Si è svolta ieri la Maratona di Berlino. Il keniano Makau di 26 anni cancella il mito e cambia la maratona, stabilendo il nuovo record del mondo ion maratona con 2h03'38", mentre il detentore del record precedente, l'etiope Gebrselassie, si ritira al 35° km. Makau, parlando del ritiro di Gebre: «L'ho sfinito con lo zig zag».
Oltre 41.000 i partecipanti.
L'articolo di Giulia Zonca è comparso su LaStampa.it
La bandiera che Patrick Makau sventola dietro la Porta di Brandeburgo avvolge la maratona e ribalta le gerarchie. Il Kenya si è ripreso il record del mondo, lo ha tolto a Gebrselassie, all'Etiopia e qui non si tratta di statistica. È una sfida che dura da anni, supremazia territoriale, regni che si succedono e 21 secondi, lo scarto tra il neo primato e quello vecchio, sono più che sufficienti per decretare una nuova era.
Non è questione di generazioni, Makau, che ieri ha vinto la 42 km di Berlino in 2 ore 3 minuti e 38 secondi, ha 26 anni, il suo connazionale Wanjiru, talento assoluto della specialità, morto in maggio, era più giovane e aveva iniziato a prendersi successi importanti quando aveva 20 anni. Non si tratta solo di età, è un vero e proprio passaggio di consegne. Traumatico ovviamente. Succede al chilometro 27: Makau scatta deciso, Gebre, che fino a lì lo aveva marcato in serenità, allunga e si ritrova senza fiato, senza gambe, con lo stomaco chiuso, l'aria che non circola e si ferma. Lascia il percorso. Mani sulla pancia, mani sul viso e poi mani appoggiate alle gambe, sembra che voglia vomitare, dirà che non riusciva a respirare per un improvviso attacco d'asma ma quel che vede chi lo guarda è puro panico. L'etiope sa che questo sarebbe il secondo ritiro consecutivo dopo New York, lo scorso novembre. A 38 anni suona come una sentenza definitiva. Dopo il primo abbandono decise di ritirarsi: «Non sopporto di continuare senza più essere protagonista» e nove giorni dopo cambiò idea, «scelta troppo azzardata». Non si era consultato con lo Stato che ha pressato per un prolungamento di carriera e stuzzicato la sua ambizione: «Tu sei l'Etiopia». Tutto questo deve essergli passato davanti agli occhi in quel minuto perso a litigare con i suoi polmoni, è rientrato in gara, ormai distante da Makau che correva verso il record, ma 8 km dopo la convinzione e la benzina erano finiti. Non si corre dietro a chi sta per detronizzarti.
Makau ha dato il meglio quando si è sbarazzato del rivale che ha chiamato «eroe» una volta tagliato il traguardo, però ha anche sottolineato che il suo idolo è Paul Tergat, ultimo keniano a custodire il titolo di maratoneta più veloce del mondo. Attenzione alla progressione: Belayneh Densimo (Etiopia) è il primo ad andare sotto le 2 ore e 7 minuti, nel 1988; Paul Tergat (Kenya) il primo a scendere sotto le 2 ore e 5 minuti, nel 2003; Haile Gebrselassie (Etiopia) il prima ad abbattere il muro delle 2 ore e 4 minuti il che suggerisce che a Makau ora toccherà spingersi a un tempo più basso delle 2 ore e 3 minuti per pareggiare i conti.
Al momento è già raggiante così: «Il più bel giorno della carriera, della vita no perché quando hai un figlio non lo puoi dire. La gara è stata bella, al mattino mi pareva di non sentirmi al meglio, poi ho iniziato a correre e i dubbi sono spariti solo che non stavo tranquillo con un campione come Gebre alle calcagna. Ho fatto un po' di zig zag per stancarlo, quindi ho tentato lo strappo. È andata bene». Cioè lasciare il re della strada lì, stravolto, non gli è affatto dispiaciuto. Del resto Makau è un tipo schietto, ammette che ha iniziato a fare questa fatica «per migliorare la mia condizione» e in realtà non solo la sua perché ha già diffuso ricchezze per la regione d'origine.
È l'uomo del momento, cinque maratone corse e tre successi, ora va a caccia del titolo olimpico: «Se Dio vuole sarò oro a Londra 2012». Oltre al volere di Dio farà bene a stare attento a dove mette i piedi perché a Londra, in aprile, è caduto e ieri a Berlino stava per giocarsi cronometro e gloria per un errore. Ha sbagliato strada a 200 metri dall'arrivo e ha dovuto cambiare corsia saltando oltre lo spartitraffico. Un imprevisto da sommare ai secondi spesi per tramortire Gebre con lo zig zag: il record del mondo poteva essere anche più basso.
Makau è arrivato in calando, ha spinto come un matto tra il 27° km (quello dello scatto) e il 35°, dopo ha gestito con il sorriso e l'ansia di fermare il cronometro. Una volta realizzato quel che gli era riuscito ha trovato nuove energie e salutato il pubblico con calorosi cinque per poi avvitarsi su se stesso abbracciato alla bandiera. Kenya ovunque perché tutto il podio arriva da un'unica nazione, la stessa che ha monopolizzato la maratona femminile ai mondiali di Daegu: dal primo al terzo posto. Momento di grazia o «Potere Kenya» come scrive il Daily Nation, giornale di Nairobi. Tra i campioni da omaggiare al ritorno ce n'è anche uno imprevisto: Stephen Kwelio Chemlany potrebbe persino dover rinunciare alla borsa di ingaggio per l'orgoglio del piazzamento. È una delle lepri, in teoria doveva fermarsi dopo aver scortato i corridori di testa. Quando Makau è andato via da solo, a 10 km dalla fine, Chemlany si sarebbe dovuto sfilare, il galateo dell'uomo da spremere prevede il ritiro in buon ordine una volta sbrigato il lavoro. Invece questa lepre se ne è fregata degli ordini di scuderia e ha continuato fino al secondo posto, festeggiato a 4 minuti da Makau. Non si molla una corsa che sta per diventare un trionfo nazionale.
Il cronometro di Makau non è in assoluto il più veloce di sempre, Geoffrey Mutai, a Boston, ha chiuso in 2 ore 3 minuti e 3 secondi ma quel percorso non può essere omologato, troppe discese. Mutai era seccatissimo quando ha capito di aver mancato la storia, solo ieri si è calmato. È keniano anche lui e come il resto del paese ha pensato una sola cosa: «Il record è tornato a casa».