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18 ottobre 2011 2 18 /10 /ottobre /2011 18:34

Belivau attorno al mondo

 

L'hanno definito il nuovo Forrest Gump. Lui, però, non ha corso, ma ha camminato per 11 anni e per 76.600 km. Jean Béliveau, canadese di 56 anni, ha appena terminato il suo viaggio intorno al mondo a piedi. Ha attraversato il globo terrestre a passo d'uomo, giorno dopo giorno, per undici anni, spingendo una carriola con l'attrezzatura da viaggio e con tutto ciò che gli era necessario.

Un'impresa che gli è valsa il riconoscimento dell'UNESCO, per le sue qualtà di importante iniziativa per la pace.

A differenza di Forrest, che non sapeva rispondere a chi gli chiedeva: «Perché corri?», Béliveau ha sempre avuto un punto di partenza e un obiettivo.
Il punto di partenza fu il fallimento, nel 2000, dell'impresa (una fabbrica di lampade al neon) di cui era proprietario: l'intrapresa del viaggio fu una vera e propria fuga dal senso di depressione e dalla crisi esistenziale da cui fu avviluppato subito dopo.
La partenza avvenna il 18 agosto del 2000 e, proprio in questi giorni, è finalmente tornato a casa, avendo mantenuto la parola di compiere il giro del mondo a piedi.
Ma nel frattempo il suo viaggio terapeutico e di rifondazione del Sè si è trasformato in qualcosa d'altro e si è riempito di obiettivo che, all'inizio, erano semplicemente impensabili
Canada, Montréal. Dopo 75.000 km, l'attraversamento di 64 stati e di sei deserti, 53 paia di calzature consumate Jean Beliveau, un 56enne di Montreal, ha riabbracciato la famiglia. 'La cosa che mi è mancata di più in questo tempo? Il caffè al mattino con mia moglie..'.
Con la moglie Luce Archambault, nel corso dell'impresa, s'è incontrato solo una volta all'anno: un appuntamento immancabile, ma - ovviamente - per consentirgli di mantenere la continuità dell'impresa, è stata sempre la moglie a raggiungerlo.
Béliveau, dopo la sua partenza, ha dedicato questa sua solitaria impresa ai bambini sottoposti a violenze e ad abusi, i bambini del mondo chepatiscono stenti, fame e malattie ed è così che la sua camminata solitaria si è trasformata in veicolo di un messaggio di solidarietà e di pace nei confronti dei più deboli attraverso il mondo.
Ha un sapore davvero antico quest'impresa appena conclusa: in qualche modo, rievoca i pellegrinaggi del tempo antico. Non quelli moderni in cui, gran parte del viaggio lo si compie con i mezzi di trasporto moderni e solo una piccola parte della strada a piedi, ma quelli in cui a piedi ci si spostava per migliaia di chilometri sino al luogo devozxionale designato e intanto passava una vita intera, perchè il viaggio conosceva interruzione, rovesci di fortuna, assalti da parte dei predoni e dei pirati quando si andava per mare, malattie e tanti altri intoppi.
Era per questo che, prima di partire si faceva testamento, si raccomandava la propria anima a Dio, ci si congedava da amici e parenti, si lasciavano le proprie cose - lavoro compreso - perchè non si sapeva quando - e se ciò sarebbe mai accsuto - si sarebbe tornati... In ogni caso, c'era la consapevolezza che, se andava tutto bene, il ritorno sarebbe avvenuto solo dopo molti anni... E - senza consapevolezza, allora - c'erà la certezza che il ritorno sarebbe stata la rinascita ad una nuova vita: chi tornava ridipengeva la facciata della propria casa a colori vivaci, o esponeva la Mano di Fatima davanti ala sua porta...
Il pellegrinaggio diventava un forte ed impegnativo percorso di formazione e di santità, perchè in nome dell'idea religiosa di base e del desiderio di salvezza, si abbandonava previamente ogni bene terreno e ogni vincolo e, in umoltà, esponendosi ad ogni sorta di pericolo si attraversava il mondo.
In fondo Bélivau, in maniera sorprendentemente attuale si connette, all'idea antica dei pellegrinaggi: quella di poter poter pensare ad una trasformazione di se stessi e quella, nello stesso tempo, di poter fare di se stessi e del proprio corpo il veicolo di un messaggio che viaggia per l'intero mondo terracqueo.
C'è indubbiamente l'idea che, attraverso la dimensione del viaggio a piedi - gioioso e penitenziale al tepo stesso - passi l'idea del riscatto personale e del mondo, come accade in un bel romanzo pubblicato tempo addietro il cui protagonista fiaccato da una vita di frustrazioni, obeso e fumatore, apprende che la sorella da una vita sofferente di una patologia psichiatrica si è suicidata e giace in un obitorio all'altro capo degli USA, e d'emblée decide di raggiungerla. Inforca una sua vecchia bicicletta e parte per un viaggio lungo e faticoso attraverso gli Stetes: un viaggio che è di recupero delle proprie memorie, ma anche di trasformazione e cura del suo corpo devastato e di riscoperta delle proprie potenzialità, anche affettive e relazionali, assieme ad un'apertura verso la Speranza che mette in fuga definitivamente il cinismo e la disperazione incombente.
In un'altra prospettiva più laica, guardando all'esperienza di Bélivau dal punto di vista relazionale e più specificamente del rapporto con la moglie, si può immaginare una sfasatura temporale legata all'incontro periodico tra i due: la durata della loro relazione in questi undici anni si comprime alla somma dei giorni dei loro undici incontri, probabilmente: e ciò ha reso la percezione della durata, in entrambi, più breve.
Nello stesso tempo, suggestivamente, l'immagine di quest'uomo che se ne va per 11 anni interi e poi, un bel giorno ritorna, fa pensare in qualche misura all'enigmatico Wakefield protagonista di una delle più belle storie di Nathaniel Hathworne.
L'impresa di Béliveau si connette al pensiero e alle opere di Mildred Lisette Nroman, anche conosciuta come Peace Pilgrim (vai a  Passi verso la Pace Interiore ~ Mildred Lisette Norman alias Peace Pilgrim).
Per raccontare la sua impresa e stare in contatto con la famiglia e il resto del mondo durante la sua impresa, Jean Beliveau ha creato un suo sito web Jean Béliveau World Wide Walk for Peace and Children e lo ha peridicamente aggiornato lungo tutto il corso del suo viaggio.
L'impresa di Jean Béliveau è anche su Facebook: wwwalk.org

