Si è svolta, il 14 luglio 2013, la 38^ edizione della Tre Rifugi della Val Pellice, a Bobbio Pellice.
La palermitana Lara La Pera vi ha partecipato assieme ad una piccola delegazione di siciliani, costituita da Roberto Magnisi, Pippo Ruggeri e Michele Ranno.
Ha scritto, ancora caldo, un primo parere, già precedentemente divulgato su questo magazine: "Gara difficilissima ed impegnativa. Abbiamo avuto momenti di panico... La parola d'ordine: umiltà! L'unico obiettivo era arrivare alla fine e abbiamo fatto tempi altissimi. I panorami sono stati mozzafiato, l'organizzazione perfetta, l'accoglienza superlativa. Una gara che ci ha regalato bellisime emozioni e che ci rimarrà nel cuore!"
Ma, subito dopo, ha messo mano alla penna e ha raccontato la sua gara, pur precisando - a mo' di premessa -, che le parole e le frasi possono dare soltanto una pallida idee di emozioni tanto intense.
Ma io credo che Lara sia riuscita perfettamente a trasmettere le sue emozioni, coniungando la descrizione "oggettiva" dei luoghi di una gara diffcile ed impegnativa (con un tipo di difficoltà mai sperimentate prima) e l'evolversi delle sensazioni e degli stati d'animo.
Le gare podistiche impegnative sono come piccoli viaggi nelle geografie esteriori ed interiori e, quindi, come tutti i viaggi/pellegrinaggi ti cambiano la vita e lasciano dentro di te podista/viaggiatore un segno profondo.
Con il suo racconto che proponiamo qui di seguito, Lara ci dà una conferma di questo piccolo assioma.
(Lara La Pera) Nelle ultime 5 settimane con i miei compagni di avventura abbiamo percorso circa 190 km in montagna, sommando quasi 11600 m di dislivello (Pippo un po’ di più, ma lui è Super!), ma in tanta fatica ci sono i profumi delle Madonie, il paesaggio lunare e magnetico dell’Etna, la maestosità delle Dolomiti e la bellezza selvaggia ed incontaminata delle Alpi Piemontesi che lo scorso 14 luglio hanno messo a dura prova i nostri muscoli e il nostro coraggio, ricordandoci che quando si affronta un Trail la prima regola è l’umiltà di fronte alla forza della natura.
La Val Pellice è una zona ancora incontaminata, non ci sono impianti sciistici o strutture alberghiere (a parte rifugi e baite costruiti rigorosamente in pietra di fiume) ed è frequentata solo da escursionisti appassionati di percorsi particolarmente impegnativi.
Gli abitanti della Val Pellice amano e rispettano le loro montagne e hanno fatto in modo da lasciare incontaminata la meravigliosa natura che li circonda (avremmo tanto da imparare da loro!).
L’Ultratrail dei 3 Rifugi della Val Pellice ha una lunga tradizione: quest’anno si è svolta la sua 38^ edizione.
E’ una gara molto amata dagli abitanti della zona: infatti, molti partecipanti provengono dai paesini della Val Pellice e dalla provincia di Torino.
E’ una gara durissima, 54 km e 3818 metri di dislivello positivo e, per questo, fino all’inizio degli anni '80 le donne non potevano parteciparvi!
Poi, come sempre, abbiamo dimostrato di non essere il sesso debole e le prime due donne ammesse alla gara hanno concluso l’intero percorso (che allora era di circa 30 km) ancor prima di tanti atleti uomini.
Gli atleti che corrono la Tre Rifugi, i corridori del cielo, dalla gente del luogo vengono visti come degli eroi. Non importa quanto tempo si impiega a concludere la prova, l’importante è arrivare.
E quest’anno tra i 360 iscritti c’erano quattro coraggiosi siciliani, che sono stati accolti dagli organizzatori come grandi campioni: Pippo Ruggeri, Roberto Magnisi, Michele Ranno e Lara La Pera.
