(EC) Quando conobbi Massimo Scribano, quasi tre anni fa capii subito che era un tipo “tosto”. Lui e la sua chioma imperfetta, il suo sguardo da ragazzino racchiuso in occhi che sembrano penetrarti l’anima.
Un ragazzone dal cuore d’oro, una di quelle persone che ti arricchisce solo a parlarci.
Ultramaratoneta eccellente è diventato per me un esempio da seguire, seppure con molta prudenza … lui è sicuramente più folle di me, avvicinarmi ai suoi livelli non mi sarà semplice!
Massimo ha partecipato ad una delle gare più faticose che io conosca, la Transomania 2014. Conoscevo questa gara perché un’altra persona, una donna dalle capacità straordinarie: Luisa Balsamo (siciliana come noi, anche lei finisher e prima delle donne classificate) avrebbe dovuto correrla.
Avevo deciso di seguire Luisa attraverso internet e così feci fin dal primo minuto di gara.
Con mia grandissima sorpresa mi accorsi che tra i partecipanti c’era anche lui: Massimo Scribano.
Stentavo a crederci, avevo due persone da seguire contemporaneamente, tifavo per entrambi e di continuo seguivo gli aggiornamenti che mi venivano dati attraverso il web. In quei giorni facevo continue considerazioni sulla gara, su percorso, sui tempi, sulle soste che osservavano i miei amici.
Avevo le farfalle allo stomaco quasi fossi io a correre con loro, ma mai e poi mai avrei potuto immaginare quello che entrambi stavano passando. Ho rivisto Massimo domenica scorsa durante la maratonina di Enna. Il nostro lunghissimo e sincero abbraccio la dice lunga su quanto si possono volere bene le persone che con gioia riempiono la nostra vita di “podisti non per caso”.
L’emozione di potermi fare raccontare tutto volevo davvero godermela, ma da li a poco avrei dovuto mettere in moto le mie gambe. “Aspetto che mi scrivi un bel racconto sulla tua gara” gli ho detto, mentre mi concedo malvolentieri.
Massimo, omaccione dal cuore infinito, non mi ha fatto aspettare, nel giro di poche ore ho ricevuto uno straordinario racconto.
Un racconto carico di emozione, di gioia, di sentimenti, di amicizia, di legami indissolubili e di tanta commozione … soprattutto quella che ha fatto vivere a me lungo le sue 80 ore di gara. 80 ore che ho vissuto col cuore in gola, con la paura che potesse accadere un imprevisto ma con una sola convinzione: “Questo ragazzo ce la farà”.
Massimo Scribano vive a Valguarnera Caropepe (Enna) e corre da "libero", non essendo affiliato ad alcun clup podistico.
(Massimo Scribano) Se circa 20 anni fa, con i miei 115 kg di peso, qualcuno mi avesse detto che avrei portato a termine quest'avventura, sorridendo, avrei detto che la cosa sarebbe stata impossibile.... Si, perché all'epoca quello era il mio peso e lo sport che avevo praticavo era solo quelle poche ore di educazione fisica imposte dal calendario scolastico.
Mentre oggi, seduto a questo tavolo, mi accingo a chiamare a raccolta i momenti indimenticabili di questa esperienza che, anche se concretizzata in quasi 80 ore, è il frutto di mesi e mesi di preparazione.
La mia prima corsa fu lunga 10 minuti. Ricordo perfettamente quel momento. Ad ogni passo sentivo tutto il peso del mio corpo e della vita sedentaria sulle ginocchia. Fu allora che dissi: "Basta, non correrò mai più...".
L'indomani quei 10 minuti divennero 15 e poi 20 e così via fino alla prima maratona e, poi, tutte le altre. Passai poi al trail running e agli ultratrail. 50 Km, 100 km sul Monte Bianco, 130 km in Umbria.
Mentre trascorrevano gli anni e accumulavo chilometri di corsa e acciacchi vari, un grande desiderio o meglio un sogno si delineava sempre più: correre nel deserto. A giugno del 2013 accadde una cosa strana... Un blocco totale, un rigetto, un rifiuto a correre.