Quello che segue è un articolo, postato nel web, quando ancora l'impresa di Jean Béliveau era in corso di svolgimento, ma ormai prossimo alla fine.

L’impresa di Jean Béliveau: il giro del mondo a piedi per i bambini

Jean-Beliveau-poses-in-front-of-a-welcome-sign-in-Ontario.jpgJean Béliveau ha fatto il giro del mondo a piedi proprio in nome dei bambini.

Un giorno di luglio 2003, Jean Beliveau si è svegliato in un carcere del Sud Africa, nel quale è entrato, di sua spontanea volontà, per avere un giaciglio e ed un riparo notturno.

Il capo della polizia Swellendam gli ha concesso di fermarsi per la notte, ma ora le guardie del turno di mattina non intendono lasciarlo andare via.

Non intendono stare a sentire le sue pretese di innocenza o la sua bizzarra storia di essere l’uomo che sta cercando di fare il giro del mondo a piedi.

A questo punto Beliveau ha già percorso 21 mila chilometri.

“Non sono un prigioniero”, urla. “Sono il ragazzo canadese che sta facendo il giro del mondo a piedi. Dai, pr favore. Per me è ora di andare. Sono pronto a ripartire”.

Infine, un altro detenuto – un criminale vero – inizia a gridare e le guardie arrivano per vedere che cosa stia succedendo.

Ben presto, gli uomini di legge si scusano con Beliveau e lo lasciano andare per la sua strada. La sua lunga, lunga strada.

Per 11 anni, Beliveau ha camminato attraverso tutto il mondo, cercando di attirare l’attenzione sui bambini che subiscono violenza.

Il suo cammino ha coinciso con una iniziativa delle Nazioni Unite iniziata nel 2000 e si è conclusa il mese scorso, ma, l’uomo, ha ancora gran parte del Canada da attraversare.

Beliveau spinge un passeggino a tre ruote che trasporta poco più di una tenda, sacco a pelo, un kit di primo soccorso, cibo ed un diario.

Niente high-tech o GPS. Solo alcune mappe, e, poi, durante il viaggio, segue i consigli della gente incontrata.

Beliveau_departure.jpgHa percorso 76.000 chilometri, consumato 49 paia di scarpe, attraversato 64 paesi in sei continenti, ha dormito in alberghi, chiese, carceri e case di migliaia di sconosciuti.
Ha ballato e cantato con i bambini in Malesia ed ha incontrato quattro vincitori del Premio Nobel per la pace, tra i quali Nelson Mandela a Durban, in Sud Africa.

Quel breve incontro, nell’ottobre 2003, è stato uno dei momenti più memorabili degli anni che Beliveau trascorso viaggiando a piedi.

“È stato molto breve”, ricorda Beliveau. “Ha detto, ‘Il mondo ha bisogno di persone come voi.’ Sono parole molto grandi, ispirate, che ti danno una buona spinta”.

