Elena Cifali non poteva mancare di partecipare la sua seconda volta alla Supermaratona dell'Etna da 0 a 3000 che si è svolta - alla sua 7^ edizione - il 15 giugno 2013.
Non poteva che essere così visto che proprio al termine della precedente edizione, conclusa da finisher, la nostra Elena si è autonominata "SuperElena" e nel suo profilo FB continua ormai ad essere cercato con questo nick.
Volersi chiamare e far chiamare SuperElena non è un semplice e vuoto vezzo, ma in fondo ha una sua rilevanza. Chiunque porta a termine la Supermararona dell'Etna, salendo dal livello del mare a quota 3000 compie un'impresa da eroe, che potrebbe - a dir poco - definirsi titanica e non solo in metafora.
Questi scalatori dell'Etna, piccole formichine in confronto con l'immensità della montagna, spersi sugli sconfinati e scoscesi pendii dell'Etna, al di là della fascia boschiva che addollcisce il versante nord del vulcano più alto d'Europa, sono paragonabili ai titani della mitologia che diedero la scalata al Monte Olimpo per essere più vicini al cielo e sentirsi come dei, ma sono anche simili a "quei temerari sulle macchine volanti che, ai primordi dell'aereonautica si lanciavano in volo su traballanti trabbiccoli a motore per sperimentare l'ebbrezza del volo. Ed eroi lo sono tutti, a prescindere dal crono realizzato, tutti hanno avuto modo di sperimentare la meraviglia e l'ebbrezza di essere a tu per tu con la montagna che rimarrà sempre un passo oltre di noi con la sua vetta ultima che si staglia ad oltre 3300 di quota.
Credo che il racconto di Elena Cifali, come gli altri suoi racconti relativi ad altre imprese podistiche, riesca a trasmetterci soprattutto le emozion di questa impresa senza eguali, emozioni che tutti i runner possono condividere, sia quelli che c'erano, sia quelli che un giorno vorrano cimentarsi in questa impresa.
Nel racconto prosegue il dialogo tra SuperElena e il suo amato Etna, di cui ha narrato anche in altre circostanze (per esempio in occasione dell'Etnatrail 2012, oppure del Lafuma Volcano Trail 2013 (ultima tappa), o anche in occasione di qualche allenamento in salita, partendo da casa sua, a Nicolosi, sul versante sud: un dialogo ininterrotto con la montagna del suo cuore che Elena chiama "Sua Maestà"...
Grande racconto, come sempre, grandi emozioni!
(Elena Cifali). La mia Supermaratona dell'Etna, ovvero la favolosa 0-3000.
0 – 3000: solo nel leggerli e nel pronunciarli questi semplici numeretti mettono i brividi a chi sa di cosa sto parlando.
0 (zero) un numero tondo, che da pace e serenità come il mare che ho davanti agli occhi al momento della partenza per la mia missione.
3000 (tremila) un numero che mi riempie la bocca mentre lo pronuncio, che mi induce a pensare alla perfezione, la stessa perfezione che noto del mio vulcano ogni volta che lo guardo.
E, in mezzo a queste cifre, tanta ma tanta strada, tutta in salita !
Sono stata adottata da Sua Maestà l’Etna ben 21 anni fa e da allora ogni giorno trascorso in sua compagnia è stata un’avventura.
Oggi, però, la mia avventura sarà davvero speciale e carica di emozione.
Ho sempre detto a tutti gli amici che mi hanno chiesto consiglio su come affrontare questa “partita” impari che l’Etna nel bene e nel vince sempre.
Una gara come la supermaratona dell’Etna non si improvvisa. E’ un’esperienza che lascia il segno.
Quando decisi di correrla per la seconda volta, dopo l’esperienza dello scorso anno e dopo la 100 km del Passatore che si è svolta nell'ultimo fine settimana di maggio, quindi nemmeno tre settimane fa, sapevo benissimo a cosa andavo incontro.
L’Etna non perdona, e se anche sull’asfalto fino a Piano Provenzana si tratta “solo” di una corsa in salita, sullo sterrato -dal 33° km in poi- ci si rende conto realmente di cosa si sta facendo.
Non mi piace definire la Supermaratona dell’Etna “gara” per il semplice fatto che quando sei sull’Etna non c’è gara che tenga.
In questo caldo e assolato giorno di metà giugno non posso e non voglio competere con nessuno, nemmeno con me stessa, voglio solo correre sulle pendici del mio amato vulcano.
L’unica cosa che desidero è arrivare in cima e baciare la dura, calda, nera lava.
