Ecco di seguito le impressioni di Elena Cifali al temine della lettura del romanzo di Amos Oz, Non dire Notte, che le ha fatto compagnia in questi giorni assolati di fine luglio e di metà agosto.
Le letture aprono sempre visioni su altri mondi, su altri modi di essere, su altre dimensioni: sono la nostro "door in the wall".
Mi mancherete tanto, Theo e Noa!
Notte di mezza estate, ho appena finito di leggere di Noa e Theo. Che libro, ragazzi!
Mi ha trascinato con se lentamente, senza colpi di frusta, con la lentezza che molto piacevolmente attribuirei al deserto. Ed infatti, il racconto di vita dei due protagonisti si consuma sul davanzale di fronte all'immensità del deserto, della sua sabbia, del suo vento.
L’ho gustato pagina dopo pagina con una lentezza a volte voluta a volte dovuta.
E’ stato un fine luglio faticoso e un inizio agosto incredibilmente frenetico, stancante. Ho davvero rubato attimi, minuti, quarti d’ora per leggere. Troppe cose da fare e tutte di fretta, troppi imprevisti, infiniti inconvenienti. Ma ormai è fatta, ce l’ho fatta, ho portato con me questa lettura al mare, in montagna, tra le calde file all’ufficio postale, dentro l’abitacolo della macchina in sosta al parcheggio, nel mio letto, sul divano vicino al gatto. Ovunque, io e Theo, io e Noa.
Li sento quasi fratelli questi due testoni innamorati l’uno dell’altra di un amore simile a quello che provo io.
Non è una novità, mi faccio carico delle storie che mi piacciono, che parlano e trasmettono qualcosa di umano, di tangibile, quasi palpabile.
Noa, frenetica, sognatrice, sbadata, caotica.
Theo, riflessivo, con un bagaglio di esperienza umana che gli permette di assumere il controllo delle circostanze e dei fatti che si consumano intorno a lui. Theo che irrita Noa. Noa che non riesce ad intimorire Theo.
Li adoro, adoro i loro dialoghi, i loro battibecchi, le loro passeggiate al buio al confine del deserto.
La loro scelta di non avere figli.
La convinzione che hanno secondo cui le coppie senza figli, che stanno insieme da anni, finiscono per somigliarsi. In loro vedo un po’anche me e il mio Ezio.
Percepisco lo spessore delle notti insonni, ascolto le parole di radio Londra, mi immedesimo nella voglia di fare di Noa e mi faccio fagocitare dalla lentezza di Theo.
Vorrei conoscerli meglio, trascorrere con loro settimane, ma forse - dilatando la lettura - l’ho già fatto.
Ho parlato con entrambi durante le lunghe notti tormentate dai ricordi, dai progetti.
Adesso, gambe incrociate sotto il tavolo sistemato sul balcone per meglio godere della frescura di montagna, con lo sguardo dritto sull’amata Etna, immagino che di fianco a me ci sia il deserto. Il suo vento, la sua sabbia.
Dopo tutto, la sabbia del deserto non deve essere molto dissimile dalla sabbia vulcanica se non per colore e spessore.
Non ho mai visto un deserto africano, ma lo immagino bello e suggestivo come il deserto etneo.
Ricordo, una volta, durante un allenamento in altura, una delle prime volte, mentre ero sulla via di ritorno mi fermai. Zitta. Immobile. Io e il mio deserto di lava nera come le tenebre. Solo silenzio. Assoluto silenzio. Una dimensione mai trovata in nessun luogo. Forse era quello il mio “non luogo”.
"Non dire notte" offre un valido spunto di riflessione sul piacere immenso che si riesce a provare stando a braccetto con la solitudine, quella voluta, quella cercata.