Beliveau è partito da Montreal. Ha camminato lungo la costa orientale degli Stati Uniti e, poi, l’occidentale del Sud America, è volato in Sud Africa, e da lì ha camminato verso nord lungo la costa orientale del continente, poi verso ovest lungo la parte superiore.

Dopo aver sorvolato la Libia, perchè non riusciva ad ottenere il visto, si è diretto a nord dal Marocco verso l’Europa, raggiungendo l’Inghilterra nel 2006.

Poiché l’inverno si stava avvicinando, ha deciso di non attraversare la Russia e si è diretto verso il Medio Oriente.

Ha attraversato l’India e la Cina e, nell’agosto 2008, la Corea del sud.

Poi, ha raggiunto le Filippine, la Malesia e l’Australia.

Alla fine del 2010, era in Nuova Zelanda ed, ora, in Canada.

Il 30 gennaio, il viaggiatore intrepido è atterrato a Vancouver per completare l’ultima tappa del suo precorso. Sua moglie, che non lo aveva visto da più di un anno, era all’aeroporto, insieme ad un gruppetto di sostenitori.

“È stato incredibile… strano, un po’ surreale”, dice Beliveau dell’incontro. “Questo è un grande, grande momento”.

Beliveau racconta che l’idea del viaggio gli è venuta nel novembre del 1999 mentre camminava attraverso il ponte Jacques Cartier a Montreal. Era in crisi di mezza età ed aveva appena venduto il suo negozio.

Aveva bisogno di un cambiamento. Su una mappa del mondo, ha tracciato una rotta approssimativa e pensava di impiegare, nella sua impresa, una decina di anni.

In seguito, si è allenato camminando, poi correndo.

Così mi è passata la depressione. Avevo un sogno ora, un progetto di vita davanti a me. Non riuscivo a smettere di pensarci”.

La parte più difficile è stata di dirlo a sua moglie, Luce Archambault, che compiva 45 anni dopo un mese dalla partenza.

“Sono stato fortunato, io sono ancora fortunato, di avere Luce”, ha detto. “Lei è quella che continuava a sostenere il ragazzo sulla strada”.

Archambault lo ha aiutato ad organizzare il viaggio da casa, ha costruito un sito web dedicato al camminare e, soprattutto, gli ha fornito, sempre, un supporto emotivo.

I due si sono visti una volta all’anno da quando è iniziata l’impresa, incontrandosi, lungo il percorso, per tre settimane in inverno. Quelle vacanze sono state l’unico riposo per l’uomo. Di media, ha camminato 30 km al giorno.

“Molto può succedere in 10 anni”, dice. È diventato nonno due volte ed ha perso il padre nel 2006, mentre era in Belgio. Ha incontrato la sua prima nipote nello stesso anno durante una riunione di famiglia in Germania, ma deve ancora incontrare il suo secondo nipote.

Beliveau ha un infinito bagaglio di aneddoti edificanti sulla gentilezza degli estranei, le offerte di ospitalità, con vitto ed alloggio.

Ha ricevuto un intervento odontoiatrico in Egitto ed in Australia, un paio di occhiali in India tutto gratuitamente.

Ha anche dovuto affrontare molte sfide, inclusa la sensazione di isolamento che l’ha quasi spinto ad abbandonare il viaggio nel 2004.

Stava passeggiando per l’Etiopia, circondato da bambini, ma non poteva trovare un modo per comunicare.

I bambini potevano imitarlo dicendogli “Ciao”.

Le molte differenze culturali che ha incontrato lungo la strada, e la solitudine, sono diventati troppo pesanti per lui. Lo descrive come un “shock culturale cumulativo” e dice che non poteva andare avanti. “Forse ero proprio arrivato ad un punto di saturazione.”

Ma, una telefonata da Archambault gli ha fatto cambiare idea e lo ha rimesso sulla strada.

Questa esperienza gli è servita come una lezione importante per perseverare nel suo intento nei successivi sette anni.

Questo l’ha anche spinto a cercare di entrare più in contatto con le persone che ha incontrato e per assorbire quanto più possibile della loro cultura. E si è anche sforzato per cercare di imparare le varie lingue.

“Dobbiamo sviluppare un grande senso di tolleranza, apertura mentale, dovremmo imparare dalle altre culture,” spiega.

Beliveau è riuscito ad imparare l’inglese, lo spagnolo ed il portoghese e sa di re ciao, come stai in tantissimi modi diversi. “Che”, dice, “è un grande passo avanti per accostare gli sconosciuti.”

La sicurezza è stato un problema in alcuni posti.

Ha richiesto una scorta della polizia in nove paesi, tra i quali l’Egitto, la Tunisia, il Marocco e la Macedonia.

Nelle Filippine, è stato accompagnato da almeno 30 soldati – tutti con bandoliere di munizioni legate sul petto.

L’uomo si è anche chiesto se fosse giusto accettare le offerte di sicurezza.

