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23 luglio 2012 1 23 /07 /luglio /2012 10:42
nati-per-correre.jpgIl giornalista britannico Adharanand Finn, collaboratore per numerose testate come The Indipendent,Runner's World UK e The Guardian, è anche un runner appassionato e ha coltivato un sogno: quello di allenarsi e correre con i Kenyani nei loro luoghi.
E' stato così che, per realizzare questo sogno, assieme a tutta la famiglia (moglie e due figli) si è trasferito in Kenya per prendere casa negli altopiani, rimanendo lì per sei mesi interi e condividendo sue giornate sia con i campioni in erba sia con campioni già affermati.
Non si è limitato ad osservare la fabbbrica dei campioni di Eldoret e dintorni, ma ha preso ad allenarsi lui stesso, con rinnovata assiduità, con un obiettivo specifico: al termine della sua permanenza in Kenya, correre una maratona (la scelta è caduta sulla Maratona di New York), con un crono inferiore alle 3 ore (considerando che, sino a quel momento, il muro delle 3 ore era risultato per lui invalicabile). 

Dalla sua esperienza di osservazione "partecipante" è scaturito un bellissimo libro che si legge con passione e tutto d'un fiato: e anche il lettore non praticante del running potrà trovarvi motivi di interessse.
Il titolo italiano (Nati per correre) si discosta da quello originale inglese che era "Running with Kenyans":  ma il titolo originale inglese viene ripreso ed ampliato nel sottotitolo che fa: "La mia avventura in Kenya per scoprire i segreti degli uomini più veloci del mondo" (Sperling&Kupfer, 2012). 
Come si legge dal capitolo che fa da epilogo, l'obiettivo che Finn si è posto sarà raggiunto, con un netto abbatimento dei suoi personal best precedenti nei 10.000 metri, nella Mezza e nella Maratona.
Dunque, la conclusione è che la "fabbrica dei campioni" ha funzionato anche lui.
Ma il senso del libro va ben al di là del racconto di come Finn sia riuscito ad abbattere i suoi limiti della corsa: il suo racconto ci trasmette la meraviglia di essere in questi luoghi e a stretto contatto con questi individui che sia per dotazione genetica sia per abitudini di vita sembrano essere proprio "nati  per correre".
Adharanand-Finn-watches-t-007.jpgDal risguardo di copertina. Lewa, Kenya: una riserva protetta, fatta di strade sterrate, paesaggi straordinari e animali in libertà; a 1.676 metri, in un clima infuocato tra gazzelle e leoni, si svolge una delle maratone più spettacolari al mondo, che attira corridori e turisti da ogni parte del globo.
Partecipare a questo evento è il sogno di Adharanand Finn, giornalista-runner che decide di trasferirsi nel cuore del Kenya per sei mesi, allenarsi per i 42 chilometri più importanti e duri della sua vita e... carpire i segreti dei leggendari e invincibili campioni keniani.
Insieme con la moglie e i figli si reca a Iten, un piccolo centro noto per essere la "fabbrica dei corridori"; qui, dove gli atleti invadono le strade e impediscono alle macchine di passare, entra in contatto con un ex campione di maratona e inizia la sua avventura sportiva tra usanze misteriose e lunghe ore di preparazione.
Nel Paese degli elefanti mangerà solo il cibo locale, dormirà nei campi d'allenamento, intervisterà i grandi allenatori. Tra un fartlek (l'alternare un minuto di corsa veloce a uno di jogging) e il correre a piedi nudi, tra bevande inimmaginabili e alimenti dal potere rigenerante,
Adharanand riuscirà a capire ciò che studiosi e ricercatori venuti da tutto il pianeta non hanno ancora scientificamente compreso: il segreto degli uomini più veloci al mondo.

 

 

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11 luglio 2012 3 11 /07 /luglio /2012 12:32

ebbrezza-del-camminare.jpgEsce nelle librerie per i tipi di Ediciclo, il volumetto di Emeric Fisset, L'ebbrezza del camminare. Piccolo manifesto del viaggio a piedi (2012).
E' un piccolo e prezioso libro che stabilisce alcuni principi su cui si fondano il viaggio a piedi, l'etica del camminare, ma soprattutto il loro potere euristico e di strumento per la ricerca interiore e trascendente.

Nell'epoca in cui vanno di moda le forme di viaggio rapide e facili, perché l'andare a piedi resta un modo privilegiato di relazionarsi con il mondo?
Perché permette una più intensa sottigliezza dello sguardo sulla natura e una più grande disponibilità verso gli altri?
Quali sono i luoghi del pensiero ai quali accede il camminatore di lungo corso?
Grazie alla diversità dei terreni e del clima che egli affronta, al rapporto specifico che intesse con i luoghi che attraversa, il viaggiatore a piedi prova scoperte e sensazioni particolari, intimamente legate all'ascesi e alla semplicità della propria vita nomade: l'incontro umano, che il cammino rende più sincero, il confronto con la fauna selvaggia, che l'andare a piedi consente di avvicinare meglio, un ritorno meditativo su di sé infine, sono le ricompense per chi fa lo sforzo di camminare liberamente e di prendere il suo tempo.
‎"Non temere niente, né l'abbandono dei tuoi né quello della tua vita di oggi, né ciò che ti riservano i futuri giorni di cammino. Prendi lo zaino e traccia la tua strada, anche per un giorno, una settimana, un mese o una vita. Così, quando la pioggia del cielo diventerà per te dolce come l'acqua di sorgente, il rumore del temporale prezioso come il rimbombo delle cascate, quando la danza delle fioriture e delle stagioni ti porterà via, quando il caldo e il freddo ti saranno indifferenti, quando invocherai la brezza o l'harmattan perché ti diano il gusto dell'andare oltre, quando desidererai la neve perché ti faccia ritrovare il desiderio di purezza e i deserti perché affinino la tua essenzialità, conoscerai l'ebbrezza del camminare, un'ebbrezza che non fa mai male, un'ebbrezza che non finisce"

Emeric Fisset, L'ebbrezza del camminare. Piccolo manifesto del viaggio a piedi, Ediciclo, 2012