Oggi il mare è calmo e cristallino a Marina di Cottone, luccica come luccicano i tanti occhi e i tanti sguardi che incontro. Amici runner tutti entusiasti ed eccitati perché ognuno di loro oggi sarà campione.
Non importa il tempo che ci impiegheranno ad arrivare e non importa neppure se non avranno la forza di completare, l’importante adesso è solo aver avuto il coraggio di presentarsi al cospetto del Sua Maestà.
L’acqua, la terra, il fuoco, il cuore, oggi sono proprio al completo.
Da lassù, Lui - l'Etna - ci guarda minaccioso mentre di tanto in tanto sbuffa come un vecchio impertinente che fuma la sua pipa.
“Sto arrivando mio caro, aspettami, non importa in quanto tempo ti scalo, sappi solo che TU oggi sarai MIO”.
E con questa bella premessa metto in moto le gambe non appena sento lo sparo del via.
Al mio fianco per tanti chilometri il fidato Luigi e l’impareggiabile Enzo.
La mia fatica è iniziata e mi sento benone. Il mio passo rimane sempre regolare, so cosa vuol dire partecipare alla Supermaratona e, proprio per questo, corro con la consapevolezza di poter giungere al traguardo.
Ci sono cose nella vita che ognuno di noi può decidere di fare o non fare: cavalcare l’Etna è una di quelle cosa che oggi devo assolutamente fare, magari abbassando anche il mio tempo dello scorso anno.
Tanti mi sfrecciano davanti con passo veloce, io tengo il freno tirato perché questa non è una maratona, bensì “una salita”. Li lascio andare osservando i loro piedi muoversi con ritmo regolare e sciolto.
Mi diverto come sempre, canto a voce alta le canzoni che sto ascoltando con le cuffiette e questo mi da carica ed energia.
Al traguardo volante di Linguaglossa sono ancora fresca e motivata. Come in un replay rivivo il passaggio dello scorso anno. La gente è entusiasta, sento pronunciare il mio nome ELENA CIFALI e sono fiera di me stessa. Tutto ciò mi da una botta d’adrenalina che mi aiuta a sollevare di più le gambe.
Che bello essere qui oggi! E' una delle esperienze più belle che un runner può provare nella sua vita podistica. “Oh si! Fosse anche solo per questo, correre ha un senso”.
Il senso della vita che si può leggere negli occhi di tutti quei bambini che ti allungano le loro manine per darti un cinque. Quella piccola e morbida manina che sfioro adesso mi porta a pensare a mio figlio Luca che, proprio oggi, ha la febbre altissima e che non aspetta altro che io torni da lui.
Da ora in poi la concentrazione deve essere massima, non posso sbagliare nulla, un solo passo falso mi costerebbe il ritiro.
Correre in salita e per ben 43 km bisogna saperlo fare, bisogna capirsi e conoscersi bene, altrimenti non si arriva. Qui non bisogna vergognarsi di camminare, anzi, bisogna imparare a “saper camminare”.
Lo scorso anno tutte queste cose ancora non le sapevo, non le immaginavo neppure perché correvo da poco più di un anno e, se anche ero già alla mia quinta maratona, per me si trattava della “prima super”.
La tecnica di corsa, soprattutto in salita, era una perfetta sconosciuta. Solo col tempo, con gli allenamenti e studiando le tecniche dei veri ultratrailer ho capito come poter migliorare.
Fin dall’inizio dei miei allenamenti e anche prima della partenza mi sono imposta una sola regola: correrò finchè sono capace di farlo e comunque almeno un chilometro oltre la distanza che nel 2012 ero riuscita a coprire correndo.
E così è stato: superato di qualche centinaio di metri il cartello con la scritta 20 inizio a camminare di buon passo.
Enzo è il solo che è riuscito a rimanere al mio fianco, gli altri compagni di viaggio sono rimasti indietro, o sono andati avanti.
Poche parole tra noi, ogni tanto lui mi incoraggia a correre dove la strada spiana ed io lo seguo stringendo i denti.
Al 28° km inizio a sentirmi male, qualcosa non va. Ho un forte senso di nausea e vorrei mangiare dei biscotti secchi che però non trovo ai ristori. Chiedo della Coca Cola ma anche questa è una grande assente. Mi accontento di un pezzetto di banana e tiro avanti.
“Forza Elena, va avanti, tutto passa nella vita ed anche stavolta ce la farai”, mi ripeto,mentre cerco la giusta concentrazione per non fermarmi.
Sua Maestà mi sta alitando addosso un venticello fresco che mi rimette al mondo. Mi dà una mano a scalarlo, le fronde alte e spaziose del suo bosco proteggono il mio capo dai violenti raggi del sole montano.
“Lui” vuole essere baciato da me oggi ed io non posso deluderlo.
