(Maurizio Crispi) Ho letto con interesse il recente post di Filippo Castiglia (feliperun) su "Corsa y Mucho Mas", dal titolo Strumento corsa.
Eccone l'incipit
A forza di ripetute, di distanze misurate, di cronometri precisi, di percorsi conosciuti ci deve essere sfuggito che correre serve a muoversi.
Muoversi, spostarsi, viaggiare, scoprire, esplorare.
Oh sì, direte voi, chi si cimenta in estenuanti ripetute non fa altro che esplorare i propri limiti, ma cosa ne è stato del correre per andare da un posto ad un altro?
Può la corsa tornare ad essere uno strumento per visitare un luogo?
La risposta è sì, non c'è alcun dubbio.
Non bisogna dimenticare che, in un certo senso, siamo "nati per correre".
In epoche ancestrali, quando il cavallo non erano stato domesticato, i piedi erano i nostri cavalli (e questa semplce verità sopravvive nell'espressione "andare in un posto con i cavalli di San Francesco (o di San Pietro)".
Nel nuovo mondo che ignorava la ruota e dove i cavalli arrivarono soltanto in seguito come effetto del cosiddetto "scambio colombiano" ciò era molto più rimarchevole. Ci si spostava a piedi per tutte le necessità e, per fare più rapidamente, si procedeva al piccolo trotto.
Gli Apache erano maestri in questo modo tattico di spostarsi sia per le esigenze della caccia sia per quelle della guerra.
Anche in Occidente lo spostamento strategico di grandi masse d'uomini avveniva a piedi e, per determinate esigenze tattiche, manipoli di soldati scelti si spostavano di corsa.
Alcuni venivano appositamente addestrati a correre per 24 ore consecutivamente senza mai fermarsi: costoro nel mondo greco venivano chiamati "emerodromi" e Fidippide, considerato oggi, il precursore storico della Maratona era appunto un emerodromo.
I pellegrinnagi avvenivano a piedi e ancora a piedi li si compiono oggi, come unico retaggio di un'Umanità in costante movimento con l'unico ausilio delle proprie gambe.
Ma non c'era fretta, allora. Solo i messaggeri andavano a velocitù più sostenute, ma - nel loro caso - si attuava un sistema a staffetta con frazioni di circa uno-due chilometri.
L'archeologo ed esploratore tedesco Viktor W. von Hagen, al tempo di uno dei suoi viaggi di ricerca in Perù, ha materialmente sperimentato con l'ausilio di alcuni Indios reclutati a tale scopo che - con questo sistema di messaggeri - l'imperatore degli Incas poteva ricevere il pesce fresco preso nell'Oceano da imbandire sulla sua tavola nel giro di meno di 24 ore.
Camminare (o correre lentamente) ci espone ad un diverso contatto con la realtà in cui siamo immersi e con la natura/ambiente. Osserviamo tutto in maniera diversa e più profonda, ce ne lasciamo permeare, man mano che l'angolo di visione si va impercettibilmente modificando con il nostro incedere.
Camminando (o correndo lentamente) si è maggiormente inclini alla sosta e alla riflessione, a volte se abbiamo un compagno di viaggio accanto anche alla conversazione.
La corsa lenta (o il camminare) ci fanno immergere nella grana delle cose e ci consentono di avere una diversa percezione del tempo, sicché diventa meno assillante il vettore lineare del tempo.
Ci si chiede (e Filippo Castiglia si chiede nel suo post) se non sia possibile rendere possibile a tutti di andare al lavoro correndo (o camminando)
La Gran Bretagna è leader in questo (ma anche molti altri paesi del Nord Europa).
E' una realtà ormai acquisita questa! Ci sono tantissimi che, a Londra, vanno al posto di lavoro correndo.
Escono di casa in abbigliamento da corsa con uno zainetto sulle spalle, nel quale ripongono il lunch e quanto occorre loro per un'intera giornata fuori casa.
Arrivano di corsa sul posto di lavoro. Lì si cambiano e indossano gli indumenti di lavoro.
Non dmentichiamoci, però, che a tutti - anche agli impiegati d'ufficio - è concesso l'uso di un proprio armadietto personale dove ciascuno può tenere un ricambio di vestiti adatti alle esigenze lavorative.
Quindi, al termine della loro giornata di lavoro, ri-indossano l'abbigliamento sportivo e tornano a casa di nuovo di corsa.
Se pensiamo alla situazione dei bambini kenyano che percorrono anche 20 km per andare a scuola e che poi rifanno la stessa strada alla fine delle ore di scuola, questomodo di correre "strumentale" lo potremmo battezzare il "modello kenyano" dell'utilizzo della corsa come mezzo di spostamento.
La stessa cosa vale per chi va al lavoro in bici: vi è Londra da parte della pubblica amministrazione una politica che incoraggia attivamente l'uso della bici e di altri mezzi non contemplanti l'uso dei mezzi motorizzati per recarsi al posto di lavoro.
Andare al lavoro sia di corsa sia in bici é una soluzione possibile e praticabile che consente di fare giornalmente dell'attività fisica senza rubare altro tempo alla dimensione della vita familiare, nello stesso tempo ottenendo un risparmio consistente sul costo mensile del trasporto pubblico.
Noi Italiani, purtroppo, siamo afflitti da un eccesso di formalismo che, il più delle volte, non ci consente di percorrere queste vie, friendly non solo per l'ambiente ma anche per il nostro stesso corpo.
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