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22 maggio 2012 2 22 /05 /maggio /2012 09:05

insistenibile-leggerezza-della-bicicletta--1-.jpgE' uscito nelle librerie dal 17 maggio 2012, il volume di Claudio Marthaler, L'insostenibile leggerezza della bicicletta (Ediciclo, 2012): si tratta di un libro di memorie e ricordi di una vita in bicicletta e di incontri con personaggi che con la bici hanno lasciato un segno o per un'impresa o per uno stile di vita

Sinossi del volume. C'è chi sogna una bici galleggiante, una casa a pedali, una bicicletta leggera che voli nell'aria; c'è chi monta in sella e non torna più, come Heinz Stücke, ormai una leggenda vivente per tutti i cicloviaggiatori; c'è chi partorisce pedalando, e fermandosi dove sente il richiamo della natura; c'è chi fa della bici la sua salvezza, adattandola alla propria invalidità; c'è chi viaggia con tutta la famiglia, per un'esperienza totale e una scuola di vita; c'è chi guarda il mondo attraverso i raggi, fotografandolo o raccontandolo pedalando; c'è chi mena i pedali per lavorare, nel traffico caotico del Cairo, di Città del Messico, o spingendo a fatica nell'aria rarefatta del Tibet... Il mondo della bicicletta è fatto di esploratori, sognatori, lavoratori, non soltanto di sportivi e insostenibile-leggerezza-della-biciclettA.jpg"fissati" preoccupati solo di lucidare il mezzo, di migliorare le proprie prestazioni. Claude Marthaler, ciclonauta svizzero che ha al suo attivo un giro del mondo e tanti viaggi ed esperienze a pedali, ci racconta i personaggi che ha incontrato durante il suo errare a due ruote, alle prese con l'insostenibile leggerezza della bicicletta.

Dicono di lui:

"Claude ha l'anima di uno per cui la meta non esiste, come una stella filante. Va, e si sente a casa nel mondo." (Emilio Rigatti)

Avventuriero ed ecologista globale: un esploratore del nuovo millennio. (Style, Il Corriere della Sera)

Marthaler racconta la leggerezza dell’andare (Il Sole 24 ORE)

Ha un’incredibile energia nelle proprie gambe e nello spirito (Trekking Italia) 

Marthaler è stato in Italia per una mini tournée di presentazione del suo volume, nella prima decade di maggio.


 

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21 maggio 2012 1 21 /05 /maggio /2012 19:29

Simone-Grassi.jpgE' uscito di recente, in formato ebook, Lo Zen, la Corsa e l'Arte di Vivere con il Cancro di Simone Grassi nel quale si intrecciano una vicenda autobiografica con le maratone corse fra New York, Reggio Emilia, Vienna e Las Vegas, con cross-country irlandesi fino ad arrivare alla Strasimeno e la 100 km del Passatore.

La narrazione autobiografica si collega con la pratica del running nel modo in cui l'Autore si rende conto che da essa ha ricevuto la forza per affrontare le vicissitudini della vita con maggiore resistenza. Il tutto è intrecciato con un racconto di fiction che corre parallelo. Chi ha voglia di scoprire questo libro, lo trova su Amazon.it in formato ebook e da qui è possibile anche leggerne gratuitamente tre capitoli prima di decidere se acquistarlo o meno.
Simone Grassi è su Facebook

Sinossi (quarta di copertina) "...Ma in quel camminare lento nella piazza, aiutato dal bastone e bloccato da un collare, anche una nuova consapevolezza. Sapevo che correre aveva un senso, e non solo per stare in forma. Ebbene sì, la sensazione che ci fosse un motivo non chiaro che mi dava una delle motivazioni per portare avanti questa continua sfida nella corsa, era ora più nitida. I mesi di battaglia contro un ostacolo nuovo e la-corsa--lo-zen-e-il-cancro-copia-1.jpginaspettato li avevo affrontati con la stessa forza di volontà del podista che corre da stanco, con la stessa dedizione di chi prepara una gara lunga con tanti allenamenti sotto la pioggia, al caldo, al freddo, quando stare sul divano sarebbe stato tanto più facile, ma in qualche modo sbagliato. Sapendo che non ci saranno né premi né gloria, lo si fa e basta. E infine con lo stesso sorriso sulle labbra di chi sa che chi ci sta attorno non se ne frega, ci applaude se arriviamo primi o ultimi, ci urla di non mollare perché tutti dobbiamo arrivare in fondo, e poco importa quanto ci metteremo."

La parte autobiografica vede protagonista Simone Grassi, l'autore, che a 38 anni da podista forte e sano che aveva appena debuttato nella più nota 100 km su strada d'Italia (la 100 km del passatore da Firenze a Faenza) si sveglia ammalato di cancro con una diagnosi infausta. La parte autobiografica è costituita da un filo più o meno cronologico che copre il primo anno da paziente oncologico. A questo viene alternata una serie non cronologica di momenti vissuti nei suoi allenamenti e gare nei 6 anni da podista. Fra questi, la partecipazione a numerose maratone e ultramaratone che lo hanno portato a tentare di correre una maratona in due ore e trenta minuti per poi sperimentare cosa vuol dire correre 100 km in poco più di 8 ore.
Sarà il constatare la nuova vita e dimensione da malato insieme alle sensazioni di forza derivanti dalla pratica del podismo di lunga distanza a permettere un percorso mentale e spirituale che ha consentito di affrontare la situazione con spirito positivo tramutando un malattia grave in un'opportunità di crescita interiore.
Il libro si completa con un racconto, una storia di fantascienza che racconta la vita di Sigi, alter ego dell'autore. Storia solo apparentemente slegata dal resto del libro al quale correre parallela per tutto il testo, completandolo in una formula originale e armoniosa.

