(Elena Cifali) Don, don, don, din don, din don.
Vado avanti con passo lento e incostante, sottoposta a tutte le soste che la mia cagnetta Thelma mi obbliga a fare.
L’assecondo, dopotutto la passeggiata del sabato pomeriggio è tutta sua, dedicata interamente a lei.
Lei decide dove andare, dove svoltare, quando fermarci e quando riprendere a camminare.
Annusa ogni cosa si trovi a portata di naso, pianta le zampe a terra e non si muove finchè non ha captato anche il più piccolo segnale. Muove il naso dal basso verso l’alto e poi dall’alto verso il basso, come se leggesse chissà quale messaggio lasciato da chi è passato prima di lei. Va avanti e di scatto torna indietro, sicura da’vere saltato un passaggio.
A volte le sue “letture” si attardano anche per più minuti, ed è allora che io mi stufo di restare immobile sullo stesso posto. “Dai andiamo Thelma, torniamo qui dopo”.
Don, don, don.
Alzo lo sguardo.
Il campanile segna un quarto alle quattro. Il cielo è ancora carico di nuvole che però tendono a diradarsi col passare dei minuti.
Le facciate delle case sono ancora tutte bagnate dalla pioggia caduta in questi giorni, sembrano intrise d'acqua e gonfie come spugne.
Sull’asfalto restano le tracce di tutto ciò che è stato spazzato via dagli alberi, dai balconi, dai terrazzi, in un girotondo fantastico che è finito lentamente, e che adesso costringe tutto ad una irreale mobilità.
Rifiuti di ogni genere, rami, foglie, carta, plastica, vetri.
I resti di una notte difficile.
Passata é la tempesta.
Il runner e sopratttutto il caminatore sulle lunge distanze, si abituano ad osservare i mille dettagli che scorrono come su di uno schermo davanti ai loro occhi e che in un certo modo vivono intensamente e metabolizzano assieme alla fatica e al sudore. Questa attitudine osservante persiste anche si diventa flaneur, ovvero passeggiatori per diletto ma anche per necessità, come quando è d'obbligo regalare una bella camminata ai nostri amici a quattro zampe, ma in questo modo regalarla anche a noi stessi.