Elena Cifali ha portato a termine, poco piàù di due mesi fa, il Cammino di Santiago nella sua versione "classica", partendo dalla Francia e attraversando il Passo di Roncisvalle. Si è conquistata a pieno titolo l'appellativo di "Giacomeo", nel suo caso quello di pellegrino che parte da lontano. Ed è solo la distanza, misurata in centinaia di chilometri, che rende possibili una serie di alchimie interne e che rende possibili alune trasformazioni di assetto interno, come sostiene Jean Christoph Rufin in suo suo imperdibile libro in cui racconta di una sua esperienza personale.
Al di là, infatti, dello schema rigido e fideistico che taluni vorrebbero imporre al "Cammino", si può affermare laicamente - senza timore di essere contraddetti, se non da pochi fanatici - che il "Cammino" per essere davvero efficace deve essere ricerca e tentativo di raggiungere qualcosa, deve essere la capacità di abbandonare se stessi e le proprie certezze quotidiane per lasciarsi dominare dalla strada, deve essere esperienza diuturna della fatica del corpo che solo consente - con il suo ricorrere quotidiano - al pellegrino di librarsi più in alto e scoprire un senso, eventualmente anche trascendente, in ciò che si sta facendo. Ed è questo il motivo per il cui l'esperienza del Cammino rimane "dentro": soprattutto quando è accaduto che il quotidiano andare alla lunga consenta la sospensione - se non l'abbandono temporaneo delle "prigioni" quotidiane,facilatando nello stesso una profondariorganizzazzione mentale ed emozionale.
Ed è anche per questo che, una volta tornati a casa, del cammino si prova nostalgia.
Quelle che seguono sono due note scritte da Elena Cifali, la prima a distanza di un mese dalla conclusione della sua epserienza (una sorta di bilancio a freddo), la seconda invece a distanza di quasi due mesi, dove appunto emerge il sentimento della nostalgia.
(Elena Cifali) Un mese fa ... Io faccio quello che dico io! Io oggi arrivo a Santiago! Quando attraversai quella Porta non sapevo che cosa pensare. I miei pensieri si erano nascosti - furbi loro.
Sapevano che sarei dovuta andare ben oltre.
Avevo trascorso moltissimo tempo in loro compagnia, ed adesso non volevano farsi trovare. Io, sempre io, regina di me stessa.
Io, sempre io, sempre più piccola dif ronte a quella Cattedrale.
Dove siete! Dove siete? Perché mi avete lasciata sola?
Nulla! Senza di loro era tutto da rifare. Dovevo ricominciare a pensarne degli altri, e stavolta dovevano essere tutti bellissimi.
Pensai alle numerose albe, pensai alle pietre bianche delle Mesetas, pensai agli alberi secolari, pensai ai pesci, ai volti, alle chiacchiere e alle risate.
Pensai alla luce, sì, alla luce che prepotentemente era entrata dentro me. Quella luce che penetrava ogni più piccola particella del mio corpo.
Prima o poi tocca pensare anche a qualcuno. Pensai a nonna, a nonno, pensai a Manfredi, pensai a quel ragazzo che lotta da quattro anni per e contro se stesso. Pensai alla mamma dell'amico che giorno dopo giorno si spegne come una candela.
Pensavo e pensavo; e man mano che lo facevo mi riempivo di amore. Ed allora imparai a pregare. A 41 anni finalmente imparai a pregare!
È difficile andare via da Santiago, è anche più difficile che arrivarci.
Poi, giorni dopo, dopo che l'ebbi attraversata in lungo e largo, dopo che mi fu entrata completamente dentro la salutai e salutandola mi feci una sola domanda: "Come faccio?". Già, come faccio adesso? Avete mai vissuto senza buio ? Io sì, ed è stata la più forte vita che avrei mai potuto e voluto vivere.
Sono passati due mesi e qualcosa ...
Il Cammino!
Perbacco, il Cammino!!!
Mi manca troppo.
Ci penso e ci ripenso.
Scavo nei ricordi ancora freschi e, come quando passo il dito su una stampa ancora fresca, mi macchio.
Questi ricordi ancora freschi, nitidi, mi strizzano il cuore.
Come si fa a vivere lontano dal Cammino, dopo che hai provato una tale gioia, un tale senso di libertà, di beatitudine?
Come si fa?
Come faccio?
E non venite a dirmi che il Cammino è nella vita di tutti i giorni. Minchiate!
Non è così.
A volte mi manca così tanto ed è così difficile viverne la lontana, che preferirei non averlo mai fatto.
Inutile.
Lui, il suo Mistero, il suo fascino, mi chiamano.
Oh, sì, potrei anche tentare di non ascoltare.
Potrei anche tentare di non Credere.
Potrei, sì, ma sono vani tentativi destinati al fallimento.
Il Cammino ti entra dentro.
Ti avvolge.
Vorresti scuoterti e batterti via di dosso la sua gioia mista a malinconia, come un tappeto messo al sole di un davanzale.
È tutto inutile.
La polvere di quel tappeto resterà intrappolata tra le sue fibre per quanto tu possa sbatterlo.
Così, allo stesso modo, il tuo Cammino ti resta dentro. Intrappolato in ogni tuo poro.
Quelle calze bucate dalla tanta strada, dai tanti chilometri nelle Mesetas, sono la testimonianza che non ho sognato!
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