“Non mollare. Coinvolgere le brave persone. Che in fondo non è che mancano qui. Devo essere ancora più sincero con voi? Il nostro vero guaio è che non ci lasciamo entusiasmare da niente. Questa è la vera tragedia. Chi non si attizza più per nulla si raffredda e così si comincia a morire. Così dice Linda e io sono d’accordo con lei. Bisogna cominciare a desiderare. Trattenere forte, con tutte e due le mani perché la vita non scappi, spero capiate quel che intendo dire. Altrimenti è tutto perduto”.
Non avevo mai letto Oz, l’ho fatto senza pregiudizi, senza conoscerlo, senza sapere. Adesso so. So che vale la pena assaporarlo pagina per pagina. C’è una significativa frase che fa eco a tutta la narrazione: “...se si ha un briciolo di bontà si trova bontà ovunque”.
Fatevi coraggio e trovate il tempo di riflettere su queste poche e semplici parole.
Per il resto, cosa fanno, cosa cercano, cosa sognano i miei due amici scopritelo da soli …
(Dalla quarta di copertina) A Tel Kedar, una tranquilla cittadina israeliana nel deserto del Negev, abitano Noa e Theo. Dopo sette anni di felice convivenza, sono in una fase stagnante del loro rapporto. Theo, urbanista sessantenne di successo, appare sempre più introverso e sembra aver perso energia, voglia di fare e di mettersi in gioco. Noa, frenetica professoressa di lettere di quindici anni più giovane che insegna nella scuola locale, è sempre alla ricerca di nuovi traguardi e nuove sfide. In seguito alla morte di uno degli studenti di Noa, le viene affidato il compito di dare vita a un centro di riabilitazione per giovani tossicodipendenti. Aiutata da Muki, agente immobiliare, da Linda, una timida divorziata, e da Lumir, un pensionato, Noa si dedica al progetto con entusiasmo e idealismo, pronta a lottare contro l'opposizione di tutta la cittadina che teme che un simile centro possa portare droga e criminalità. Non vuole mostrare le sue debolezze e chiedere l'aiuto di Theo, e lui non vuole interferire se non è richiesto. Se per un verso la vicenda sembra mettere a dura prova la loro relazione, dall'altro dimostra lo struggente affetto, l'infinita tenerezza e il profondo amore che ancora li lega. La storia è narrata dai due protagonisti in prima persona. Un libro che esplora l'animo umano, che racconta la realtà quotidiana di una comunità lontana da Tel Aviv o Gerusalemme, protetta da filo spinato e guardie, che cerca di vivere una vita normale come qualsiasi altra cittadina del mondo.
Sull'autore. Amos Oz (Gerusalemme, 1939), scrittore israeliano, ha scritto romanzi, saggi e libri per bambini. Attualmente vive nella città israeliana di Arad e insegna Letteratura all’Università Ben Gurion del Negev. Con Feltrinelli ha pubblicato: Conoscere una donna(2000), Lo stesso mare (2000), Michael mio (2001), La scatola nera(2002), Una storia di amore e di tenebra (2003), Fima (2004), Contro il fanatismo (2004), D’un tratto nel folto del bosco (2005), Non dire notte (2007), La vita fa rima con la morte (2008), Una pace perfetta(2009), Scene dalla vita di un villaggio (2010, premio Napoli), Una pantera in cantina (2010), Il monte del Cattivo Consiglio (2011, premio Tomasi di Lampedusa 2012), Tra amici (2012; "Audiolibri - Emons Feltrinelli", 2013), Soumchi (2013), Giuda (2014) e, con Fania Oz-Salzberger, Gli ebrei e le parole. Alle radici dell’identità ebraica(2013). Nella collana digitale Zoom ha pubblicato Si aspetta (2011) eIl re di Norvegia (2012). Ha vinto i premi Catalunya e Sandro Onofri nel 2004, Principe de Asturias de Las Letras e Fondazione Carical Grinzane Cavour per la Cultura Euromediterranea nel 2007, Primo Levi e Heinrich Heine nel 2008, Salone Internazionale del libro nel 2010, il Premio Franz Kafka a Praga nel 2013. I suoi lavori sono tradotti in oltre quaranta lingue.
scrivi un commento …