale, povera, abbandonata: l'umanità, il rapporto amicale, l'empatia, l'affetto sincero di persone semplici, unite da un'unica passione: la corsa con se stessi, per se stessi, in compagnia, in condivisione, con chi va piano, con chi va veloce, con chi non corre mai senza il cronometro, con chi, invece, ama correre libero.
Potrei scrivere fiumi di parole cercando di mostrare e svelare l'intensa emozione che ogni corsa mi dà, ma so che è pura utopia e che entra nelle mie note, soltanto chi, come me, la vive ogni giorno.
Arrivo al traguardo, sulla spiaggia, davanti alla casa del successo televisivo "il commissario Montalbano", in 3h56', poco sotto le 4h: ma non importa il crono, ciò che importa sono soltanto la mia felicità, la mia gioia nel poter vivere, ogni volta, un'avventura nuova.
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