Passo dopo passo, fatica dopo fatica, dolore dopo dolore, sono quasi giunta a Piano Provenzana.
Sono entusiasta perché sono in perfetto orario, perché mi sento di nuovo bene e decido di allungare il passo e correre fino al tappeto che delimita il cancello.
Qui, c'è l'incontro con Carmelo Santoro: il Presidente della Società organizzatrice dell'Etna Trail della quale sono fiera ed orgogliosa di fare parte.
Mi porge lo zaino col cambio, mi aiuta a slacciare le scarpe e mi regala quella buona dose di fiducia ed incoraggiamento che non fa mai mancare ai suoi atleti.
Il suo è l’unico aiuto che ho ricevuto in questa scalata. Quando decisi di voler essere un'ultramaratoneta mi imposi di non ricevere assistenza esterna nel corso delle gare.
Un ultrarunner, ancor più se ultratrailer non può permettersi il “lusso” di essere assistito, perché quando ti trovi da solo, di notte dentro un bosco avere assistenza è quasi inconcepibile. Un'ultramaratona è un viaggio dentro se stessi, dentro le proprie paure, dentro la propria anima, dentro le proprie emozioni. L’ultramaratona - di qualsiasi tipo - è sempre un viaggio di scoperta delle proprie capacità e di acquisizione di una più piena consapevolezza dei propri limiti. Le ultracorse sono rinascita e, quando si “rinasce”, è giusto farlo da soli.
Ma sicuramente questo è solo un mio pensiero e solo il mio punto di vista.
Non sono qui per insegnare niente a nessuno bensì per imparare.
In breve tempo, mi ritrovo con le scarpe da trail che sprofondano sulla morbida sabbia vulcanica, il sentiero avanti a me si presenta nero come l’abisso e caldo come l’inferno.
Adesso, correre - per un’atleta dalle modeste capacità come le mie - diventa quasi impossibile: devo tornare a camminare. Testa gambe e reni lavorano all’unisono. Mi servono tanta determinazione, tanto coraggio e soprattutto tanta voglia di realizzare i miei sogni.
Alzo gli occhi, davanti a me piccoli compagni di viaggio, sembrano minuscoli visti da quaggiù.
Proprio come feci lo scorso anno cerco di raggiungerli e superarli, ponendomi sempre un obiettivo: il prossimo runner.
E così, runner dopo runner, finisco per affiancarmi ad uno di loro che porta la mia stessa maglia societaria: Etna Trail.
Non lo conosco, ignoro il suo nome, gli sorrido e senza neppure pronunciare una parola gli rimango accanto per quasi otto lunghissimi chilometri.
Il mal di reni si fa importante e sono costretta a piegarmi in avanti per dare sollievo alla schiena. Di tanto in tanto percorro qualche decina di metri con la schiena quasi completamente piegata – come ho visto fare in tante gare trail in salita- e questo gesto mi da sollievo.
Bevo di continuo, la bocca si asciuga e le labbra si seccano.
Sento il sapore dell’Etna: quel sapore inconfondibile di ferro e zolfo.
“Abbi pazienza, sto arrivando!”
Sono passate quasi 7 ore da quando ho iniziato il mio viaggio, sento le voci entusiaste dell’arrivo e scorgo il gonfiabile.
Quando finalmente appare, il cartello del 42 km sembra quasi un miraggio.
Non appena lo vedo mi giro verso il mio improvvisato e silenzioso compagno e sorridendo gli dico: “Io di solito il mio ultimo km lo faccio come se fosse il primo”, mi fa cenno di andare, alzo la mano ed inizio a correre fin dove posso, col mio passo lento ed impacciato, sollevando sabbia ed ingoiando saliva. Sto per arrivare, eccolo stavolta non è un miraggio: lo vedo è il piccolo gonfiabile rosso, la porta per il mio Paradiso, ai suoi bordi solo il cielo azzurro come il mare che mi sono lasciata alle spalle.
Attraverso il tappeto urlando il mio nome a gran voce SUPERELENA CIFALI, applaudo, canto e ballo con gran stupore di tutti.
Mi sento benissimo e non vedo l’ora di poterla rifare, questa splendida 0-3000.
Le emozioni – sempre forti ed intense - che regala la corsa sono difficili da spiegare ma non impossibili.
Il viaggio/corsa/cammino che mi ha portata dal mare alla “muntagna” è un susseguirsi di pensieri e di ricordi che in alcuni tratti mi ha emozionata fino alla commozione.
E’ proprio vero: Dio è nei dettagli e la 0-3000 è uno splendido dettaglio che, anno dopo anno, arricchisce la mia vita.
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