Si è svolta il 10 novembre 2013 la Maratonina di Archimede (alla sua 4^ edizione), a cui anche Elena Cifali, con un gruppo di amici runner ha preso parte. Contravvenendo alle sue abitudini, questa volta ha sentito l'esigenza di scrivere di getto - ancora a caldo - sulla sua esperienza di finisher delusa e rattristata per ciò che ha visto e che è spia di una organizzazione sciatta e non attentamente pianificata.
Il podista che viaggia e si sposta vede le differenze: basta andare in regioni vicine alla Sicilia e in piccole gare (da duecento a trecento partecipanti) si vedono già enormi differenze.
Il podista che non viaggia e che non ha visto le differenze si accontenta: "Occhio che non vede, cuore che non duole", come si suol dire.
Ed eccole sue riflessioni.
( Elena Cifali) Solitamente prima di scrivere qualsiasi cosa che riguarda una corsa od una gara preferisco far trascorre un pò di tempo. Preferisco che le emozioni, i sentimenti e spesso anche la stanchezza mi lascino riposare.
Ma oggi è diverso, sento forte l’istinto di scrivere di getto, ancora a caldo, ciò che ho provato.
Ho corso la Maratonina di Siracusa.
Il tempo impiegato per finire quei 21,095 km è stato interminabile, sicuramente il peggior tempo da quando corro, se vogliamo escludere la mia prima mezza in assoluto.
Ma non è il crono impiegato che mi rattrista (dopo l’Ecomaratona sull’Etna _ Millet Etna Sky Marathon - di soli 7 giorni fa non potevo chiedere di più al mio fisico).
Ciò che mi lascia perplessa è stata la gara in sé e per sé.
Mi spiego meglio. Al mio arrivo a Siracusa tutto era quasi pronto per accogliere gli atleti. Bellissimo il luogo scelto per la partenza: in Ortigi, il profumo del mare è stupefacente, il sole caldo, il gonfiabile, la moltitudine di persone pronte ad accoglierci.
Mi viene consegnato il pettorale ed il pacco gara che contiene una buonissima pasta di mandorla (fiore all’occhiello della gastronomia dolciaria siciliana), una barretta energetica e una bella maglietta tecnica.
Una maglietta rosa per le donne, bianca per gli uomini, col logo della maratonina, insomma, una piacevole sorpresa.
Al via la temperatura è alta, il sole non mi darà tregua. In Sicilia l’autunno sembra non arrivare mai, è sempre estate! Suderò, mi stancherò, e mi chiederò perché lo sto facendo, ma questa è una domanda che nelle gare corte mi faccio milioni di volte.
Il percorso prevede di correre per ben due volte un anello di 4 km all’interno dell’isola di Ortigia, il primo giro è piacevole, il secondo mi annoia.
Finiti questi 8 km il lungo serpentone di podisti si sposta verso la periferia di Siracusa e qui iniziano le note dolenti.
Mi accorgo che ancora una volta – così come nelle stragrande maggioranza di volte - nelle mezze maratone siciliane non sono previsti ristori con cibi solidi.
Solo acqua, sempre e solo acqua! Ma quando le temperature sono alte come oggi e il percorso è interamente soleggiato la sola acqua da bere non basta, servono anche degli spugnagli sapientemente posizionati tra un punto di ristoro e l’altro. Manca anche questo, un solo punto con un paio di vasche ed una spugna che mi viene consegnata parzialmente inzuppata da una volontaria, quando siamo già sul fiume Ciane.
Me ne faccio una ragione e mentre dentro e fuori ribollo tra caldo e rabbia, ormai completamente deconcentrata, continuo la mia corsa nella speranza di rientrare presto nel centro abitato e poter finire.
A volte, sono i dettagli che fanno la differenza tra una gara e l’altra.
Oggi sarebbero bastati un paio di spugnaggi in più, qualche biscotto ed qualche spicchio d’arancia per rendere accettabili i ristori.
Se poi devo intendere le mezze maratone in città come un corso di sopravvivenza, io non ho nessun problema, abituata alle corse in montagna, sarà sufficiente che la prossima volta mi avvisino e con me porto rifornimenti e camelback.
Corro da due anni e mezzo e di gare ne ho fatte quasi 60.
Le maratone e le ultra non sono mancate, anzi. Come tutti sanno corro per divertirmi, ma non per questo sono poco attenta al livello tecnico ed organizzativo delle gare.
La Sicilia podistica non riesce a crescere e questo per noi è un grave handicap. Viviamo su un’Isola splendida, piena di risorse e bellezze di ogni genere. I nostri paesi sono carichi di cultura e le nostre tradizioni sono importanti, potremmo essere il cuore del turismo italiano eppure di turismo ne capiamo pochissimo. Incapaci di sfruttare ciò che il nostro territorio ci offre, lo denigriamo. Io non so quale sia il motivo per cui gli organizzatori abbiano scelto un percorso così avvilente e continuano a riproporlo anno dopo anno.