 

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26 aprile 2012 4 26 /04 /aprile /2012 14:57

la-corsa-non-finisce-mai_cop_prima.jpgEsce con la casa editrice Limina un volume di ricordi e aneddoti di Pietro Mennea, nella forma d'una lunga intervista (suddivisa in numerosi capitoli) resa al giornalista Daniele Menarini, condirettore di "Correre". In questo libro, dal titolo "La corsa non finisce mai", il Campione Olimpionico di Mosca '80 ed ex Recordman del Mondo sui 200 metri piani (ma tuttora detentore del Record europeo), racconta la sua vita, quella leggendaria sulle piste d'atletica e quella per certi versi ancora più significativa trascorsa fino ad oggi tra l'Università, come studente prima (quattro lauree) e come docente tuttora, al Parlamento Europeo (una Legislatura), nell'ambito della Professione di Avvocato e Dottore Commercialista e nell'impegno filantropico in qualità di co-Fondatore e Presidente della Fondazione che porta il suo nome.
Il volume è interessante e ricco, perchè - come sa bene chi ha avuto la fortuna di ascoltare direttamente Pietro Mennea durante uno dei suoi numerosi interventi pubblici - è un personaggio che ha tanto da raccontare, in termini di storie ed aneddoti, con una apertura di grande profondità sul senso della vita e sull'impegno che ciascuno deve cercare di profondervi nel corso della sua esistenza.
Il titolo è evocativo di uno dei pilastri portanti della filosofia di vita di Pietro Mennea, di quella filosofia che lui stesso ha operosamente applicato nel corso della sua essitenza da sportivo e da uomo: anche quando si finisce con l'essere praticanti di una qualsivoglia attività sportiva, quella tensione applicata agli obiettivi dello sport deve permanere ed essere indirizzata, perchè rimangono ancora molti traguardi da raggiungere.

Pubblicato nella Collana Storie e Miti per Lìmina, il libro è anche prenotabile tramite email (ilrecord1972@gmail.com).

pietro-mennea.jpgSintesi del volume. Carattere forte, introverso, ostinato, Mennea deve i suoi successi sportivi, oltre che allo straordinario talento innato, al lavoro duro e alla tenacia ferrea di un allenamento costante e quotidiano, che gli consentivano di fronteggiare atleti più potenti e "modellati", lui ragazzo dal fisico mingherlino. In quel periodo magnifico, agli appuntamenti importanti, lui c'era sempre. Oro ai Giochi del Mediterraneo del 1971, nel 1972 partecipò alle Olimpiadi di Monaco dove vinse il bronzo nei 200 metri. Ai Campionati europei di Roma del 1974 arrivò davanti a tutti nei 200 metri e nella staffetta 4x100. Agli Europei del 1978 a Praga nei 100 e nei 200 metri. Quest'ultima era la sua specialità preferita, dove poteva far emergere la sua accelerazione nel finale, la sua velocità di punta, impossibile. Nel 1979 a Città del Messico, durante le Universiadi, con 19"72, realizzò il record del mondo nei 200 metri, primato che resisterà fino al 1996. Poi, nel 1980, l'oro olimpico di Mosca: sul filo del rasoio dopo una rimonta prodigiosa. Il 22 marzo 1983 stabilì anche il primato mondiale dei 150 metri piani, con 14"8, che resiste tutt'oggi. Uno dei più grandi atleti del nostro sport, resta anche uno dei più amati, oltre che per le eccezionali imprese, per il coraggio e l'impegno incrollabile: "Esiste un solo modo per sapere se si fallirà o si vincerà: provarci".

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18 aprile 2012 3 18 /04 /aprile /2012 17:12

la-mia-bici-va-a-potassio.jpgE' uscito per i tipi di Ediciclo il volume diaristico "La mia bici va a potassio. Milano-Roma a due banane all'ora" (2012) scritto da Albano Marcarini, scrittore e ciclista e straordinario resoconto di un viaggio in bici no-stop da Milano a Roma.
Così racconta l'autore: «La voglia mi è venuta mentre pedalavo con altri ventitré 
compagni “di strada” per complessivi 766,1 chilometri da Milano a Roma. Sono rimasto in sella per 32 ore e 10 minuti a una media di 23,85 km/h e ho avuto tutto il tempo per guardarmi attorno, meditare e trarre delle conclusioni “scritte” sul paesaggio, sul modo di andare in bici, sulle strade, sul movimento che poi, alla fine, è quel grande gesto che ci spinge alla conoscenza del mondo esteriore»

Sintesi. Per percorrere quasi ottocento chilometri a colpi di pedali a una media di 24 chilometri all'ora è necessaria una dieta particolare? Lo scrittore-ciclista Marcarini ne ha scelto una a base di potassio, consumando due banane l'ora per reggere la fatica delle numerose tappe che hanno cadenzato i 766 chilometri che separano Milano dalla Capitale. "La mia bici va a potassio" è il racconto del viaggio avventuroso della Carovana Ciclistica Milano-Roma organizzata dal Touring Club Italiano per rievocare la Prima Passeggiata Ciclistica del TCI nel 1895 sulla stessa distanza, ma è anche una struggente dichiarazione d'amore verso il paesaggio italiano visto attraverso gli occhi di un amante della mobilità dolce: dai borghi secolari nascosti nel cuore della nostra penisola ai vecchi passaggi a livello sopravvissuti, dagli antichi tracciati delle strade romane alle moderne rotonde.
Leggendolo scoprirete perché la Pianura padana è il più grande velodromo esistente in Italia, perché non è vero che tutte le strade portano a Roma, e perché il mondo, visto ad altezza di sellino, regali prospettive inedite ed emozionanti e sia in grado di raccontare, a ogni giro di pedale, nuove storie e aneddoti di vita.

Il book trailer

 


 

 

Cliccare qui per leggere le prime pagine del libro

 

Ediciclo e Albano Marcarini presenteranno La mia bici va a potassio secondo questo programma itinerante 

- giovedì 19 aprile a Milano, Rossignoli Bike Shop, corso Garibaldi 71, ore 18;

- sabato 28 aprile a Lodi, Sala Granata, via Fanfulla 3, ore 21;

- domenica 6 maggio a Bellano, Palasole, ore 11;

- mercoledì 9 maggio a Verona, Libreria Feltrinelli, ore 18;

- sabato 12 maggio a Erba (CO), Libreria di Via Volta, ore 18;

- giovedì 17 maggio a Milano, Libreria Popolare, via Tadino, ore 19.30;

- sabato 19 maggio a Lecco, Libreria Mondadori, ore 17.30;

- sabato 26 maggio a Milano, Museo Diocesano 'Chiostri in Fiera', corso di Porta Ticinese 95, ore 18.


