Su RunnerMania di Valerio fatatis è comparsa una bella riflessione sulla corsa di lunga distanza e sul suo significato esperienziale a partire dal significato ancestrale che la corsa ha avuto per l'uomo, piccolo ed indifeso bipede, nel suo adattamento all'ambiente circostante, ma con un'incursione estremamente interessante nell'ambito della metafisica e della ricerca di significati esistenziali. leggendo le riflessioni di valerio fatatis non si può non pensare a questo punto alla tradizione dei monaci giapponesi di Monte Hiei (anche conosciuti come "marathon Monks") che, in lungo apprendistato alla meditazione profonda, devono correre nell'arco rituale di dieci anni un numero enorme di chilometri (anche sino a 52 miglia al giorno). Su tali monaci l'inglese John Stevens, grande esperto di filosofie orientali, ha scritto il libro I Marathon Monks del Monte Hiei (non disponibile in traduzione italiana), che racconta la pratica di camminare per lunghe distanze (fino a 52 miglia) in un solo giorno per raggiungere l'illuminazione nella vita attuale del monaco.
I monaci del Monte Hiei erano conosciuti come i Kaihōgyō.
Ecco di seguito l'incipi dell'articolo di Valerio Fatatis. Per leggere tutto l'articolo cliccare sul link in basso che riporta al sito web originale.
(Valerio Fatatis, Runnermania) Il correre per lungo tempo.... o percorrere una grande distanza... per intenderci oltre le tre ore, superando i 42.195 passi (da un metro!) previsti nella "amatissima e famosissima" maratona, offre la "straordinaria" opportunità di compiere un "mirabile" viaggio alla riscoperta di se stessi!
Ebbene si, del nostro "IO"... nel vissuto "quotidiano" ce davvero poco! Nessuna colpa ovviamente... è una questione evolutiva..., si definita più precisamente "adattamento all'ambiente circostante", una propensione innata nel "ciclo evolutivo" delle tante specie animali e non solo...
Mi riferisco non tanto alla capacità di "vivere e svilupparsi" nei differenti continenti, dal clima "desertico" a quello "artico", dalle zone pianeggianti agli altopiani del Tibet, dalla "savana africana" alla lussureggiante "foresta tropicale", ma all'indispensabile necessità di "adattarsi/allinearsi/uniformarsi" agli "schemi" che "convenzionalmente" dalla tenera età, ci vengono puntualmente somministrati, in dosi sempre maggiori, al fine di "garantire" un perfetto "attecchimento" al concetto di "società", ai suoi "usi e costumi", ai suoi ritmi, ai suoi "diritti e doveri", all'idea del "giusto e dello sbagliato" e molto altro ancora... più o meno coscienti, più o meno consapevoli [ ...leggi tutto l'articolo]
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