Eppure Siracusa offre scenari da favola. Percorrendola con la mia macchina pensavo: “si poteva passare da qui, e poi proseguire li, andare la” e così via. Si sarebbe potuto passare davanti al famosissimo Santuario della Madonna delle Lacrime, un po’ come alla maratona di RoMa si passa davanti alla Basilica di San Pietro. Ma non sarà forse che gli organizzatori dirottano la maratona verso la periferia della città, in aperta campagna, tra il nulla e la desolazione solo per non dare fastidio al cittadino/automobilista della domenica?
In alcune occasioni mi è bastato superare lo stretto di Messina e finire “nel continente” per vedere che le cose sono differenti.
Ho partecipato a gare di importanza mondiale come la 100 km del Passatore e alla Maratona di Roma. Gare organizzate nei minimi dettagli, dove nulla è lasciato al caso. Dove pacco gara, ristori e percorso sono eccellenti. Ma non parlo solo delle grandi città, ovviamente: i confronti sarebbero insostenibili: Ma, dedicandomi anche ai piccoli centri come Putignano e Banzi dove vengono organizzate gare di ben 6 ore che fanno invidia alle più blasonate città, spiccano le differenze rispetto al modo in cui sono organizzate certe gare nostrane. Quelle sono gare dove la popolazione locale è felice dell’evento che sicuramente da loro lustro. Per il resto non mi sono spostata oltre e quindi non posso fornire altri termini di paragone. Ma la Sicilia, in questi anni di gare, l’ho girata in lungo ed in largo, iniziando dalle gare corte che trovo sempre molto ben organizzate, passando per le maratonine e le maratone e finendo con le ultra.
Ebbene, la maratona di Ragusa è forse l’unica, organizzata in massima economia, che vanta un percorso molto bello e ristori organizzati. Le altre –a parte i ristori di Siracusa- le ho trovate davvero deprimenti. A Messina 42 km di sola acqua.
A Siracusa se non stai attento incappi nell’errore del Giudice di Gara e fai 6 km in più.
Altre città come Catania negli ultimi 2 anni non se la sono sentita di organizzare neppure una misera maratona. A Palermo la maratona di quest'anno è stata in forse sino all'ultimo per poi essere recuperata in extremis.
E vabbè ! Eppure, al di la di tutto questo, io apprezzo e stimo chi in qualsiasi maniera si prodiga e si fa in quattro per organizzare le nostre gare.
Molti dei miei amici fanno parte dei comitati organizzatori e conosco bene le difficoltà e l’infinita burocrazia. Ho stima di loro e sono pronta, con qualsiasi mezzo a mia disposizione a dar loro una mano.
Ma quello che non accetto è il popolo non-podista - non sportivo, anzi anti-sportivo - che vive la nostra isola. Il giorno in cui ho corso la Maratonina di Archimede, quasi giunta al 18° km, sudata, stanca, al sotto delle miei possibilità ed in evidente difficoltà mi trovavo ad un incrocio che dalla periferia portava al centro fino all’arrivo. Un incrocio presieduto da una vigilessa che prontamente ha fermato il traffico per permettermi di passare in sicurezza.
E mentre lei mi sorrideva, un automobilista di mezza età, panzuto e col doppio mento che quasi sfiorava lo sterzo della sua macchinona si sporge, esce la testa dal finestrino. Conscio che se io avessi attraversato alla svelta la distanza che c’era tra me ed il runner che mi stava dietro gli avrebbe dato la possibilità di passare, mi urla senza ritegno: “Se ti sbrighi forse io passo!”. Per carattere io mi infurio facilmente, prendo fuoco ed il mio temperamento impulsivo mi fa dire e fare cose che spesso a freddo non farei non direi. Non nego che mi sarei fermata li, piantata come un palo sull’asfalto sputandogli in faccia quello che in quel momento pensavo di lui. Ma la voglia di finire la mia gara, la razionalità - nonostante la stanchezza - hanno fatto si che io continuassi la mia corsa senza rispondere a quell’uomo maleducato ed impaziente.
L’ignoranza mi spaventa sempre ed anche molto. E’ possibile che quell’uomo e tutta la moltitudine di automobilisti che suonavano il clacson durante la gara non si rendano conto che noi tutti oggi siamo stati una risorsa per Siracusa?
Siamo stati una ricchezza. Ognuno dei 650 runner oggi ha contribuito a far girare l’economia della loro città. Abbiamo acquistato i pettorali, abbiamo frequentato B&B, pizzerie, ristoranti, bar, negozi. Abbiamo pagato il parcheggi delle nostre automobili, acquistato prodotti locali, riempito i serbatoi delle automobili. Insomma, oltre al nostro sudore abbiamo lasciato molto di più a Siracusa.
Se solo ognuno di noi riuscisse a veder oltre il proprio naso, il proprio scruscotto saremmo tutti un po’ più ricchi.
Ma ovviamente queste sono solo le mie considerazioni. Considerazioni di una donna podista che ha intenzione di far crescere e migliorare questo stupendo sport.
Mia cara Siracusa, ci rivedremo a gennaio, per la maratona e, chissà, magari stavolta riuscirai a non schiaffeggiarmi come sempre fai!
Foto di Claudio Chines
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