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7 aprile 2012 6 07 /04 /aprile /2012 15:50

Usain-Bolt-Questo-sono-io.jpgE' uscito nelle librerie il 28 febbraio la biografia che racconta la vita di Usain Bolt, il "dio della velocità" e il volume (Usain Bolt, Questo sono io, Dalai, 2012) ha avuto una sua anticipazione nelle pagine di La Repubblica. Dentro c'è tutto, le sue grandezze e le sue debolezze, dall’infanzia in Giamaica alle prime fidanzate, dalle feste agli ori passando per gli incidenti d’auto. Con un progetto incredibile per Londra: “Oltre non potrete più andare”.
Il privilegio, ma anche la condanna. Il dio della velocià deve sempre fare miracoli «La gente mi chiede: fai i Lampo». La fama ti rincorre. Non puoi ritirarti da te stesso se sei l’uomo più veloce del mondo Usain Bolt lo è dal 2008: 9″58 su 100 metri, 19″19 sui 200.
Ora racconta nell’autobiografia: «Questo sono io». E per il futuro promette: «Posso scendere a 9″40 e sotto i 19″, ma oltre il corpo umano non potrà andare».
Insomma, non avrai altro dio, fuori di me.
Nel libro ci sono le sue debolezze. E anche la sua prima volta.

(Beatrice Pagan, www.newnotizie.it) Grande atleta - Usain Bolt si racconta per la prima volta in un'autobiografia intitolata Questo sono io (Baldini & Castoldi, 186 pagine), in vendita a partire dal 28 febbraio.Il libro - Il velocista giamacaino, che sarà in Italia il 31 maggio per partecipare al Compeed Golden Gala allo stadio Olimpico di Roma, racconta in Questo sono io la sua vita, fin da quando ha iniziato a scoprire di essere in grado di correre più veloce di tutti giocando a calcio o cricket. Tra le pagine Bolt porta il lettore a scoprire il percorso che lo ha condotto a stabilire i record del mondo sui 100 e 200 metri, vincere le Olimpiadi di Pechino e diventare così una delle stelle dell'atletica mondiale. Questo sono io rivela anche il lato più privato del corridore venticinquenne: la sua famiglia, gli amici, i momenti difficili, i sacrifici e il tentativo di mantenere una vita il più possibile normale tra feste, musica dancehall e la passione per le auto sportive, come tanti suoi coetanei.
bolt.jpgLa vita - Usain Bolt è nato a  Trelawny, Giamaica, il 21 agosto 1986 e il suo talento per la corsa è stato notato dall'allenatore di cricket della William Knibb Memorial High School, ottenendo le prime vittorie nei campionati scolastici nel 2001. L'anno successivo Usain conquista la medaglia d'oro ai Mondiali juniores di Kingston, e l'anno successivo i Campionati del mondo allievi.
Nel 2004 Bolt ha iniziato la sua carriera come professionista guidato dall'allenatore Fitz Coleman, stabilendo il primato mondiale juniores sulla distanza di 200 metri. Dopo tre anni costellati di successi, ma anche di infortuni, il 2008 è stato l'anno della consacrazione definitiva per il velocista giamaicano con la doppia vittoria sui 100 e 200 metri ai Giochi Olimpici di Pechino (dove conquisterà una medaglia anche grazie alla staffetta) e i primati mondiali.

Sinossi (dal risguardo di copertina)La storia dell'uomo più veloce del mondo raccontata dalla sua viva voce. Dalle partite a calcio e cricket sotto il caldo sole giamaicano alla scoperta che quel ragazzino smilzo poteva correre veloce, molto veloce. Dalla doppietta olimpica (100 e 200 metri) di Pechino 2008 agli incredibili, e apparentemente imbattibili, record del mondo nelle due specialità. Ma quella di Usain Bolt, l'uomo più atteso delle Olimpiadi di Londra 2012, non è solo una storia sportiva: ci sono anche la sua famiglia e i suoi amici, le feste, il cibo-spazzatura, la musica dancehall e le auto veloci. Perché Usain Bolt non è solo un superman: è anche e soprattutto un ragazzo di 25 anni che vuole vincere senza rinunciare a vivere.

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22 marzo 2012 4 22 /03 /marzo /2012 18:40

Francigena_1400000-passi_Mari.jpg1.400.000 passi lungo la Via Francigena (Giuliano Mari, Emmebì, 2011) è un testo ricco di annotazioni, spigliate e argute, su uno spaccato dell’Italia di oggi. L'autore, mentre percorre la via francigena, posa un occhio vivo, poetico e ironico che vede quello che non si vede dal treno o dall’automobile. 
“Questa camminata è stata per me un atto d’amore verso il Bel Paese e la gente meravigliosa che lo abita e da questa esperienza è nato il resoconto di questo viaggio: 1.400.000 passi sulla via Francigena. L’antico tracciato percorso dai pellegrini, che nel Medioevo scendevano a Roma dal nord Europa per rendere omaggio alla tomba di San Pietro.L'arcivescovo di Canterbury Sigerico, intorno all’anno 1.000, fu il primo a redigere un diario elencando le tappe del suo cammino di ritorno da Roma fino a Canterbury. L’intero percorso da Canterbury a Roma è lungo 1.700 chilometri” (Giuliano Mari).
Il tratto italiano inizia dall’Ospizio del Gran San Bernardo a 2.473 metri, sulle Alpi Svizzere, e arriva a Roma dopo avere attraversato la Valle d’Aosta, il Piemonte, la Lombardia, l’Emilia, la Liguria, la Toscana e finalmente il Lazio per un totale di 974 chilometri. L’intero percorso ha richiesto 39 giorni per essere completato, con tappe giornaliere mediamente di 25 chilometri. 1.400.000 passi sulla via Francigena è il diario di questo viaggio, e racchiude in sé il racconto di tante piccole storie, di cose successe durante i quaranta giorni di questa meravigliosa avventura.

