I sogni spesso rivelano le nostre personali passioni ed ossessioni. Chi corre si ritrova spesso a sognare. Ma anche c'è da da dire che chi corre, mentre sta correndo, sogna. Potrebbe crearsi in ciò una situazione di indecidibilità, come nel caso del famoso "sogno della farfalla", più volte citato: "Il saggio cinese Chuang-Tzu sognò di essere una farfalla. Quando si svegliò si ritrovo a riflettere se aveva veramente sognato di essere una farfalla o se, invece, era una farfalla che stava sognando di essere un uomo...".
Ma i sogni in cui compaiono le nostre passioni rivelano anche qualcosa sulle profonde motivazioni interiori di quella passione. Ad esempio, in questo sogno raccontato in maniera accativante da Elena Cifali, quasi fosse un racconto o lo script per un film, ci sono molti degli elementi che entrano nella passione di Elena per la corsa. L'Etna, innanzitutto, affascinante e, nel tempo stesso, minaccioso.
E poi quel motivo che fa sempre da sottile filo rosso che collega le esperienze di corsa di molti di noi e che è rappresentato dall'idea che correre spesso ci salva la vita, materialmente in alcuni casi, e in altri casi psicologicamente o anche, in definitiva, spiritualmente, poichè attraverso la pratica quotidiana si costruisce una propria personale "religione" della mente.
La fuga descritta da Elena dalla squassante eruzione dell'Etna adirato, in più, assume i toni dell'epopea e mi fa pensare a quella di Enea con il suo pargoletto e il padre Anchise sulle sue spalle da Troia in fiamme.
(Elena Cifali) Qualcuno mi avvisa urlando “Scassau a Muntagna, scassau a Montagna!”
Com’è possibile?
Non ho sentito nessun boato, nessun botto che mi facesse intuire che l’Etna fosse in eruzione.
Apro il balcone di casa e volgo lo sguardo a nord. Non credo a ciò che vedo. Resto dapprima impietrita con la bocca aperta, poi mi sento mancare e finisco in ginocchio.
Mi risollevo e rientro dentro casa, non devo permettere al terrore di avere il sopravvento, mi serve un’idea.
L’Etna è in eruzione, una delle più importanti e disastrose della storia. Una porzione del vulcano è collassata su se stessa, la Valle del Bove non esiste più, è sprofondata per alcuni chilometri.
Torno fuori: devo avere cognizione di cosa sta succedendo realmente.
Davanti ai miei occhi una quantità impressionante di pietra lavica si stacca e travolge tutto ciò che sta sotto, scivola a valle portando con se case, alberi, automobili, non lascia scampo a niente e nessuno.
Un’automobile bianca sfreccia senza conducente sotto il mio balcone, mi aspetto di sentire da un momento all’altro il rumore del suo schianto contro il muro di cinta della mia abitazione ma non sento nulla, forse ha trovato un varco e sta proseguendo la sua corsa.
Riconosco uno degli edifici di Rifugio Sapienza che è stato trascinato fino dentro Nicolosi, uno scivolone di almeno una decina di chilometri.
Davanti a me tutte le case sono piegate all’indietro oppure di fianco, come alberi investiti da forti folate di vento.
La gente urla disperata.
Le strade non esistono più, sono completamente deformate ed impraticabili con i mezzi su ruote.
Solo casa mia è integra, intatta, ogni cosa a suo posto.
Apro la porta per permettere a Thelma di scappare, lei si precipita giù per le scale abbaiando, poi d’improvviso si volta e non vedendomi arrivare torna su per poi sparire nel nulla.
Devo pensare a cosa fare e devo farlo in fretta.
Tento di chiamare qualcuno col cellulare ma le linee sono isolate.
Squilla però il telefono di casa, è mia zia da Como: “Elena, dovete scappare, al telegiornale dicono che sarete seppelliti, è colpa del gas metano. Dovete scappare a Catania o meglio a Siracusa”.
Metto giù la cornetta.
Cosa c’entra il metano?
Guardo ancora una volta fuori e lo spettacolo si fa ancora più terrificante: una colonna di fumo e cenere alta alcuni chilometri sta oscurando il cielo, tra poco caleranno le tenebre e saremo sotterrati dalla cenere vulcanica.
Mi sfilo il pigiama ed inizio a vestirmi. Mi vesto da runner con calzamaglia, maglietta termica e camel-back. Se mi metto a correre in un’ora e mezza riesco a raggiungere Catania e mettermi in salvo, male che vada proseguo la mia corsa fino a Siracusa, so di potercela fare, sono allenatissima per le lunghe distanze.
Allaccio le scarpette e stringo lo zaino al petto pronta per partire.
Mi giro e vedo mio figlio e mio marito, fermi immobili davanti a me.
Devo cambiare strategia, loro non sono in grado di correre, neppure per i 16 km che mi separano da Catania. Un forte senso di angoscia e di terrore si mescolano, temo che tra poco la massa di pietra lavica possa raggiungere anche casa mia.
Arrivano i miei vicini di casa con i loro bimbi piccolissimi, casa mia si è trasformata, non ci sono più i miei mobili ed i miei oggetti, solo grandi stanze dipinte d’azzurro che si rimescolano di continuo cambiando forma e dimensioni.
Salgo in piedi su di un tavolo cercando di attirare l’attenzione ed inizio ad urlare che dobbiamo “correre” via, verso il mare.
“Correre, correre, correre …. Mi sentite?”
Sono troppo spaventati e nessuno di loro parla, tutti muti e fermi come statue di cera.
Sento il suono di una sirena che proviene dalla strada. Il suono si fa sempre più vicino e sempre più forte, non lo sopporto più è diventato assordante ….
E … apro gli occhi, la sveglia sul comodino suona, mi trovo sudata fradicia e con i piedi penzoloni giù dal letto.
Sono le otto del mattino e stranamente oggi non devo andare a correre …
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