La gara inizia con una salita di 13 km e 1600 m circa di dislivello (da Bobbio Pellice al Colle Barant quota 2370m) dove, chi come me ama le lunghe salite, si diverte!
Dopo pochi chilometri corsi in rigoroso silenzio dietro Roberto senza mai esagerare (la strada era ancora infinitamente lunga), sento una voce a me familiare alle mie spalle: "Forza La Pera, forza Lara….non farti superare….vai vai…adesso mollano….Fai come alla 0-3000 negli ultimi 10 km!”
Appunto, lì erano gli ultimi 10 km, mentre qui siamo ancora all’inizio…
Comunque era Super-Pippo Ruggeri, un vero e proprio mito.
Pippo sprizzava entusiasmo ed energia da tutti i pori e l’ho fatto passare davanti a me sapendo che entro pochi minuti l’avrei perso di vista.
Infatti, l’ho ritrovato al traguardo molte ore dopo, fresco come se avesse fatto solo una passeggiata sul Corso di Taormina!
La prima salita fino al Barant e la prima discesa che ci porta al Rifugio Barbara Lowrie (km 18 e quota 1750 metri) non presentano particolari difficoltà tecniche, poi ci si trova il colle Manzol da scalare: e qui inizia il trail allo stato puro!
“Io sono nata su un’isola…..che ci faccio qui?”.
Questo è quello che ho pensato mentre attaccata ad una corda e con una meravigliosa vallata verde alla mia sinistra (le persone giù erano piccole come formiche…), procedevo verso la vetta di colle Manzol quota 2700 metri, al kmm 23 circa.
Eravamo passati da 2400 metri a 2700 in meno di mezzo km!
E’ stato il momento più difficile della gara, quello in cui mi sono resa conto che per i restanti 31 km avrei dovuto mettere un piede davanti all’altro abbandonando ogni ambizione cronometrica (prima di partire speravo di chiudere la gara tra le 9 e le 10 ore e, poi, ne ho impiegate quasi 11!), perché l’unica grande vittoria sarebbe stata superare quelle meravigliose montagne e tagliare il traguardo.
Sulla cima del Colle c’è un ristoro, i volontari hanno percepito la mia paura che si era trasformata in malessere… capogiri, nausea…
Per incoraggiarmi a non mollare mi riferiscono un messaggio di Roberto che era passato un po’ prima.
Da lì in poi Robi (avendo capito che per noi gente di mare, quella sarebbe stata una gara difficilissima), per incoraggiarmi mi lasciava dei messaggi ai vari ristori.
Dopo la scalata al Manzol, siamo scesi fino al secondo rifugio il Granero e poi al terzo Willy Jerwis, quota 1730 metri, al km 30 circa.
La discesa è molto tecnica, ed è resa ancor più difficile dalla neve.
Poi si risale al Traverso Panoramico: davvero molto panoramico, con circa 400 m di dislivello in meno di 3 km, e quindi si scende al Crosenna.
Ed ecco la prima caduta sul fango sotto gli occhi di due assistenti del percorso.
Mi rialzo con un sorriso smagliante, i ragazzi gentilmente mi chiedono se avessi bisogno di aiuto e mi dicono che giù a valle avevano la macchina e mi avrebbero potuta riportare a Bobbio.
Ritirami……io! impensabile! E, poi, anche se erano passate più di 7 ore, non mi sentivo particolarmente stanca. I volontari mi fanno presente che ci sono ancora discese particolarmente impegnative. Li ringrazio, dicendo loro con ironia che le discese difficili sono la mia specialità e vado avanti.
La gara prosegue tra salite vertiginose dove solo uno stambecco può correre, discese ripidissime, sul fango, sulle pietraie, attraversando ruscelli saltando tra una pietra e l’altra o in equilibrio su due tronchi, boschi, prati punteggiati da migliaia di fiori colorati, mucche al pascolo… e, meraviglia!, ho persino visto uno stambecco.
Quando arriva la nebbia, io ero sola.