Alcuni dei luoghi attraversati dall’autore: 

  • Ospizio Gran San Bernardo (Svizzera), Echevennoz (AO),
  • Aosta (AO), Chatillon (AO), Saint Vincent (AO), Verrei (AO),
  • Point Saint Martin (AO), Ivrea (TO), Santhià (VC), Vercelli (VC),
  • Palestro (PV), Robbio (PV), Mortara (PV), Garlasco (PV),
  • Groppello Cairoli (PV), Pavia (PV), Belgioioso (PV), Piacenza (PC),
  • Montale (PC), Fiorenzuola D’Arda (PC), Fidenza (PR),
  • Costamezzana (PR), Medesano (PR), Fornovo (PR), Terenzo (PR),
  • Berceto (PR), Pontremoli (MS),Villafranca di Lunigiana (MS),
  • Aulla (MS), Sarzana (SP), Massa (MS), Pietrasanta (LU), Camaiore (LU),
  • Lucca (LU), Capannori (LU), Porcari (LU), Altopascio (LU),
  • Ponte a Cappiano (FI), Fucecchio (FI), Gambassi Terme (FI),
  • San Miniato (PI), San Gimignano (SI), Colle val d’Elsa (SI),
  • Monteriggioni (SI), Siena (SI), Isola d’Arbia (SI), Quinciano (SI),
  • Ponte D’Arbia (SI), Buonconvento (SI), San Quirico d’Orcia (SI),
  • Bagno Vignoni (SI), Radicofani (SI), Acquapendente (VT),
  • Bolsena (VT), Montefiascone (VT), Viterbo (VT), Vetralla (VT),
  • Capranica (VT), Sutri (VT), Campagnano di Roma (RM),
  • Formello (RM), Roma (RM).

Quella che segue è la recensione di Luca Gianotti (per La Compagnia dei Cammini). Ogni volta che mi appresto a leggere un diario di viaggio di un cammino come Santiago e la Francigena sono preoccupato. Ne ho letti e recensiti tanti, in questi anni. La mia preoccupazione è: troverò qualcosa di interessante, o saranno cose già lette?
Prendiamo il caso del libro di cui sto per parlare: il titolo non invoglia, la copertina neanche, le motivazioni dell’autore a mettersi in cammino non sono certo devozionali: “Io ho deciso di camminare sulla via Francigena per due semplici motivi: amo camminare e amo la mia terra”.
Ma poi la magia del cammino rende interessanti, almeno per noi camminatori, tutti i diari di viaggio. In ognuno ritrovo lo spirito del cammino, i gesti che i camminatori conoscono bene, situazioni su cui riflettere.

Anche questo diario di Giuliano Mari è così. Mari evolve in cammino, come succede a tutti. Il numero dei passi, dei chilometri e del cibo perdono pian piano di importanza, e viene fuori l’interiore.
Alla fine, ecco le riflessioni dell’autore che racchiudono il successo del suo viaggio: Il cammino è forte, più forte di te e di qualsiasi uomo. Se si affronta con la forza non si hanno speranze di arrivare alla meta, il sogno finisce miseramente da qualche parte sulla strada ed è inutile cercare all’esterno alibi per il fallimento. Il cammino deve essere percorso con gli stessi tempi antichi di chi lo percorreva mille anni fa. Deve essere inteso non come il mezzo per arrivare, ma il fine stesso dell’azione. In questo modo, mentre noi andiamo sulla strada, il cammino entra in noi e diventa un amico fedele, un compagno di viaggio affidabile. La sua forza diventa la nostra forza, e allora più si cammina e meglio si sta”.

Giuliano Mari – “1.400.000 passi sulla Via Francigena”, Emmebi Editore, 2011 - 16 euro

 

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20 marzo 2012 2 20 /03 /marzo /2012 02:12

IlSognoDelMaratoneta.jpgNel  "Il sogno del maratoneta" si ripercorrono le tappe della vita sportiva del carpigiano Dorando Pietri che, proprio a causa della sua storica squalifica ha scritto una pagina memorabile ed indelebile negli annali della storia della maratona moderna. 
 La fiction per la regia di Leone Pompucci è andata in onda in onda su Rai Uno tra il il 18 e il 19 marzo 2012, in foma di miniserie in due puntate. E' il racconto delle vicende podistiche di Dorando Pietri, il "mitico" maratoneta iscritto nella storia e nella mitografia della maratona, per essere stato il vincitore morale della maratona dei giochi olimpici di Londra nel 1908, pur essendo stato squalificato. Il ruolo di Dorando Pietri è stato affidato all'attore siciliano Luigi Lo Cascio che per l'occasione, essendo richiesta una credibilità performativa, è stato preparato dal coach Aldo Siragusa, palermitano. 
La fiction è stata ridotta a partire dal romanzo  “Il Sogno del Maratoneta. Il romanzo di Dorando Pietri” di Giuseppe Pederiali (Garzanti, 2008).  
Una coproduzione Rai Fiction e Casanova Multimedia, prodotto da Luca Barbareschi e con il sostegno della Film Commission Torino Piemonte.

Un cast ricchissimo è stato impiegato per raccontare la storia di un uomo che voleva vincere, nella vita e nello sport, e che invece venne beffato dal destino: Dorando Pietri, il maratoneta la cui mancata vittoria olimpica, per squalifica, consegnò alla Storia dello sport la sua impresa e il suo nome.

1908 – Olimpiadi di Londra. Dopo aver combattuto sino allo sfinimento (cadde ben 5 volte prima di tagliare il traguardo) di fronte ad una folla che, per l'epoca davvero cospicua, si trovò a seguire con trepidazione le gesta di questo piccolo-grande italiano, Pietri viene ingiustamente privato del titolo faticosamente conquistato. Una vittoria persa perché – si disse allora - uno dei giudici lo aveva sorretto quando, confuso e affaticato, aveva rischiato di sbagliare strada e non arrivare alla meta.

Dorando_Pietri_BN.jpgSir Arthur Conan Doyle, inventore di Sherlock Holmes e allora inviato del Daily Mail, chiude così  il suo articolo: “La grande impresa dell’italiano non potrà mai essere cancellata dagli archivi dello sport, qualunque possa essere la decisione dei giudici”. La regina Alessandra, per risarcirlo della vittoria negata e a testimonianza dell’ammirazione sua e del popolo inglese, volle consegnargli personalmente una Coppa d’argento, un trofeo identico a quello spettante di diritto allo statunitense Hayes.
L'impresa di Dorando Pietri finì su tutti i quotidiani dell'epoca (tra i quali divennero fondanti del mito i resoconti appassionati del nostro Luigi Barzini), perchè il suo arrivo sino al traguardo, intriso di tenacia e sofferenza, colpì al cuore tutti coloro che ebbero modo di assistervi e divenne, proprio per questo, un'impresa epica e memorabile che insigni il "piccolo" Dorando della statura dell'Eroe. 