Un mese circa di fermo assoluto dal quale non riuscivo a tirarmi fuori.
Fu allora che chiesi consiglio al mio amico Tommaso: "Ti è mai capitato? Cosa ne pensi? Secondo te, cosa dovrei fare?"
Tommaso, con la semplicità che lo contraddistingue, mi disse: "Fissa un obiettivo....".
Andai su Internet e ... Trovato!
La gara che faceva per me: TransOmania 300 km No Stop a gennaiao 2014.
Attraversare l'Oman da Nord a Sud, percorrendo 300 km di montagne, canyon e deserto, seimila metri di dislivello positivo complessivo e 6000 negativo... Sentii in quel momento l'adrenalina impadronirsi del mio corpo e una voce, anzi, tante voci urlarmi "pazzoooo!". .
Ma ormai quella era la meta, l'obiettivo: il dado era tratto...
Inizia l'allenamento, quello serio, la preparazione fisica e mentale. La preparazione dell'attrezzatura. Una gara in autosufficienza da correre con circa 10 kg di zaino sulle spalle.
Tutto doveva essere provato e riprovato di giorno e di notte, con il sole e con la pioggia. Tutto pesato e ripesato, cercando di rubare grammi, ove possibile.
Il 25 gennaio 2014 ha avuto inizio l'avventura: destinazione Muscat: mille scali, viaggio interminabile.
Arrivo alle 3.50 di notte.
Alle 12.00 trasferimento al campo base, sulla spiaggia denominata "White beach".
La partenza è prevista per l'indomani sera.
Siamo in 60 corridori e, con noi, c'è la grande macchina organizzativa composta da più di 50 persone con 3 medici, cuochi, autisti, etc, etc...
Mi sento come spaesato: penso al giorno dopo, alla partenza.
Il tempo sembra statico, ma non è così.
Dopo la prima notte in tenda, mi ritrovo ad aver preparato il tutto, effettuato i controlli, ascoltato il breefing pre-gara e, infine, mi sono catapultato alla partenza...
Ore 21:00 si parte! "Non ci posso credere..."
Dopo circa 4 km di corsa pianeggiante inizia il primo tratto impegnativo: "the wall" ("il muro").
I primi 10 km di salita assurda.
Più di 1200 metri di dislivello positivo.
E' un tratto che già delinea i contorni di quella che sarà la gara: molto, molto dura.
Le gambe sono fresche e vado molto bene.
I 10 kg di zaino si fanno sentire tutti.
Alla fine della salita sto bene ma, all'improvviso, dolori allo stomaco mi costringono a rallentare e a fermarmi. "Nooooo!", dopo appena 15 km, non è possibile!
Provo a ripartire, il dolore è forte, vado avanti comunque, mi fermo nuovamente...
"Come posso fare altri 285 km in queste condizioni?".
"No! Non mollo!"
Vedo con gli occhi della mente i volti delle persone care che mi hanno sostenuto in questa impresa, penso a chi mi sta seguendo tramite internet ed è in pena per me vedendomi fermo...
"No! Vado avanti!"
Riparto dunque, molto lentamente, ma riparto.
Incomincio a prendere velocità; si scende, il dolore va via e macino km su km.
Altra salita impegnativa fino a 2.050 mt di altitudine, interminabile ma fatta.
Mi fa compagnia il Sole, sorge insieme a me e mi ritrovo al Punto di controllo 4.
"Bene, ora inizia la discesa" - mi dico.
Beh! Pensavo che fosse una semplice discesa...
Invece mi ritrovo a percorrere 17 km di sassi smossi, taglienti e incandescenti.
E' "Il labirinto", una delle parti più difficili della gara dove, oltre a mettere a dura prova il fisico, mettevi sotto i piedi la tua mente.
Difficilissimo orientarsi, facilissimo sbagliare strada, sotto il sole cocente ogni passo era una possibile caduta.
Ho appena completato il km 64 e già appaiono le prime vesciche ai piedi...
Vado avanti. Esco indenne dal labirinto e approdo all'oasi di Wadi Bani Khalid.
