(Maurizio Crispi) Il volume di Mark Whitaker, "Running for their lives. The extraordinary story of Britain's greatest ever distances runners" (Yellow Jersey Press, London, 2012) traccia la storia di due straordinari personaggi che scrissero pagine memorabili nella storia delle ultramaratone, proprio nel periodo in cui dopo l'avvio degli sport olimpici, le ultramaratone caddero in declino perché considerate delle discipline non "pure", in quanto spesso (ma non esclusivamente), frequentate da podisti che, per affrontare delle sfide particolarmente ardue, accettavano (o andavano alla ricerca) di premi in denaro, spesso al di fuori del contesto di gare nel senso che noi attribuiamo oggi a questo termine e frequentemente in solitaria.
I due personaggi di cui Whitaker ci racconta sono Arthur Newton e Peter Gavuzzi, di origini diverse, di cultura diversa, con stili personali profondamente differenti (Arthur Newton, uomo elegante nello stile upper class, mentre Gavuzzi decisamente di origini proletario; britannico Newton e di origini latine (franco-italiane) il secondo; alto e dal portamento elegante l'uno, basso e tarchiato l'altro), ma legati sin dal loro primo incontro da una profonda stima reciproca e da un intenso sentimento di amicizia (per quanto, a lungo, dopo la loro prima conoscenza alla prima edizione della America Foot Race, a lungo Gavuzzi continuò a rivolgersi a Newton, con l'appellativo di "Mister").
I due compirono straordinarie imprese sportive, tra le quali la partecipazione alle prime due edizioni della "Foot Race Across America" (rispettivamente nel 1928 e nel 1929).
Arrivarono alla prima edizione di quella che poi venne definito il "Bunyons' Derby") con motivazioni diverse: Newton venne direttamente invitato alla partecipazione dall'impresario Charles C. Pyle che organizzava la corsa con intenti spettacolari e lucrativi (ma le cose sotto questo profilo non andarono del tutto secondo le attese), in quanto già detentore dei record mondiali sulle principali distanze riconosciute di ultramaratoa, mentre il secondo ci arrivò attirato dal grosso premio in denaro offerto al primo classificato (e in subordine al secondo e al terzo, in misura ovviamente minore).
Gavuzzi completò entrambe le due Trans-America cui partecipò, mentre Newton in entrambe le gare fu costretto al ritiro, per giocare per il resto del tempo il ruolo di consulente tecnico della corsa e di supporto qualificato agli atleti rimasti in lizza.
I due, dopo il loro incontro, decisero di fare impresa comune e di trarre dal loro talento per la corsa di che vivere.
Il libro, scaturente da ricerche accurate e dalla meditata consultazione della bibliografia esistente al riguardo, oltre che dalla lettura di preziose fonti, rimaste inedite - come i taccuini di appunti personali stilati da Peter Gavuzzi nel corso degli anni - è costruito in maniera eccellente.
I primi capitoli sono dedicati ad analizzare i percorsi differenti seguiti dai due atleti sino al momento cruciale della loro conoscenza.
Segue un capitolo interamente dedicato alla 2^ edizione della Trans-America, che rappresentò l'esordio della loro impresa congiunta: qui Newton fu costretto al ritiro dopo essere stato investito da un automobile durante la sua corsa, mentre Gavuzzi - dopo essere stato il leader della corsa nelle ultime tappe e avendo acquisito un vantaggio di una decina di ore sul secondo in classifica - per volontà di Pyle (trasmessagli da Newton) dovette rallentare per mantenere viva la tensione agonistica e accrescere la curiosità del pubblico, sulla cui preenza numerosa Pyle contava per accrescere i suoi guadagni. E poi nell'ultima tappa, per un disguido voluto, si fece in modo che la Trans-America se la aggiudicasse sul filo del rasoio proprio il secondo in classifica.