Nel cast, oltre a Luigi Lo Cascio, nel ruolo di Dorando Pietri, Laura Chiatti (Luciana), Alessandro Haber (Ottavio Bulgarelli), Dajana Roncione (Teresa Bulgarelli), Thomas Trabacchi (Ulpiano Pietri), Fabio Fulco (Pericle Rondinella), Andy Luotto (Johnny Grieco), Jerry Mastrodomenico (Dongo), Roberto Nobile (Rinaldi), Enrico Salimbeni (Lauro Terenzi), Pippo Delbono (Artemio Barbisio -ex Dori).

Dorando_portret.jpgIl racconto televisivo si apre nel 1905 a Carpi, dove Dorando inizia a correre allenato dal fratello Ulpiano, e si dipana dapprima nella vivace campagna emiliana attraverso le prime vittorie e alcune traversie sentimentali. Ma l’episodio centrale della vita di Pietri resta la sfortunata olimpiade londinese. Prima la grande gioia per essere stato selezionato poi la rabbia e la delusione per quella vittoria “scippata”. Dorando non vuole più correre ma un giorno gli arriva una proposta a cui non può dire di no: sfidare negli Stati Uniti il vincitore della maratona olimpica, colui cioè che gli ha sottratto il titolo. Quindi la trasferta e i fasti americani (nel “nuovo continente” si prenderà la rivincita contro chi lo aveva beffato a Londra ma dovrà anche subire nuovi umiliazioni). Infine il ritorno in Patria dalla moglie per troppo tempo trascurata. Il film si chiude sulle immagini di repertorio che raccontarono  al mondo la straordinaria impresa di Dorando Pietri.

Ed ecco la trama dettagliata delle due parti della fiction.

luigi-lo-cascio-il-sogno-del-maratonetaPrima parte. Siamo a Carpi nel 1905 e il giovane Dorando Pietri ha una grande passione: correre. E’ una passione che condivide con il suo allenatore: suo fratello Ulpiano. I due sono unitissimi e sognano di correre, un giorno, alle Olimpiadi. La società podistica più importante della zona è quella del Barbisio, un possidente locale; l’atleta di punta della società è Pericle Rondinella, il campione italiano di maratona: un mito per i due fratelli Pietri. Quando però si presentano alle selezioni degli atleti per la “Vigor” (questo il nome della società), Barbisio non crede nelle qualità di Dorando e lo scarta perché lo giudica piccolo, con le gambe storte e rachitico. La delusione di Dorando è amplificata dal risentimento della sua morosa, Teresa, adirata con lui perché per andare alla “Vigor” non si è presentato alla balera a ballare.

Ulpiano non riesce a superare l’amarezza e, fuori di sé, si reca da Barbisio a chiedergli conto della sua decisione. La situazione precipita e Barbisio spara ad Ulpiano ferendolo ad una gamba.

Per mettere a posto le cose viene pattuito un compromesso. Ulpiano dovrà lasciare il paese e Dorando andrà a lavorare alla fabbrica di Barbisio. Ed è proprio qui che Dorando s’imbatte in Luciana, una donna tanto avvenente quanto disinvolta per l’epoca. Dorando scoprirà che è la fidanzata proprio di Pericle Rondinella. E’ anche per questo (ma anche per “vendicare” Ulpiano) che, pur non essendo iscritto, partecipa alla maratona di Carpi. La corre quasi per gioco, con un vassoio di paste in mano, e incredibilmente la vince battendo Rondinella.

Il campione però si rifà il giorno dopo sfidando Dorando e questa volta lo batte. Le due corse vengono seguite dal vecchio Ottavio che, riconosciuto il talento del ragazzo, si offre di allenarlo. E’ grazie a lui che Dorando diventa campione italiano di maratona battendo Rondinella.

Lo smacco subito anche dal Barbisio lo spinge a licenziare Dorando e, dopo la protesta degli altri lavoratori, tutti i suoi operai.

Dorando allora gli lancia una sfida: faranno una corsa, lui a piedi e Barbisio con l’automobile; se vince Dorando, il padrone riprende tutti a lavorare. Complice un inconveniente al motore, Dorando vince e tutti vengono riassunti.

La vita sentimentale di Dorando invece è piuttosto confusa; infatti sebbene si sia riconciliato con Teresa (che nel frattempo ha scoperto essere la figlia del suo allenatore Ottavio), è sempre molto attratto da Luciana; e quando la ragazza gli si propone, lui non sa dire di no…

Teresa viene ricoverata improvvisamente in ospedale e Dorando, di fronte alla concreta possibilità di perderla, capisce che è la donna della sua vita.

Scampato il pericolo i due si sposano, mentre Luciana, addolorata, parte per l’America. E’ proprio durante la festa nuziale che Dorando viene informato che è stato selezionato a rappresentare l’Italia alle Olimpiadi del 1908 a Londra. Londra, la città dove si è rifatto una vita, facendo fortuna, suo fratello Ulpiano.

fiction-il sogno del maratoneta 01Seconda parte. Dorando arriva a Londra da solo: Ottavio non era in condizioni fisiche per seguirlo. Si reca allora da Ulpiano e scopre che suo fratello non ha fatto fortuna, ma che vive in condizioni molto umili. L’abbraccio tra i fratelli è comunque intenso. Dorando allora gli propone di diventare il suo allenatore. Ulpiano è commosso.

Arriva il giorno delle Olimpiadi e l’attesa è altissima sia a Londra sia a Carpi dove, insieme a tutti quelli che palpitano per Dorando, c’è anche Rondinella che, seppur a distanza, intende correre la sua maratona “contro” Dorando. All’orario fissato, infatti, mentre Dorando parte con tutti gli altri atleti a Londra, Rondinella avvia la sua corsa nelle campagne emiliane.

La corsa viene seguita a Carpi, attraverso il telegrafo, con Ottavio che, passo dopo passo, spiega le difficoltà che Dorando incontra.

Ad un certo punto Ulpiano vede suo fratello molto affaticato, gli passa una pillola di stricnina che si è procurato con l’intento di potenziare il suo rendimento atletico. Il maratoneta la prende e la stringe in pugno ma poi la butta via.

I rivali più pericolosi dell’italiano sono l’inglese Barnes e l’americano Hayes; progressivamente tutti gli altri cedono, l’ultimo a resistere è l’inglese ma anche lui, quando ormai è prossimo allo stadio, è costretto a cedere il passo a Dorando. La disperazione di Barnes si somma a quella di Rondinella che a Carpi si ferma sfinito.

