E' proprio vero che correre una maratona non è soltanto una pratica sportiva (a volte anche agonistica), ma anche viaggio esteriore, qualche volta viaggio nel mondo e soprattutto viaggio all'interno di se stessi, sempre portesi alla ricerca di qualcosa o nel tentativo di percorrere un labirinto emozionale e di sciogliere dei nodi aggrovigliati.
Il racconto che segue, scritto da Eleonora Suizzo, a distanza di qualche settimana dal compimento della maratona di Istanbul, che ha avuto luogo lo scorso 16 novembre, è un magnifico esempio di questa commistione di piani.
Eleonora è andata ad Istanbul per compiere un suo viaggio, nel quale - assieme a molte altre cose - c'è stata anche una maratona.
Proprio per questo motivo - a sottolineare l'importanza del viaggio - delle foto che mi ha inviato per corredare il suo racconto non ve n'è una sola che riguardi la maratona.
(Eleonora Suizzo) E, poi, da una voce lontana riaffiora il desiderio di ridipingere la tela opaca del mio cuore. Ascolto nuovamente il rumore di questo pianoforte che prima mi rasserenava ma che ora mi rende immensamente triste.
Tu che, a mala pena, mi conosci, tu che scruti le anime nel profondo e che un tempo mi hai detto:"Scrivi Eleonora, scrivi, in questo momento è la tua terapia".
Tu che credi in me e che ti compiaci delle mie parole e dei miei sentimenti, per te, mi rimetto in gioco e anziché immergere la testa negli abissi, dagli abissi riaffioro e rimetto insieme i cocci.
Una differenza c'è però ed è sostanziale: sono sola con un mondo e dinanzi a un mondo nuovo, in cui le contraddizioni sono innumerevoli e tangibili, in cui il vecchio e il nuovo, il sacro e il profano, il lusso e il sudicio, il ricco e lo spiantato, il bello e il brutto, il luminoso e il buio convivono armoniosamente.
Giornate scandite dalla preghiera universale, venditori, incantatori, turisti, Asia, Europa, cultura, Oriente ed Occidente, ponti maestosi, luci ed ombre. Trattiamo ogni scambio mio e tuo. La vita è un continuo trattare e scambiare, ma in questa terra, il tutto e il nulla non hanno limiti.
Sul lungomare corro ogni mattina e provo a respirare, a non perdere il ritmo del mio cuore che, come adesso, salta qualche giro.
Poi torno in camera, spalanco le tende e dai vetri mi soffermo a guardare la moschea, il cielo grigio e i gabbiani. Un nuovo giorno mi aspetta per scoprire il mondo, lontana dal mio mondo, quel mondo dove ho lasciato la parte più importante di me stessa, e in questo nuovo giorno verrò purificata dalla donna che non è mia madre ma che mi lava con cura come se stesse lavando la sua bambina.
Katarsi del genere umano.
La maratona è un contorno questa volta, necessaria ma pur sempre un contorno, non ne ho un ricordo meraviglioso, perché sono partita troppo veloce, perché ho dovuto combattere, come sempre, contro me stessa, il mio corpo e la mia mente.
Ma è la mente la mia forza più grande, e dopo la pioggia, la salita, la monotonia dell'asfalto, l'incombere del vento, mi ritrovo al 35° km, sanguinante, ma pronta a ripartire e così faccio.
Gli ultimi 2 chilometri sono meravigliosi. Incontro Giulio e con lui decido che taglierò il traguardo perché è molto stanco e si è arreso. Ultimo strappo in salita dentro il parco e oltrepassato l'arco, curvando a sinistra, il delirio della folla ci riempie e ci accompagna per gli ultimi metri fino al traguardo.
3'51, il crono odierno. Adesso non ho più fame, non sono più stanca, ho soltanto freddo. Passerà presto... Tanti amici nuovi, tanti volti nuovi, sguardi attoniti, sfide non affrontate, perché tu non mi puoi sfidare: io sono oltre ogni sfida, la dimensione della mia corsa è oltre ogni previsione e asseconda solo la mia volontà. Sto già pensando alla prossima gara: un nuovo sogno da realizzare che custodisco adesso in un cassetto ma che potrebbe riportarmi in un Continente a me caro.
C'è ancora tempo.
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