Trappole dello sport utilizzato come intrattenimento e come spettacolo lucrativo: un'argomentazione a favore di coloro che hanno successivamente fomentato l'idea che le ultramaratone, a differenza della purezza della maratona olimpica fossero soltanto un fenomeno da baraccone.
Poi, si parla della loro parentesi statunitense e canadese, dopo la fine della Trans-America, quando la maggior parte dei finisher in zona premiazioni (e titolati a spartire il ricco monte.premi che era stato promesso da Pyle, andato nel frattempo in bancarotta) vollero rimanere nelle "vicinanze" nella speranza di riscuotere delle somme di denaro che avrebbero potuto cambiare le loro vite (e ricordiamo che siamo nei pressi del grande crack economico del 1929).
Specialmente in Canada la cooperazione sportiva di Newton e Gavuzzi si approfondì e, qui, parteciparono a numerosi eventi ed altri li organizzarono essi stessi, tramutandosi in "impresari": e fu la la volta delle gare podistiche sulle racchette da neve e delle spettacolari "500 miglia Relay" nelle quali agirono sempre in coppia, dividendosi fatiche e guadagni.
Poi, si separarono: Newton rientrò in Inghilterra, desideroso di tentare di migliorare il record della 100 miglia su di un percorso certificato (allora, soprattutto per le ultradistanze, gli atleti venivano appositament ein UK per tentare i loro record poiché le distanze venivano più accuratamente misurate e i risultati ottenuti di conseguenza non sarebbero stati messi in discussione), mentre Gavuzzi rimase in Canada e qui, per un breve arco di tempo, ebbe fortuna allenando dei Canadesi che si distinsero nella ardua Maratona di Boston: e, infine, rientrò in Francia dove trascorse gran parte del resto della sua vita.
I due rimasero in contatto epistolare: Newton scriveva all'amico e compagno di imprese, tenendolo aggiornato sugli eventi sportivi e invitandolo a volte a raggiungerlo in UK.
Gavuzzi, in qualche misura, ebbe minore fortuna, anche perchè la sua vita venne scossa dagli eventi del II conflitto mondiale e dalla sua lunga permanenza in un campo di prigionia tedesco.
Newton, invece, pur continuando la sua pratica giornaliera della corsa (in applicazione dei suoi principi di igiene del corpo e delle strategie di allenamento) sino ad un'età avanzata, non gareggiò più, ma si mantenne comunque dentro la dimensione del correre sia pure da outsider. per quanto di eccellenza.
Se da un lato, diede un contributo alle principali e più popolari riviste di atletica, non senza toni polemici, per i motivi che verranno accennati sotto, fu soprattutto per atleti emergenti che si affacciavano al mondo delle ultramaratone con l'animosità giovanile di volerne scrivere nuove pagine memorabili, un punto di riferimento e un vero e proprio guru, con una processione ininterrotta di atleti che dalle più diverse nazioni del Commonwealth approdavano al suo cottage di Ruislip (nei pressi di Londra) per ricevere consigli ed essere direttamente allenati da lui.
Vedi anche questo articolo che tratta di alcune sue teorie (semplici e dirette) in merito all'allenamento in vista di una ultramaratona: Running History: Arthur Newton on Pacing in Training vs. Races (1935)
Negli anni successivi Gavuzzi e Newton si incontrarono.
Gli ultimi capitoli sono dedicati a trattare separatamente le fasi finali della vita di Arthur Newton e di Peter Gavuzzi.
Arthur Newton, morendo, lasciò a Peter Gavuzzi che gli sopravviveva (tra i due vi era una differenza di età di circa 15 anni) il proprio personale volume di ritagli (scrapbook) con tutte le foto e gli articoli giornalistici riguardanti le loro impree comuni: un dono commovente, perchè soltanto Peter Gavuzzi avrebbe potuto comprenderne il valore prezioso.
