Nel 2012 Pietro Scidurlo, paraplegico dalla nascita, ha compiuto in 14 giorni il Cammino di Santiago sulla sua Handybike. Dal compimento di questo pellegrinaggio è nata FreeWheels (con omonimo sito web) un'associazione non lucrativa di utilità sociale, che si pone il compito di favorire il compimento di imprese come quella da lui compiuta da parte di persone che non hanno la possibilità di camminare sulle proprie gambe, portando avanti l'idea che il Cammino debba "essere per tutti", ma che si occupa anche di progetti con le scuole, di campagne di sensibilizzazione per la rimozione delle barriere architettoniche, di assistenza alle famiglie con disabilità e di eventi benefici.
Prima dell'ideazione dell'impresa di compiere il suo cammino su handybike, Pietro, paraplegico dalla nascita, era un ragazzo normalissimo con un pessimo rapporto con la sua disabilità, mai plasmatosi del tutto alle regole imposte dalla società e con la forte esigenza di fare qualcosa di straordinario per se stesso e per le persone come lui.
Viveva la vita in cerca di una via di fuga da quella instabilità caratteriale, senza mai trovarla. Poi un giorno, in un letto d’ospedale gli venne regalato il libro di Coelho “Il cammino di Santiago”.
Lo lesse e, giunto alla fine, si ripromise che, una volta dimesso, avrebbe quanto prima compiuto quel Cammino.
Si comprende così come FreeWheels sia sempre stata nell’ animo di Pietro, come fosse parte della sua natura, del suo modo di non arrendersi mai davanti alle salite della vita.
Dopo 8 anni e 4 mesi da quella lettura, Pietro partì e, in soli 14 giorni, in sella alla sua handbike, compie il suo Cammino. Prima di partire, avviò un blog attraverso il quale raccontò a tutto il mondo il suo viaggio: in soli 20 giorni, più di 34.000 persone visitano la sua pagina.
"Che io cammini con due gambe o due ruote che differenza fa? Mi chiamo Pietro Scidurlo, ho 35 anni e sono un pellegrino. Un disabile su ruote. Ebbene sì, per un incidente da parto sono paraplegico dalla nascita… ma sebbene per molti questo rappresenti un limite (e anche per me lo è stato per diversi anni), questa condizione mi ha permesso di seguire un percorso di crescita personale che si è completato, ed ha trovato ragione a tanti perché, lungo il mio Cammino di Santiago. Non ho mai accettato la mia situazione e questa “rabbia” ha avuto conseguenze dirette sulle persone che mi vivevano accanto. Ignoravo come, prima o poi, la vita mi avrebbe chiesto un prezzo a questi comportamenti.
In un letto d’ospedale ho maturato come il Cammino di Santiago poteva esser per me l’ennesimo tentativo di fuggire da una realtà troppo stretta: una realtà vissuta in una città non adeguata a chi per spostarsi usa una sedia a rotelle, in un paese che crea barriere culturali, una realtà ad ostacoli mi piace definirla.
Un bel giorno, fuggendo da questa realtà, mi son ritrovato a pedalare e piangere lontano da casa senza conoscerne il motivo. Giunto dove le mie ruote oltre non potevano continuare, ho capito molte cose. Le persone riempiono il loro zaino delle loro paure, anch’io l’ho fatto. E man mano che camminavo disseminavo la strada di cose che infondo non mi servivano.
E quando son arrivato 'laddove il vento soffia più forte', ho aperto il mio zaino ed era vuoto. Ed ho capito che quel che ho sempre cercato, quel di cui più avevo bisogno… non era nel mio zaino".
Leggi anche questo illuminante articolo-intervista sul web: Da sognatori a viaggiatori: i consigli di Pietro Scidurlo sul Cammino di Santiago in handbike
Nella foto in alto: Pietro Scidurlo alla partenza da Roncisvalle."Ricordo benissimo quel momento: pensavo 'L’unico modo per sapere dove porta una strada, è percorrerla tutta' - racconta -. Ed io ero pronto a farlo!"
scrivi un commento …