“Non so se posso usare la parola vergogna, ma stavo camminando per la pace”, dice. “Immagina la scena: l’uomo che cammina a piedi per la pace, con l’esercito in giro che lo protegge”

Beliveau sta cercando di sensibilizzare sullo stato dei bambini, non vuole raccogliere soldi per una particolare associazione caritativa, anche se alcune organizzazioni, lungo la strada, si sono unite a lui per raccolte di fondi locali.

Il 6 gennaio 2007, ha raggiunto i 40.000 chilometri, circa la lunghezza della circonferenza della Terra all’equatore, mentre si trovava a Rakoczifalva, Ungheria.

E circa 300 persone si sono impegnate a raccogliere fondi di beneficenza per bambini. Un fatto simile si è verificato a Manila, nelle Filippine, ma questa volta erano più di 1.000 persone.

Beliveau e Archambault hanno creato la Fondazione WWWalk in modo da poter continuare a lavorare per i bambini di tutto il mondo alla fine dell’impresa.

La fine del viaggio è prevista verso la metà di questo mese.

Ricordando le sue prime settimane a piedi attraverso gli Stati Uniti, Beliveau dice che non aveva programmato abbastanza che cosa doveva fare.

Ma, poi, non c’è voluto molto per entrare nel ritmo del cambiamento costante. “Chiunque considerando una simile avventura dovrebbe sapere che il primo passo è il più difficile. Basta andare, muovere i primi passi. Tu costruisci la tua strada sulla strada”.


 

 

L'impresa di Béliveau è stata racconta in un film "Wing on his heels", un lungotraggio di 52 minuti, realizzato quando già stava attraversando il Canada.

 


 

 

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  • : Ultramaratone, maratone e dintorni
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  • Mi chiamo Maurizio Crispi. Sono un runner con oltre 200 tra maratone e ultra: ancora praticante per leisure, non gareggio più. Da giornalista pubblicista, oltre ad alimentare questa pagina collaboro anche con altre testate non solo sportive.
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Etnatrail 2013 - si svolgerà il 4 agosto 2013


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Il perchè di questo titolo

DSC04695.jpegPerchè ho dato alla mia pagina questo titolo?

Volevo mettere assieme deio temi diversi eppure affini: prioritariamente le ultramaratone (l'interesse per le quali porta con sè ad un interesse altrettanto grande per imprese di endurance di altro tipo, riguardanti per esempio il nuoto o le camminate prolungate), in secondo luogo le maratone.

Ma poi ho pensato che non si poteva prescindere dal dare altri riferimenti come il podismo su altre distanze, il trail e l'ultratrail, ma anche a tutto ciò che fa da "alone" allo sport agonistico e che lo sostanzia: cioè, ho sentito l'esigenza di dare spazio a tutto ciò che fa parte di un approccio soft alle pratiche sportive di lunga durata, facendoci rientrare anche il camminare lento e la pratica della bici sostenibile. Secondo me, non c'è possibilità di uno sport agonistico che esprima grandi campioni, se non c'è a fare da contorno una pratica delle sue diverse forme diffusa e sostenibile. 

Nei "dintorni" della mia testata c'è dunque un po' di tutto questo: insomma, tutto il resto.

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Come nasce questa pagina?

DSC04709.jpeg_R.jpegL'idea motrice di questo nuovo web site è scaturita da una pagina Facebook che ho creato, con titolo simile ("Ultramaratone, maratone e dintorni"), avviata dall'ottobre 2010, con il proposito di dare spazio e visibilità  ad una serie di materiali sul podismo agonistico e non, ma anche su altri sport, che mi pervenivano dalle fonti più disparate e nello stesso tempo per avere un "contenitore" per i numerosi servizi fotografici che mi capitava di realizzare.

La pagina ha avuto un notevole successo, essendo di accesso libero per tutti: dalla data di creazione ad oggi, sono stati più di 64.000 i contatti e le visite.

L'unico limite di quella pagina era nel fatto che i suoi contenuti non vengono indicizzati su Google e in altri motori di ricerca e che, di conseguenza, non risultava agevole la ricerca degli articoli sinora pubblicati (circa 340 alla data - metà aprile 2011 circa - in cui ho dato vita a Ultrasport Maratone e dintorni).

Ho tuttavia lasciato attiva la pagina FB come contenitore dei link degli articoli pubblicati su questa pagina web e come luogo in cui continuerò ad aprire le gallerie fotografiche relative agli eventi sportivi - non solo podistici - che mi trovo a seguire.

L'idea, in ogni caso, è quella di dare massimo spazio e visibilità non solo ad eventi di sport agonistico ma anche a quelli di sport "sostenibile" e non competitivo...

Il mio curriculum: sport e non solo

 

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