Come curiosità, Arthur Newton che cominciò a correre relativamente tardi nella sua vita (quando aveva già compiuto 38 anni), nel periodo compreso tra il 1922 e il 1935, percorse - come risulta dalle sue scrupolose annotazioni giornaliere - 102.733 km che alcuni considerano la "marcia di protesta" più lunga che sia mai stata fatta, poichè, nella sua motivazione iniziale, Newton ambiva a raggiungere dei livelli di eccellenza e di notorietà tali che gli consentissero di denunciare pubblicamente le ingiustizie di cui era stato vittima come farmer da parte del governo sudafricano (allora prevalentemente afrikaner) con la possibilità di essere ascoltato.
Ma poi le circostanze della vita lo portarono altrove e il senso della motivazione iniziale si perse e fin^ con il diluirsi, rimanendo tuttavia la corsa come ragione di vita.
Uno dei paragrafi del capitolo deidcato agli anni inglesi di Arthur Newton tratta delle sue "teorie" - acuisite con la sua esperienza di autodidatta -in merito all'allenamento per le ultradistanze, teorie che peraltro egli stesso sistematizzò in due brevi volumetti, oggi introvabili e che, assiduamente, egli cercava di travasare con i necessari adattamenti agli atleti che si rivolgevano a lui per avere una guida efficace nelproprio allenamento.
Il volume di Whitaker é assolutamente da leggere per capire a fondo la storia delle ultramaratone nel corso del XX secolo e del motivo per cui le ultra di corsa vennero escluse in modo radicale dal consesso agonistico dominato dalle Federazioni nazionali di Atletica (e, alle loro spalle, dal CIO), relegandole a residuo di quelli che nell'Ottocento venivano chiamati "sport pedestri".
Arthur Newton dopo aver scritto alcune splendide pagine sportive e ad aver conquistato i record britannici nelle maggiori distanze di ultramaratone, con i suoi scritti si accanì (lottando per una giusta causa) per cercare di chiarire quanto fosse vana e risibile la distinzione tra sport professionistici ed amatoriali, ma fu anche un "guru" non ufficiale per chiunque intendesse cimentarsi nell'allenamento finalizzato a correre un'ultramaratona, come Peter Gavuzzi del resto.
E, negli ultimi anni che gli restarono da vivere, dopo che le riviste di atletica (dominate dal controllo quasi dittatoriale della federazione atletica inglese) gli preclusero la pubblicazione dei suoi articoli, la sua abitazione divenne meta di atleti che venivano a trovarlo anche da altri paesi del mondo per chiedergli consiglio e supervisione.
Purtroppo, manca una traduzione di questo interessantissimo testo in Italiano, ma la sua edizione in lingua originale é facilmente rintracciabile su Amazon.UK.
E' un libro di cui consiglio la lettura a tutti coloro che vogliano conoscere più a fondo la storia del movimento delle ultramaratone.
Ma per approfondire si può anche leggere il volume fondamentale (e lo é stato anche per Whitaker nella stesura del suo libro), Tea with Mr newton. 100.000 miles the longest protest march in history, di Rob Hadgraft (Desert Island books, 2009), pure reperibile su Amazon.
(Dalla quarta di copertina) In 1928 two extraordinary Englishmen competed in an unprecedented and fearsome event - a transcontinental road race across America that required them to run an average of 40 miles for 80 consecutive days. They were to become the most famous long-distance runners in the world: yet history has forgotten them.
Peter Gavuzzi was a young working-class ship's steward, while Arthur Newton was a middle-aged intellectual who had taken up running to make a political point. Though separated by class, education and age, they became close friends and formed a successful business partnership as endurance athletes. They raced in 500-mile relays, in 24-hour events, in snowshoes and against horses; and they became the stars of a craze for endurance events that swept across depression-era North America. But as professional runners they were eschewed by the amateur running elite.
Set against a turbulent backdrop of 1920s South Africa, 1930s Canada, war-torn France and 1950s Britain, Running for Their Lives is a story peopled with remarkable characters, unimaginable feats and tragic twists of fate. More importantly it is a homage to two inspirational and eccentric men who only now receive the recognition they so richly deserve.