Il 26 gennaio 2013 si è svolta la Siracusa City Marathon, alla sua 15^ edizione. Alla maratona ha partecipato anche Eleonora Suizzo che ci ha scritto il suo racconto.
Un racconto di gara che, per questa volta, non è un racconto, ma un viaggio introspettivo dentro se stessa, come un piccolo viaggio nell'anima.
Eccolo.
(Eleonora Suizzo) Mi specchio dentro questo schermo nero. Il mio volto è segnato dal tempo, il mio sguardo è assente, sottili rughe solcano i lati del mio ovale; i miei occhi, loro sono sempre uguali. Ingenui, infantili, ammiccanti, sognanti, carichi di aspettative.
Solcati dell'indolenza dei miei pensieri, insonni da tempo. Viaggiano e si affaticano, cercando di seguire ed assecondare la mia mente ed il mio cuore. Annuso l'odore del vento, ascolto vibrare i miei sensi. È la storia della mia vita e vorrei scolpirla su questa pietra bianca, ma non ho ancora trovato lo scalpello adatto ed ogni volta che credo di aver scelto quello giusto, mi accorgo che avrei dovuto optare per quello accanto più resistente e congeniale.
Corro via, rifuggo dai miei pensieri e dalle mie azioni e ritrovo, in un angolo di mondo, il mio piccolo inconscio.
Mi osserva e si spoglia dinanzi a me. Mi chiede: "Perché lo stai facendo? Cosa stai cercando e cosa vorresti trovare qui, nel posto dove ogni cosa finisce, landa desolata di inferi, remoto deposito di errori umani?".
"Non mi aspettavo di incontrarti qui", rispondo io, "Neanche sapevo della tua esistenza!".
Stavo solo correndo, incontro al tempo, ai miei desideri, alle mie sconfitte, alle mie battaglie, ai miei umori, ai miei amici, alle mie passioni, ai miei amori.
Liberavo le mie energie, ascoltando il battito del mio cuore, lo scalpitio dei miei passi sull'asfalto e sul fango.
Torno in me. Sto attraversando il guado e, leggera, cerco di infangarmi il meno possibile.
Vedo la città che mi ha dato i natali all'orizzonte, uomini sporchi di fango e furiosi corrono oltre ad un ritmo intenso e non vedono ciò che li circonda.
Quei cuccioli, abbandonati, fuori dal casolare di campagna, un campo di verdure ambigue, un'auto in corsa che sfreccia al nostro fianco.
Gli agrumeti ci circondano tra la fonte del fiume Ciane ed oltre.
La polpa del limone che mi hai passato è succosa.
Poi le storie di altri uomini che come me trovano un rimedio o una spiegazione alla loro corsa.
Nella sofferenza di pochi attimi ritrovo me stessa, focalizzo l'immagine della mia ombra sull'asfalto e mi concentro su di lei, a tal punto da non sentire e non vedere nulla intorno.
Manca ancora un po' di strada da percorrere.
I momenti bui sono due e scivolano via in fretta, vuoi perché sei bravo a distrarmi, vuoi perché d'un tratto mi concentro solo sulle mie gambe e la loro resistenza, le alzo, le sciolgo, le sento unite al resto del corpo e affido loro il compito di portarmi a destinazione.
Caldo il sole arde su di noi, pur non essendo un sole d'estate, timidamente, mi scalda e mi accalora.
Via di dosso il lungo e il nero.
Via il male, il mistero.
Non mi accorgo che tutto passa via in un attimo e che la stessa strada che mi appariva ripida e scoscesa ieri, oggi è un strada nuova, fluida, veloce e uguale a tante altre strade.
Ne mancano tre e solo il tuo silenzio ormai mi tiene compagnia. Silenzio? Io sto bene, volando verso un nuovo traguardo, trascinata da una mano amica e non mi accorgo di questo silenzio rumoroso!
Dolore accanto. Che importa allora la volata e le gambe che girano, la riconoscenza e il valore di uno sportivo in gara e nella vita sono elementi che contraddistinguono ogni essere umano.
Puoi fermare il tuo ardore ragazza, vai già bene così. Sorriso amico e scatto di orgoglio all'arrivo per non dimenticare ogni piccola impresa.
Oggi è ancora oggi, un regalo, uno sguardo, un pensiero gentile: piccoli gesti, grandi esseri umani.
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