Nel volume di Giuseppe Catozzella, Non dirmi che hai paura, pubblicato da Feltrinelli nel 2014 è tracciata la storia di Samia Yusuf Omar, l'atleta somala che fece commuovere, quando a soli 17 anni partecipò ai Giochi Olimpici di Pechino, dopo essersi allenata quasi di nascosto per sfuggire all'occhiuta attenzione dell'integralismo islamico. La sua vicenda commosse, benché in quell'Olimpiade dove dipsutava i 200 metri piani, arrivò ultima delle ultime, pur avendo conquistato il suo miglior tempo nella specialità con 32"16.
Il suo sogno sarebbe stato quello di far meglio ai successivi giochi olimpici di Londra nel 2012 e per sfuggire al potere crescente degli integralisti che la costringevano a correre praticamente dentro un burqa, intraprese un viaggio di speranza e di libertà verso l'Europa, determinata ad entrarvi come migrante clandestina.
Il suo sogno fu interrotto dal naufragio del barcone con il quale attraversava quell'ultimo braccio di mare che la separava dalla libertà.
Una vicenda emblematica che dovrebbe essere conosciuta e letta dal maggior numero possibile di persone: Samia purtroppo è morta nel Mar mediterraneo, ma il suo sogno vive e con le ali della libertà la sta portando lontano.
Non dirmi che hai paura è finalista Premio Strega 2014.
(Dal risguardo di copertina) Samia è una ragazzina di Mogadiscio. Ha la corsa nel sangue. Ogni giorno divide i suoi sogni con Alì, che è amico del cuore, confidente e primo, appassionato allenatore. Mentre intorno la Somalia è sempre più preda dell'irrigidimento politico e religioso, mentre le armi parlano sempre più forte la lingua della sopraffazione, Samia guarda lontano, e avverte nelle sue gambe magre e velocissime un destino di riscatto per il paese martoriato e per le donne somale. Gli allenamenti notturni nello stadio deserto, per nascondersi dagli occhi accusatori degli integralisti, e le prime affermazioni la portano, a soli diciassette anni, a qualificarsi alle Olimpiadi di Pechino. Arriva ultima, ma diventa un simbolo per le donne musulmane in tutto il mondo. Il suo vero sogno, però, è vincere. L'appuntamento è con le Olimpiadi di Londra del 2012. Ma tutto diventa difficile. Gli integralisti prendono ancora più potere, Samia corre chiusa dentro un burqa ed è costretta a fronteggiare una perdita lacerante, mentre il "fratello di tutta una vita" le cambia l'esistenza per sempre. Rimanere lì, all'improvviso, non ha più senso. Una notte parte, a piedi. Rincorrendo la libertà e il sogno di vincere le Olimpiadi. Sola, intraprende il Viaggio di ottomila chilometri, l'odissea dei migranti dall'Etiopia al Sudan e, attraverso il Sahara, alla Libia, per arrivare via mare in Italia. (La recensione di IBS) Perché è importante che questa storia venga letta dal maggior numero di persone? Perché ci sembra doveroso che a scriverla sia stato proprio un giovane autore italiano? Perché la storia di Samia ci coinvolge tutti.
Forse qualcuno ricorderà le discusse Olimpiadi di Pechino del 2008. Erano anni difficili, di guerre e integralismi tra popoli e tempi in cui nuove economie emergenti entravano alla ribalta mondiale. La Cina, paese comunista che aveva saputo conciliare all’ideologia imperante anche una forma di capitalismo spinto, ospitava tutte le delegazioni sportive con l’intento di dimostrare al mondo intero che i due modelli di governance globali possono convivere nello stesso, complicato, sistema economico. È proprio a Pechino che vediamo per la prima volta Samia, giovane atleta somala che corre nella batteria dei duecento metri e arriva ultima. Le immagini della sua corsa alle Olimpiadi con i veli in testa, le spalle coperte, le gambe sottili e quegli occhi enormi carichi di voglia di riscatto per il suo popolo, fanno il giro del mondo. Quella ragazzina, che corre insieme alle atlete americane dieci volte più robuste, agili, profumate e griffate, diventa un’icona dell’emancipazione femminile nei paesi musulmani.
