(Katia Figini per Percorsi) Quando si prepara una gara 40, 100, 300 km si ha a che fare con tanti fattori che influenzano non poco il nostro umore e il nostro corpo. La cosa più importante per non lasciar perdere è quello di volerlo veramente. L'altra è allenarsi capendo che anche il riposo fa parte dell'allenamento.
A volte, quando ci si trova alle 6 del mattino a correre, soprattutto d’inverno, quando le temperature sono polari, ci si chiede "ma perché lo sto facendo". E' una domanda che si fanno tutti, inutile nasconderlo, dai professionisti agli amatori. In genere questo "amaro in bocca" dura un quarto d'ora, poi le nostre endorfine ci fanno cambiare idea e ci fanno iniziare la giornata con il sorriso e la carica giusti. Quando si prepara una gara di endurance sono necessari allenamenti mirati in grado di raggiungere il proprio obiettivo senza portare il corpo a uno stress eccessivo. Non è facile. In molti pensano che, allenarsi per un lungo o una gara a tappe, voglia dire correre per chilometri e km. Non è proprio così.
E' sicuramente importante provare, nei mesi prima, a stare sulle gambe un po' di ore (7/8 ore) ma in 6 mesi di allenamento basta farlo una o due volte. La maggior parte degli allenamenti sono dei qualitativi in grado di far lavorare il corpo in modo intenso dai 30 ai 50 minuti senza portarlo ad un lavoro eccessivo. Fare qualitativi vuol dire anche evitare sovraccarichi a livello di tendini e legamenti sempre sollecitati con la corsa. Il lungo (ma parliamo di massimo 3, tre ore e mezzo) si può fare la domenica in "assetto gara" (con zainetto se si pensa di usarlo per la gara) a un passo medio lento rispetto al ritmo gara che si pensa di tenere. Tornando al discorso del "chi me lo fa fare" si delineano sostanzialmente due strade entrambe molto importanti: mente e corpo.
Ho una teoria personale che risale alla famosa regola dell'ottetto che studiai in chimica nei lieti giorni della mia adolescenza. Tale regola determina che "tutti gli elementi tendono ad avere una configurazione elettronica stabile, ovvero a divenire non reattivi o comunque poco reattivi". Questo può essere associato al fatto che il nostro corpo e la nostra mente tendono più a prediligere le "Ripetute sul divano" alle ripetute di corsa. A volte è davvero dura vincere la tentazione del divano. Altre volte però non si tratta di pigrizia, ma di necessità. Questo l'ho imparato sulla mia pelle quando ho avuto un principi di sovrallenamento durato per circa 6 mesi. Si inizia ad avere inappetenza, problemi mnemonici, non si riesce più a riposare bene, le prestazioni calano e così si pensa di essere meno allenati e, non contenti, si aumenta l'allenamento entrando in un circolo vizioso in grado di creare dei danni davvero gravi. E' molto difficile capire quando si tratta di pigrizia e quando invece di necessario riposo.
Non c'è, a parere mio, una regola universale per capire se si è più da una parte che dall'altra (a parte chiedere consiglio a un medico). L'unica cosa che si può fare autonomamente e subito è imparare ad ascoltarsi. La corsa non è solo "gambe forti", la corsa è un po' lo specchio della vita ed è necessario far correre anche la propria mente allenandola continuamente in modo che solo essa possa darci delle riposte obiettive e soprattutto chiare. Un metodo che uso personalmente, in questi dubbiosi momenti, è quello di concentrarmi per alcuni minuti ad occhi chiusi e visualizzarmi nell'allenamento: se provo un senso di nausea è perché il mio corpo ha il "rigetto" della corsa e perché mi sta dicendo che ha bisogno di riposo. In questo caso, l'ora impiegata per correre la uso per fare stratching e/o un bel riposino. Nel caso, invece, avverto la bella sensazione della corsa, la libertà e il piacere, allora mi sforzo e vado a correre. Un'altra cosa che consiglio è quella di evitare le immense e stupide sfide con se stessi: se dopo un 20 minuti di attività le gambe non girano, non è giornata, cambiate l'obbiettivo e continuate a trotterellare per altri 20 minuti o fermatevi e andatevi a fare un po' di stratching SENZA inutili e malati sensi di colpa. Il corpo va rispettato altrimenti vi troverete a letto con una febbre o con un tendine infiammato da lì a poco. Il corpo dà sempre delle avvisaglie, è saggio aiutarsi con la mente per capire cosa sta cercando di comunicarci. Spesso infatti siamo continuamente bombardati da eventi esterni che diventiamo sordi e non sentiamo quello che la nostra mente ci dice.
Un'altra cosa invece è l'allenamento mentale. Il mio progetto Run For Women è durato ben 11 mesi e l'impegno sia fisico che mentale è stato davvero molto alto. Ho lavorato con Luca Taverna che ha voluto accompagnarmi in questa avventura. Il mental coaching è fondamentale in questi casi. Potrei scrivere per ore in merito agli esercizi necessari da fare giorno per giorno (proprio come gli allenamenti fisici anche la mente va allenata) ma ogni persona è diversa ed è giusto che ognuno faccia il proprio percorso (non posso nemmeno avere la presunzione di diventare dottore, per questo chiedete direttamente a Luca) una cosa però che dà sicuramente la carica a tutti è quella di pensare intensamente (la mattina appena si aprono gli occhi e si è ancora nel letto) al proprio obiettivo, al momento esatto in cui si taglierà il traguardo, alla felicità e alla gratificazione personale avvertita a raggiungere l'obiettivo per cui si è combattuto tanto. Questo vi farà saltare su come una molla e vi farà venire la voglia e l'entusiasmo di infilarvi le scarpe e di correre. Buone corse allora!.
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