La maggior parte degli atleti arrivarono dall'Italia, trasportati prima in nave da Ancona a Spalato, e poi su due torpedoni che viaggiarono attraverso i territori della ex Jugoslavia con la scorta dei militari delle Forze di Pace (SFOR).
Per via delle particolari condizioni vigenti e della precarietà di un paese, ancora sull'orlo della guerra, all'atto dell'iscrizione si pagava per il pacchetto completo, includente il viaggio in nave da Ancona, tutti gli spostamenti via terra e l'alloggio, in un resort tipo caping con Bungalow, di recente messo in funzione.
Fu una strana sensazione essere lì e sopratutto viaggiare con una scorta militare armata.
Non mi era mai capitato prima..
Ancora di più quando ci fermammo a Mostar per una sosta e vedemmo a distanza ravvicinata le devastazioni provocate dalla guerra.
io che ero già stato in là, fui sconvolto dal vedere che il famoso (e bellissimo) ponte a schiena d'asino era scomparso. La transferta fu sofferta, anche perchè molti di noi soffrirono d una forma di dissenteria, contratta a bordo, dove - incautamente - molti di noi ordinarono un piatto di spaghetti al ragù (mai mamgiare piatti con trito di carne in viaggio!)
Ad Ancona, dove giunsi in aereo per i fatti miei, mi incontrai con alcuni altri podisti palermitani della cui partecipazione non sapevo nulla. C'era Giovanni Serio con la moglie Donatella e il collega Maggio (che allora lavorava come ematologo all'Ospedale Cervello).
Il posto di ristoro fu gestito dalla forza italiana di pace e, prima dello start, la fanfara dei bersaglieri ci ha allietato con le sue musiche.
Dopo la gara, ci fu appena il tempo di girare un po' per quella Sarajevo così orribilmente devastata che stentavo a riconoscerla dai miei precedenti viaggi.
Vidi uno stadio le cui tribune erano parzialmente crollate e dei ragazzini che giocavano a calcio in quell'immensità vuota da dopobomba, cercando di ritrovare attraverso quel gioco innocente - ma sotto sorveglianza armata - una forma di "normalità".
Mi aggirai sgomento all'interno di un grande cimitero, dove si affastellavano le sepolture di persone che erano state tutte uccise durante l'assedio, protrattosi a lungo, dal fuoco crudele dei cecchini annidati sulle montagne circostante.
Ho visto le facciate degli edifici bucate dall'esplosione dell'artiglieria e sforacchiate dai proiettili di piccolo calibro.
Fu un esperienza toccante ed unica.
Fui contento di essere andato.
Ma, dentro di me, soffrii parecchio nel vedere tutta quell'insensata devastazione.
Conclusi la mia mezza maratona in 1h46'05".
Mezza Maratona Internazionale di Sarajevo. 1997 (38 photos)
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