La storia di Samia, della sua infanzia a Mogadiscio, della sua passione per la corsa e del Viaggio che intraprende a soli vent’anni in cerca della libertà è il racconto delicatissimo eppure struggente che Giuseppe Catozzella fa in queste pagine. Tutto inizia in una città di mare, ma dove il mare è vietato a tutti, soprattutto ai bambini. A Mogadiscio una sanguinosa guerra etnica imperversa da tanti anni, il coprifuoco scandisce la vita degli abitanti, che non possono muoversi liberamente, l’aria è intrisa di polvere da sparo e gli attentati al grande mercato cittadino sono un rischio quotidiano. Samia, di etnia abgal è una privilegiata, perché gli integralisti di Al-Shabaab che hanno preso il potere, rivolgono il loro odio soprattutto all’etnia darod, che sono la minoranza. Nella famiglia di Samia però, la convivenza tra abgal e darod è sempre stata pacifica. Lei, con i suoi genitori e i suoi fratelli, divide la stessa casa con Yassim e i suoi figli, un grande amico di suo padre di etnia darod. Samia e Alì, il figlio minore di Yassim, crescono insieme, accomunati dalla grandissima passione per la corsa.
Senza scarpe, solo con una vecchia maglietta sdrucita e un pantaloncino, i due ragazzi sfrecciano per le vie della città, evitando accumuli di spazzatura e pozzanghere di fango. Di notte entrano nel vecchio stadio cittadino crivellato di colpi di mitragliatrice e si allenano alla luce della luna. Sono anni difficili, di sacrifici e fame, pericoli continui di attentati, leggi coraniche contro le donne e angherie dei bambini soldato. Eppure è un’infanzia bellissima quella di Samia, attorniata dall’amore della famiglia e incoraggiata da un padre straordinario, che la incita a coltivare il suo sogno anche contro le leggi coraniche. Una bambina “guerriera” come Samia, che con le sue vittorie riscatterà tutte le donne musulmane, non deve mai dire di aver paura, altrimenti la paura, come un demone, la paralizzerà: è questo l’insegnamento del padre aabe, è ripetendo questo mantra che Samia corre più forte di tutti gli atleti del suo Paese.
L’odissea di questa ragazzina in cerca di libertà, che affronta con le poche forze che ha il suo grande sogno di vincere le Olimpiadi di Londra del 2012, è il fulcro di questo romanzo che assomiglia tanto a una fiaba. Le prime gare, l’ingresso nella squadra olimpica, il viaggio fantasmagorico per Pechino nel 2008, ma anche le enormi difficoltà di allenarsi, dopo che Alì è costretto a fuggire da Mogadiscio e suo padre perde il lavoro. A un certo punto della sua breve vita, Samia si vedrà costretta a prendere l’unica strada possibile per il riscatto: la via del deserto, il Viaggio, sulle tracce di sua sorella Hodan che lo ha già fatto per approdare in Finlandia. Sarà veloce e definitiva la sua decisione di mettersi nelle mani dei trafficanti di uomini che, in cambio di quantità crescenti di denaro, si offrono di traghettare persone disperate, clandestini, fuggitivi, attraverso tutta l’Africa. Anche Samia si ritroverà stipata con altre settanta persone su una jeep attraverso il deserto. Dall’Etiopia al Sudan, dal Sahara alla Libia, un viaggio di otto mesi ai limiti della sopravvivenza, con l’unico obiettivo di mettersi in salvo sulle coste italiane, a Lampedusa. Tutti quelli che hanno già affrontato il Viaggio sanno che peggio del deserto, che ti rende folle, e delle prigioni libiche, dove le donne che non pagano vengono violentate, c’è solo il Mediterraneo. Attraversare il Mediterraneo è l’ultimo passo verso la libertà, ma anche il più rischioso, è una traversata decisiva in cui ciascuno può, in un attimo, perdere tutto.
Con una voce ispirata e intensa nella sua profonda umanità, Giuseppe Catozzella si immerge nei panni di questa giovane donna somala, eroina dei nostri tempi, restituendoci una storia memorabile, capace di aprire profondi solchi di sensibilità nell’animo di ognuno di noi.