Una piccola pausa, Mangio qualcosa e riparto sotto il sole cocente.
I piedi urlano dal dolore.
Commetto un errore: porto poca acqua con me.
Mi trovo al km 110 e cerco di razionare l'acqua.
Ho tanta sete e il mio viso è incandescente.
Rallento, mi siedo... Riparto...
Ormai non cammino più, barcollo a destra e a sinistra spinto da residui di energia...
"Basta!"
"Non ce la faccio più!"
Mi lascio cadere per terra esausto, sentendomi spacciato ... Chiudo gli occhi, li riapro e appare Chris, un altro corridore.
Si ferma, mi dà una bottiglietta di acqua e... io sono come rinato...
Ripartiamo insieme, a passo spedito e, intanto, si fa buio, quando raggiungiamo il CP6.
Qualche minuto di riposo, il tempo di forare le vesciche e si riparte.
Io, Chris e Matthieu.
Inizia Il deserto: si solleva una polvere strana, molto leggera, l'aria diventa irrespirabile.
Cerchiamo di non stare molto vicini tra di noi per non respirare la polvere sollevata dagli altri.
Dopo circa 4 km, Matthieu sta male, gli viene da vomitare, è bianco in viso.
Lo faccio distendere e chiamiamo aiuto. Aspettiamo i soccorsi che, arrivati, lo portano via.
Nel frattempo ci raggiunge Cristien. Proseguiamo insieme.
Altri 5 km e Christien non riesce più a muoversi. Troppo dolore ai piedi, alle gambe.
La sabbia è ovunque, ed è buio.
Chris va avanti da solo. Mi fermo con Christien e, con il mio Inglese sgangherato, cerco di fargli capire che non può continuare in quelle condizioni.
Lo faccio distendere vicino ad un rudere e, dopo averlo coperto, con il telo di sopravvivenza, chiamo i soccorsi. Non arrivano. È trascorsa un'ora. Siamo fermi presi di freddi.
Non posso aspettare oltre. Devo andare a cercare aiuto.
Inizio a correre più velocemente possibile, cercando di non sbagliare direzione.
È buio, ci sono le dune ed è difficilissimo orientarsi.
Dopo circa 2 ore arrivo dove pensavo fosse il punto di controllo 7. Non lo trovo.
"Cazzo, non è qui! Ma dov'è?"
C'è un villaggio, lo percorro in lungo e in largo cercando aiuto.
Ogni luce mi sembra il punto di controllo.
Dopo un'ora niente. Non riesco a trovarlo.
La mia mente pensa a Christien da solo nel deserto.
Decido di andare avanti e di chiedere aiuto al prossimo punto di controllo.
Esco fuori da villaggio e....era li, cavolo! Trovato!
Riferisco al medico quanto accaduto e, con l'animo sollevato, come se mi fossi tolto un grande peso dalle spalle, proseguo.
Deserto e ancora deserto, interminabile.
Alle prime luci dell'alba arrivo al punto di controllo 8. Sono a metà gara. Mangio del cibo liofilizzato: pasta con funghi. Cambio i calzini, la maglia, sistemo il cibo per il resto della gara.
Il medico aspira una delle vesciche, la più grande, enorme quanto tutto il tallone. Indosso le scarpe e vado. È giorno fa molto caldo ma ho con me l'acqua che mi occorre e sono più tranquillo.
Deserto... Deserto interminabile...
Con me c'è un nuovo compagno d'avventura Guillaume, è molto provato, ha forti dolori ai polpacci, è disidratato.
Mi racconta di aver avuto problemi di stomaco.
Dietro di noi, in lontananza, scorgiamo Chris e decidiamo di aspettarlo e proseguiamo insieme sotto il caldo torrido. E' un continuo sali e scendi sulle dune.
Raggiungiamo il punto di controllo 9 al km 182. Siamo stanchi. Ci riposiamo un po', il tempo di risciacquare e rinfrescare il viso e di mangiare qualcosa.
Mi distendo un po' per riposare.
Inizio a prendere sonno e Guillaume mi sveglia.
Mi dice che Chris è andato avanti e che lui vuole ripartire.