Dorando entra nello stadio accolto dal boato della folla; ma è disidratato e distrutto dalla fatica: imbocca la direzione sbagliata, barcolla, cade, si rialza, cade ancora. La folla e i giudici di gara lo invitano a rialzarsi e a compiere quei pochi metri che lo separano dalla Storia. Dorando sembra non farcela fino a quando nello stadio non fa il suo ingresso l’americano Hayes. A questo punto Dorando trova le ultime energie per tagliare il traguardo. Subito dopo però crolla rischiando la vita. Accade così che a Carpi, Teresa, i genitori, Ottavio, e tutti gli altri passino in pochissimi secondi dalla gioia allo sconforto… E poi ancora alla gioia quando viene comunicato che il campione è fuori pericolo.

Purtroppo però Dorando non può gioire: gli americani hanno fatto ricorso sostenendo che l’italiano sia stato aiutato a rialzarsi; poi viene anche fatto un riferimento alla stricnina. I giudici decidono di squalificarlo e assegnare la vittoria all’americano. A nulla serve la coppa che le consegna personalmente la regina Alessandra per risarcirlo della vittoria negata e a testimonianza dell’ammirazione sua e del popolo inglese.

Tornato a Carpi, Dorando non intende correre più: si sente tradito. E a nulla serve l’amore di Teresa. Un giorno però un italo-americano di New York, tale Grieco, lo invita a sfidare Hayes, il vincitore di Londra, al Madison Square Garden.

il-sogno-del-matatoneta-di-pederiali.jpgDorando accetta, spinto anche da sua moglie. E nulla potrà fare poi Teresa quando, leggendo una delle tante lettere di ammiratori e ammiratrici che il marito riceve, scoprirà che proprio a New York vive, sola con un figlio, proprio Luciana.

A New York la comunità italiana accoglie Dorando da vero eroe. Gli chiede di battere Hayes; ma il momento più difficile per lui è quando rivede Luciana. Tra i due il tempo sembra non essere passato e l’attrazione è forte. Dorando le chiede di chi sia il figlio, ma la donna non intende rivelarglielo.

Ma le sorprese per Dorando non sono finite qui: poco prima della rivincita contro Hayes scopre che Grieco è in realtà un delinquente che gestisce un giro losco di scommesse e gli impone di perdere la gara. L’italoamericano è già d’accordo con Hayes; dopo rifaranno un’altra gara e Dorando potrà vincere…

Pietri fa di testa sua e batte l’americano. La conseguenza è che Grieco rapisce il figlio di Luciana e obbliga Dorando a perdere una serie di gare in modo da recuperare tutti i soldi che ha perso al Madison Square Garden.

Dorando è costretto ad accettare e si umilia fino a quando Grieco non considera saldato il debito. A questo punto il piccolo Michael viene riconsegnato alla sua mamma. Luciana, finalmente rasserenata, rivela a Dorando che il padre del bambino è Rondinella.

Dorando, nel frattempo, ha capito che il suo posto è a Carpi e che la donna che ama è Teresa; si accomiata così da Luciana ed anche da Ulpiano che invece ha deciso di fermarsi in America.

Tornato a casa trova Teresa che, dopo averlo a lungo aspettato, si sta vedendo con un altro uomo. Dorando non si dà per vinto e le corre dietro, finché la ragazza non si lancia nelle sue braccia.

Non gli resta che un’ultima missione: rintracciare Pericle Rondinella. Lo trova in guerra in una trincea e gli comunica la sua paternità.

I due rivali si scoprono allora amici e corrono insieme verso il futuro.

Infine, le note del regista Leone Pompucci.

Vincere.

L’uomo vuole vincere. Nella vita. Nello sport. Vuole arrivare primo.

Affermarsi, si dice così. Affermare. Affermare di essere degno. Degno di cosa? Di esistere? Forse si.

Qui abbiamo Dorando Pietri maratoneta, col suo sogno. Un uomo che ha molto voluto vincere. Beffato proprio nel suo sogno. Una beffa mondiale.  Tra tutti i vincitori di maratona di sempre, e per sempre dimenticati, passato solo lui alla storia.

Per non aver vinto.

Di questo abbiamo cercato di occuparci in questa storia, raccontando un poco di Pietri Dorando e dei suoi luoghi, del suo tempo, della clorofilla e della terra padana e di un uomo che ci correva in mezzo. Un pinocchio da corsa, un piccolo italiano vissuto in un mondo esausto e contadino che si slanciava in un secolo breve e cinetico come mai quelli prima.

E Dorando corre, corre, corre per affermare di esistere. Per Vincere. Per essere degno, per avere un raggio di sole per sé. Un raggio di sole che finalmente lo trafigga sul cuore della terra.

Questa è una storia di un cuore che ha battuto tanto.

Arthur Conan Doyle, autore di Sherlock Holmes e allora inviato delDaily Mail, scrisse per l’occasione: “La grande impresa dell'italiano non potrà mai essere cancellata dagli archivi dello sport, qualunque possa essere la decisione dei giudici".
Per un approfondimento sulla sdtoria di Dorando Pietri vedi anche

Seguendo questo link è possibile vedere in diretta streaming  e on-demand la fiction, grazie al servizio offerto da Rai.tv.

Il video che segue e il relativo brano musicale, scritto e realizzato per il grande maratoneta DORANDO PIETRI, è stato proiettato durante l'importante mostra a Carpi, organizzata in occasione della ricorrenza del centenario della storica maratona olimpica (24 luglio 2008)
Musica Massimo Varini
Screenplay Eros Achiardi, Alessandro Bardani e Massimo Varini
Editing Eros Achiardi

 