Il silenzio della montagna è inesorabile.
Proseguivo ancora più piano per non perdere di vista le tante bandiere rosse e le fettucce che segnavano il percorso (indicazioni sempre perfette), affascinata da quell’ambiente così nuovo per me.
Odori di sottobosco, di salvia, di terra bagnata.
Il silenzio a tratti veniva interrotto o dal suono delle cascate (tantissime lungo il percorso) o dalle campane delle mucche al pascolo.
Sembra difficile crederci, ma ormai mi ero dimenticata di avere un pettorale: mi sentivo come un’esploratrice e essere soli era meraviglioso, qualunque voce umana avrebbe rotto quell’idillio!
Avevo percorso quasi 40 km e stavo affrontando l’ennesima difficile salita, ma quell’ambiente ormai mi aveva ipnotizzata e procedevo senza avere più timore delle difficoltà che avrei potuto incontrare.
Era come se in quei 40 km fossi cresciuta e avessi fatto chissà quanta esperienza!
Lungo la salita ho incontrato parecchi atleti seduti che rifiatavano o cercavano di calmare i loro crampi. Io mi sentivo meglio adesso che 30 km prima!
La nebbia ogni tanto si diradava lasciando spazio ai raggi di sole e concedendo alla mia vista panorami meravigliosi.
Tra sali e scendi si arriva al 45° km, dove un cartello -9 km ci conforta.
La discesa finale è molto impegnativa, soprattutto nei primi 4 km dove fango e pietre fanno da protagoniste.
Il suono delle cascate non mi abbandona.
Poi il bosco, dove mi lancio in una corsa “sfrenata”… ormai non temevo più nulla!
Dopo un'ultima scalinata di pietre si arriva al Monumento Valdese e si entra a Bobbio.
Il mio viaggio stava giungendo al termine.
Correndo tra i vicoletti vedo il gonfiabile rosso, il mio capolinea.
Prendo per mano Carlotta e Matteo, due bimbi speciali che con i loro genitori attendevano quel momento nella piazza di Bobbio Pellice da 10 ore e 48 minuti.
Abbraccio Roberto e Pippo “scusandomi” per il ritardo, condividendo con loro l’immensa felicità che si prova dopo aver superato una prova così dura.
Loro hanno affrontato la gara quasi sempre insieme e sono arrivati due ore prima di me…Pippo come sempre è stato un vero fenomeno.
Dopo qualche minuto taglia il traguardo anche Michele Ranno…
Quattro siciliani con la maglia di Finisher.
Gli organizzatori ci avevano riservato un premio speciale e fanno salire Super Pippo e Roberto sul podio.
Poi i saluti con gli organizzatori e una promessa: ci rivediamo il 13 luglio 2014 perché è un trail troppo bello per non riprovarci.
Questo racconto non può che concludersi con dei ringraziamenti:
- a tutti gli organizzatori della Tre Rifugi per la calorosissima accoglienza, ai tanti volontari lungo il percorso che ci hanno sostenuto con simpatia
- ai proprietari della Baita “C’era un volta il Bessè” nella quale abbiamo trascorso quattro giorni indimenticabili che hanno condiviso con noi l’emozione per questa gara svegliandosi alle 4.30 del mattino, accompagnandoci alla partenza sotto la pioggia e attendendo il nostro arrivo per ore: Marilena, Gabriele e i loro splendidi figli Carlotta e Matteo
- a Cettina Costa, compagna di Pippo, che con tanta dolcezza ci incoraggia e altrettanta pazienza ci aspetta al traguardo per ore ed ore e a fine gara ascolta (sempre per ore ed ore) i nostri racconti.
- all’amico Maurizio Crispi che lo scorso inverno ci ha suggerito di partecipare a questo meraviglioso trail.
Quando tagliamo il traguardo dopo ore che sembrano eterne la fatica è finalmente finita. Ma le belle sensazioni che abbiamo provato e l’esperienza che, passo dopo passo, abbiamo fatto, possono durare una vita.
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