Pubblichiamo di seguito il racconto di Eleonora Suizzo che, nell'occasione della 14^ edizione della Siracusa City Marathon, ci ha inviato per la prima volta un suo contributo al quale, ovviamente, siamo felici di dare la massima visibilità.
Eleonora Suizzo (ASD Archimede), ha completato la maratona in 4h12'21, classificandosi 85^ in graduatoria assoluta (su 115 finisher al traguardo dei 42,195 km) e 6^ tra le donne (2^ categoria TF).
Ad Eleonora Suizzo diamo il benvenuto nella tribù di Ultramaratone Maratone Dintorni e ci completiamo con lei per qusto suo primo racconto di gara, augurandoci che a questo ne seguano molti altri!
(Eleonora Suizzo) Sono stanca, maledettamente stanca, di una stanchezza purificatrice e chiarificatrice.
Da testarda e caparbia quale sono, ho deciso di correre la maratona di Siracusa a sole due settimane dalla maratona di Ragusa.
Immaginavo, anzi ero sicura, di incontrare il mio amico muro molto prima del fatidico trentesimo chilometro, ma non pensavo che mi sarei schiantata contro una barricata!
Vi racconto, con le poche energie che oggi ho in corpo, la mia avventura.
Le prime luci del mattino fanno ben sperare. L'aria é frizzante, ma il sole fa capolino all'orizzonte e non ci abbandonerà fino alla fine.
Oggi provo le mie nuove calze a compressione graduata.
Dicono che migliorino la circolazione ed evitino la comparsa di crampi non graditi durante la gara. Essendo di un colore acceso: fucsia e abbastanza frivolo, anche se non sortiranno l'effetto desiderato, mi permetteranno di essere comunque facilmente riconoscibile.
Non so ancora cosa aspettarmi da questa giornata in corsa, di sicuro completerò la mia decima maratona, di sicuro conoscerò persone che condividono la mia stessa passione e che portano con sé storie e aneddoti da raccontare.
Poco dopo lo sparo di inizio, mi ritrovo accanto un amico. È lo stesso amico con cui ho corso fino al diciottesimo chilometro in occasione della maratona di Ragusa. Lui parla tanto e questo mi sta bene perché mi distrae, corre con me perché vanta le mie doti di runner dal passo costante (quando sto bene, preciserei io).
Ho delle sensazioni buone fino al giro di boa della mezza maratona, alle rive del fiume Ciane; da lì il percorso si biforca e i maratoneti seguono un'altra strada.
Cominciamo a divertirci, il panorama di fronte a me mi appare solitario e torrido. Il sole mi scalda, come in primavera, e corro su una strada in saliscendi, ci sono altri due falsi piani in salita e poi un cavalcavia. Mi sfianca, ma le mia gambe sono ancora reattive e il mio fiato pure. Il mio amico mi dice allora che ci aspetta un circuito alquanto statico e noioso da ripetere due volte; non ne sono entusiasta ma almeno non ci sono auto che passano e posso ascoltare il ritmo del mio cuore e dei miei passi in tranquillità.
Al secondo giro del circuito di 6 chilometri, mi accorgo che comincio a faticare, ingurgito prontamente un integratore, che però non sortisce l'effetto sperato. Il mio amico si allontana e, giustamente, lo faccio allontanare: ogni maratoneta deve andare, ad un certo punto, per la sua strada. Incontro un altro amico che si accorge che sono in piena crisi. Non mi lascia, cammina con me quando ho bisogno di recuperare e riparte con me quando riprovo a correre. "meglio soffrire in coppia che da soli" - mi dice. Un po' come "nella buona e nella cattiva sorte", del rito nuziale.
Ma è un motto che vale sia in maratona che nella vita reale.
Io nel frattempo ho sete, tanta sete, troppa sete. Ad ogni rifornimento bevo due bicchieri d'acqua, prendo fiato e riparto.
Ma ecco di nuovo il cavalcavia. In condizioni normali lo supererei sorridendo, ma oggi mi sembra una montagna insormontabile.
Vincenzo ci prova ancora a tirarmi su, ma io so dentro di me che sto per arrendermi. Gli dico di andare. Sono al 33 esimo chilometro e avverto strane sensazioni. Il motore della mia auto ha acceso la spia della riserva, sono in calo energetico, gli zuccheri sono esauriti, il mio cervello e' in tilt. Conosco i sintomi ma chissà perché tutte le volte si manifestano in maniera diversa. Spengo il garmin, la mia gara con il tempo finisce qua. Comincia la mia lotta per la sopravvivenza. Riesco solo a camminare perché mi viene la nausea, mi sento mancare, ho sonno, ho freddo. Il sudore mi si è asciugato addosso e so che questo non va affatto bene. Provo a fare un cenno ad un ragazzo dell'organizzazione in scooter, ma non si accorge che sono in sofferenza piena. Mi voglio fermare, voglio tornare a casa, voglio vedere mio figlio, la mia famiglia. Ma nessuno si accorge di me. Bene Ele, mi dico, perché io mi parlo quando sono in gara, sola con me stessa. Dobbiamo arrivare, non importa come e in quanto tempo.
Ho camminato per 6 chilometri, ho incontrato tanti che come me camminavano e che poi ricominciavano a correre, è stato come tornare alla mia prima maratona ed ho capito perché mi piace correre le lunghe distanze.
Non è solo una sfida con il mio corpo e con la mia mente, ma è anche il piacere di incontrare uomini speciali, ognuno con la propria storia di motivazioni, con il proprio bagaglio emotivo e con il proprio cuore.
Ritorno alla strada per ultimare il racconto della mia avventura siracusana.
Arrivo a leggere il cartello del 38 chilometro. Sosto all'ultimo ristoro, prima del l'ennesimo cavalcavia all'orizzonte e assaporo l'arancia più dolce, succosa e gustosa della mia vita, allora arriva un gentil giovane in groppa al suo cavallo (lo scooter) che mi dice se sono in difficoltà e se voglio un passaggio. Leggo 39° km, e dico: No, grazie adesso arriverò sulle mie gambe.
Sono al 40° e penso che adesso Claudio si starà chiedendo cosa mi è successo e si starà anche preoccupando.
Ed e' vero. Mi si affianca un simpatico ragazzo con una vespa rossa che mi chiede se va tutto bene, perché al traguardo mi stanno aspettando.
Sono viva, rispondo io. La cosa più carina é stata che quel ragazzo, prima ha tranquillizzato Claudio che mi aspettava per la foto di rito al traguardo e, poi, è tornato da me e mi ha accompagnata fino all'arrivo.
Note stonate: i commenti calorosi di persone che non sanno stare al mondo e ti insultano perché sulle loro macchine costose non hanno neanche idea di quello che stai facendo del significato e della bellezza di questo sport, che è salute, vita e orgoglio di essere uomo.
Per concludere, sono arrivata ben oltre le quattro ore dalla partenza, ma il sorriso di chi mi aspettava é stato un abbraccio caloroso, una ricompensa della sofferenza patita e una prova che, eccetto qualche pecora nera, il mondo dello sport e della corsa, sopra ogni altra cosa, e' sano.
Foto di Maurizio Crispi