Io ho sonno, vorrei dormire un po', ma facendomi forza, raccolgo le mie cose insieme alle mie energie e mi rimetto in marcia.
Inizia la lunga salita verso il punto di controllo 10.
E' buio, Guillaume è molto stanco. Si ferma ogni 5 minuti e per me, ripartire, rimettere in movimento i piedi ormai pieni di vesciche è un dolore indescrivibile.
Andiamo avanti così finché Guillame mi dice che ha paura...
Con le parole si aggrappa a me nel disperato tentativo di ricever soccorso in quello che da li a poco sarebbe diventato un problema più serio.
Pensa di essere sul punto di diventare pazzo: vede disegnati sulla sabbia, volti di persone che conosce, vede strani disegni e sente di aver perso il controllo della mente.
Si sente come prigioniero dei suoi pensieri che girano con un loop continuo.
Gli faccio capire che può stare tranquillo e che non lo avrei lasciato.
Avremmo completato insieme. Procediamo, si calma. Aumenta il passo e mi distanzia.
Io continuo costante. Ormai vedo la sua lampada a mala pena quando, all'improvviso, lo sento gridare e chiamare il mio nome.
Mi affretto e, mentre mi avvicino, distinguo sempre meglio la sua lampada frontale, ne vedo un'altra che si muove in direzione opposta.
E' Chris con un bastone in mano, anche lui grida e si muove contro Guillaume.
Dice di aver sentito le voci di una ragazza che le parlava in modo strano.
E' terrorizzato, è fuori controllo. Cerco di calmarli.
Perlustriamo la zona, al buio, in cerca di questa ragazza.
Non può darsi pace.
Dopo qualche minuto la situazione ritorna alla normalità, ma è evidente che siamo troppo stanchi e che quasi 200 km senza dormire possono essere letali.
Con una autorità che forse proviene dai miei 43 anni, loro sono dei ragazzini in confronto a me: mi impongo, quasi come fa il papà con i propri figl, dicendo "Dobbiamo dormire!".
E' un ordine, quasi, e mi ascoltano.
Ci fermiamo in pieno deserto.
Ci sistemiamo all'interno dei nostri sacchi a pelo e crolliamo in un sonno profondo che viene interrotto dal passaggio di un fuoristrada dell'organizzazione.
Ci svegliamo e ripartiamo.
Chris è andato via pochi minuti prima, da solo.
Io Guillaume continuiamo con la solita sosta ogni 5 minuti.
Siamo vicini al punto di controllo 10, per il quale mancano 900 metri soltanto, e Guillaume non riesce più a muoversi.
Gli do i miei bastoni e con le parole - tante - cerco di spronarlo ad andare avanti.
Siamo soffocati da una nebbia mista a sabbia che comprime il fascio luminoso delle nostre lampade frontali, riflettendo il loro chiarore contro i nostri occhi.
Si vede a mala pena... 300 metri... 100.
Urla disperatamente quasi a voler dire "Spostate quel cavolo di campo di 100mt, avvicinatelo a me... perché non ce la faccio più..."
Arriviamo al campo, finalmente, e lui, senza neanche mangiare, si infila dentro una tenda e crolla in un sonno profondo.
Io mangio qualcosa: pane e latte condensato...
Che bontà!
Ne approfitto per dormire. Il tempo vola e mi risveglio che è già l'alba.
Sveglio il mio compagno d'avventura e, dopo qualche foto con i ragazzi dell'organizzazione, ripartiamo. Adesso siamo riposati, freschi.
Le vesciche mi fanno un po' meno male.
Procediamo spediti verso il punto di controllo 11.
Dura poco. Guillaume è nuovamente in terra, dolorante.
Si alza il sole, la temperatura è altissima.
Il volto e le ginocchia sono in fiamme dal caldo e i piedi dal dolore.
Avanziamo molto lentamente e questo rende ancora più pesante il viaggio.
Non possiamo continuare così.
Faccio ricorso nuovamente alla mia anzianità e impongo al mio compagno di avventura di fermarsi.
Gli costruisco un riparto dal sole ormai quasi allo Zenith.