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15 marzo 2012 4 15 /03 /marzo /2012 18:55

euforia-cime.jpgLa filosofia dell'Alpinista e dell'approccio alle cime montane viene esposta in modo sintetico ma profondo in un interessante libretto (tradotto dal francese), L'euforia delle cime (proposto da Ediciclo, 2012) di Anne-Laure Boch che è medico, dottore in filosofia e grande appassionata di alpinismo. Alpinista di medio livello, ma molto consapevole dei meccanismi che l’alpinismo scatena, la Boch descrive cosa anima l’alpinista, perché lo fa, come lo fa.
Leggiamo insieme le prime righe: “Le grandi scalate in montagna cominciano di notte. La sveglia suona sempre troppo presto, troppo presto. Ci si era appena addormentati, a dispetto della scomodità della cuccetta troppo stretta, della coperta ruvida e del fastidioso russare degli altri…” e dalla descrizione di una scalata invernale si passa alle domande fondamentali a cui il libretto cerca di dare una spiegazione: Perché arrivare fino in cima quando ci si può accontentare del valico? Perché salire lentamente con le pelli di foca quando ci sono funivie che portano direttamente a destinazione? Perché arrampicarsi a mani nude quando esistono le vie ferrate? Perché sfidare la parete nord quando la via normale porta facilmente alla meta? Perché affrontare il pericolo, il freddo, il disagio, la fatica, il dolore, quando sentieri ben segnalati permettono di scoprire la montagna in tutta tranquillità?
La Boch riflette su questo, da alpinista dilettante, che non cerca l’exploit assoluto, ma segue la sua passione, che non ama farlo seguendo una guida ma rischiando di suo.
Ogni alpinista o aspirante tale dovrebbe leggere questo libricino, che non crea dicotomia e lontananza con il camminare, perchè - anzi - molte motivazioni intrinseche che spingono gli alpinisti-scalatori sono simili a quelle dei camminatori.
Perché l’alpinismo non è solo uno sport: all’alpinismo serve una natura incontaminata per poter vivere l’emozione e troppi, oggi, cercano di ridurlo a sport e a mero gesto tecnico-sportivo. Concetti come la capacità di prendere le decisioni, o l’impegno necessario per una salita, sono argomenti di grande interesse in questo libro.

SinossiUn inno allo sforzo e allo spirito della cordata.
Un amore contagioso per la bellezza selvaggia dei paesaggi di montagna.
Con riferimenti a vie mitiche, dai Pirenei all’Himalaya, dalle Dolomiti al Caucaso. Una riflessione sul rischio e la scoperta di sé.
Perché andare in cima quando ci si può Accontentare del passo? Perché cercare gli itinerari più diretti, più difficili, più impegnativi? Perché affrontare il pericolo, il freddo, il disagio, la sofferenza, quando i sentieri battuti offrono una scoperta tranquilla della montagna? Lo spirito dell’alpinismo non è quello dei surrogati asettici che la società moderna propone al posto e in cambio dell’avventura alpina. Alla base di questa passione, il bisogno misterioso di superarsi, di confrontarsi con una natura immensa che accoglie e domina, senza che mai la volontà della conquista mini la sua purezza. È di questa mistica dello sforzo inutile che tratta la presente opera. Tenta una fenomenologia di una attività radicata nella tradizione occidentale del superamento di sé, conducendo a un’esperienza che trascende tutte quelle che la vita comune riserva: l’euforia delle cime, la più bella delle ricompense.

Anne-Laure Boch – “L’euforia delle cime”, Ediciclo, 2011 - 8,50 euro

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Presentazione

  • : Ultramaratone, maratone e dintorni
  • : Una pagina web per parlare di podismo agonistico - di lunga durata e non - ma anche di pratica dello sport sostenibile e non competitivo
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  • Ultramaratone, maratone e dintorni
  • Mi chiamo Maurizio Crispi. Sono un runner con oltre 200 tra maratone e ultra: ancora praticante per leisure, non gareggio più. Da giornalista pubblicista, oltre ad alimentare questa pagina collaboro anche con altre testate non solo sportive.
  • Mi chiamo Maurizio Crispi. Sono un runner con oltre 200 tra maratone e ultra: ancora praticante per leisure, non gareggio più. Da giornalista pubblicista, oltre ad alimentare questa pagina collaboro anche con altre testate non solo sportive.



Etnatrail 2013 - si svolgerà il 4 agosto 2013


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Il perchè di questo titolo

DSC04695.jpegPerchè ho dato alla mia pagina questo titolo?

Volevo mettere assieme deio temi diversi eppure affini: prioritariamente le ultramaratone (l'interesse per le quali porta con sè ad un interesse altrettanto grande per imprese di endurance di altro tipo, riguardanti per esempio il nuoto o le camminate prolungate), in secondo luogo le maratone.

Ma poi ho pensato che non si poteva prescindere dal dare altri riferimenti come il podismo su altre distanze, il trail e l'ultratrail, ma anche a tutto ciò che fa da "alone" allo sport agonistico e che lo sostanzia: cioè, ho sentito l'esigenza di dare spazio a tutto ciò che fa parte di un approccio soft alle pratiche sportive di lunga durata, facendoci rientrare anche il camminare lento e la pratica della bici sostenibile. Secondo me, non c'è possibilità di uno sport agonistico che esprima grandi campioni, se non c'è a fare da contorno una pratica delle sue diverse forme diffusa e sostenibile. 

Nei "dintorni" della mia testata c'è dunque un po' di tutto questo: insomma, tutto il resto.

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Come nasce questa pagina?

DSC04709.jpeg_R.jpegL'idea motrice di questo nuovo web site è scaturita da una pagina Facebook che ho creato, con titolo simile ("Ultramaratone, maratone e dintorni"), avviata dall'ottobre 2010, con il proposito di dare spazio e visibilità  ad una serie di materiali sul podismo agonistico e non, ma anche su altri sport, che mi pervenivano dalle fonti più disparate e nello stesso tempo per avere un "contenitore" per i numerosi servizi fotografici che mi capitava di realizzare.

La pagina ha avuto un notevole successo, essendo di accesso libero per tutti: dalla data di creazione ad oggi, sono stati più di 64.000 i contatti e le visite.

L'unico limite di quella pagina era nel fatto che i suoi contenuti non vengono indicizzati su Google e in altri motori di ricerca e che, di conseguenza, non risultava agevole la ricerca degli articoli sinora pubblicati (circa 340 alla data - metà aprile 2011 circa - in cui ho dato vita a Ultrasport Maratone e dintorni).

Ho tuttavia lasciato attiva la pagina FB come contenitore dei link degli articoli pubblicati su questa pagina web e come luogo in cui continuerò ad aprire le gallerie fotografiche relative agli eventi sportivi - non solo podistici - che mi trovo a seguire.

L'idea, in ogni caso, è quella di dare massimo spazio e visibilità non solo ad eventi di sport agonistico ma anche a quelli di sport "sostenibile" e non competitivo...

Il mio curriculum: sport e non solo

 

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