Uso i miei bastoni e il telo di sopravvivenza per costruire una tenda.
Creo dei tiranti fissati alle scarpe riempite di sabbia.
Lo faccio distendere e richiedo soccorso.
Rimango da solo, Guillaume viene trasportato al punto di controllo successivo.
Raccolgo la mia tenda improvvisata e mi metto in marcia.
Passo spedito, finalmente! Vado!
I piedi continuano a urlale ma la gioia per aver ripreso il mio passo mi fa da anestetizzante.
Arrivo al Punto di controllo 11, al km 235.
E' una gran festa.
Tutti applaudono, come se avessi già finito e fossi arrivato primo.
Anche Guillaume è felice di vedermi, grida di gioia, mi abbraccia e mi ringrazia per averlo salvato.
Sta meglio, ha mangiato, dormito.
Faccio lo stesso anche io nell'attesa che il sole incominci a calare. Sole le ore 15.00, si riparte: e il mio amico francese vuole rimettersi in marcia con me...
"OK" - gli dico - "Abbiamo qualcosa da completare..."
I primi km vanno via bene e il passo è costante ma, al sopraggiungere del tramonto, Guillaume ripiomba in quello stato di malessere che ci accompagnerà fino alla fine.
Rallentiamo molto, troppo ma andiamo avanti.
Momenti di sconforto e tante parole di conforto..."Motivations" - le chiamiamo così: immaginiamo le pietanze dell'indomani, la colazione a base di pancake e sciroppo d'acero, le uova strapazzate con il bacon...
Punto di controllo 12, ormai è fatta, mancano solo 20 km.
Troviamo disteso Chris, dorme profondamente privo di forze.
Ci raccontano i ragazzi dell'organizzazione che è arrivato come un fantasma ed è crollato.
Dorme da un'oretta e dormirà li per almeno altre 5 ore.
Ha preteso troppo dal proprio fisico e, adesso, il deserto gli ha portato il conto...
Ultima tappa, si riparte... Saranno quasi altre 5 ore interminabili attraverso dune di sabbia morbida e fine con creste alte che, in alcuni casi, venivano superate quasi a carponi.
Ultimi 5 km. La lampada mi abbandona. Uso quella di riserva. Sembrava di fare 2 passi avanti e uno indietro.
Si sente uno strano rumore, costante, che diventa sempre più vicino.
All'inizio indefinito poi...
Sì, sì è proprio il mare! Ce l'ho fatta! Ce l'abbiamo fatta! E' finita!
Mi inginocchio e manca ancora un km.
Mi viene da piangere e non so esattamente se per la felicità o per le sofferenze patite...
Riparto accanto Guillaume.
Mi guarda come fossi un eroe, con lo sguardo scarno di chi ha perso almeno 5 km in questa avventura, a volermi dire semplicemente "grazie".
E' stata un'avventura indimenticabile, dura e intensa.
Non è stata semplicemente una gara ma il modo per mettersi alla prova dal punto di vista fisico e mentale. Mettere alla prova il proprio cuore e le proprie priorità...
Ho conosciuto compagni d'avventura eccezionali: Oliver, Raffaele, Carmelo, Corrado, Ivan, Luisa, Vincenzo, Roberto, Marina, Marta, Paolo e tanti altri.
Ho incontrato gente meravigliosa e speciale: capace di racchiudere in un sorriso o in un gesto tutta la propria ammirazione; capace di trasmetterti forza e coraggio con uno sguardo.
Ma la cosa che, più di ogni altra, mi ha colpito è stata, finita la gara, apprendere quanti dei miei cari, dei miei amici o semplici conoscenti avessero seguito questa mia fatica.
Tanti di loro incollati al PC di giorno e di notte ad immaginarmi a soffrire per me e insieme a me, a gioire. Sono stati loro a rendere speciale la TransOmania 300km.
Senza di loro sarebbe stato come la più gustosa delle pietanze preparata da uno chef bravissimo che, però, ... nessuno mai avrebbe assaggiato.
TransOmania 2014. Alcune immagini sparse (11 photos)
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