(dal sito web della IUTA- Italian Ultrarunning Trail Association) Mercoledì 17 dicembre 2014 si sono svolti i funerali di Lino Dalmazi (nato a Cordenons nel 1933), uno dei pionieri della 24 ore, che ha scritto in passato alcune tra le più belle "pagine" della storia dell'ultramaratona italiana tra le quali una grande prestazione di 211,008 km a San Vito al Tagliamento realizzata nel marzo del 1982 (e negli anni più tardi alcune straordinarie partecipazioni alla 100 km del Passatore, ancora brillanti benchè egli fosse già ottantenne ed oltre). Claudio Sterpin, suo amico affezionato e compagno di molte imprese, lo ricorda così, raccontando con dettagli tecnici e tanto "cuore" l'uomo e l'atleta Lino Dalmazi, ma anche il suo ispiratore.
Lino Dalmazi "Razza Piave" - Claudio Sterpin lo ricorda così. Ho conosciuto Lino Dalmazi nel 1978, giungendo secondo dietro a Lui nell’edizione di quell’anno della “ S.Marco “, gara di Marcia agonistica di 78 Km che allora univa le due Piazze San Marco di Venezia e Pordenone. Già dalle prime “chiacchiere dopo gara” s'è instaurato fra noi un senso di amichevole complicità nello scoprire reciproco interesse per le medesime “avventure” sportive.
Io avevo già concluso un paio di “24 ore” di corsa ed una mezza dozzina di “100 km” mentre Egli, di qualche anno più anziano di me, vantava già risultati di prestigio sulle lunghe distanze della marcia agonistica, sebbene si fosse avvicinato da pochi anni alla specialità.
Oltre a vincere anche l’edizione precedente della stessa “S. Marco”, aveva già migliorato anche il limite nazionale delle “24 ore di Marcia su pista” già detenuto dal milanese Osvaldo Biava, portandolo ben oltre i 190 KM. Mi aveva manifestato l’intenzione di partecipare l’anno successivo alla “Strasburgo-Parigi”, marcia no-stop di oltre 500 Km (della quale avevo avuto qualche sentore senza però sapere ancora nulla sulle sue specificità).
In me era già scattata la molla che ci avrebbe indissolubilmente unito per il quadriennio seguente.
Nell’anno successivo gli sono stato accanto sia nel riuscito tentativo di superare il suo stesso record nazionale, portato ad oltre 205 km, che nella sua prima partecipazione a quella Strasburgo-Parigi che ormai aveva stregato entrambi.
Solamente l’inesperienza gli ha impedito di concludere la prova già al primo tentativo.
Infatti, quando mancavano una cinquantina di chilometri alla fine, la malaugurata idea di fermarsi pochi minuti per farsi massaggiare lo ha invece completamente bloccato impedendogli di muovere letteralmente passo non appena ridisceso dal camper e causandone l’inaspettato ritiro.
L’insuccesso però, lungi dall’abbattere il nostro morale, era servito a convincerci di preparare caparbiamente una successiva partecipazione di entrambi.
Nell’autunno di quel 1979 abbiamo affrontato con successo sia una 100 km su pista a Sacile che i 50 km del Campionato italiano di marcia ad Ostia e, nella successiva primavera, dapprima la “200 km di marcia di Lagny” (sobborgo orientale di Parigi) e poi la “ 200 km di Vallorbe” (cittadina svizzera al confine con la Francia, sede di una numerosa colonia di italiani, da anni colà emigrati con le famiglie per lavoro, i quali ci hanno riservato un’emozionante e trionfale accoglienza nel loro Circolo in seguito al nostro inaspettato risultato in gara, dove abbiamo occupato le due prime posizioni).
Questi risultati inoltre avevano qualificato entrambi a partecipare alla successiva “Strasburgo-Parigi”, destinata a rimanere l’ultima edizione di quella serie.
Lino, alla sua seconda partecipazione, terminava la sua prova cogliendo un lusinghiero quinto posto mentre io pagavo il “quasi inevitabile scotto della prima volta” venendo arrestato dalla giuria poco prima dei 350 Km, in ventiduesima posizione ma considerato troppo attardato rispetto al primo.
Il 18 settembre successivo nuovo tentativo di record (da parte sua…) sulle “24 Ore di marcia in pista” a Pordenone.
Stavolta però il limite prescelto da superare era un record mondiale “ufficioso” di 217 km (mentre invece solo successivamente si sarebbe appurato che questo non era stato stabilito su pista, mentre il record mondiale su pista allora considerato dalle federazioni internazionali corrispondeva ai 214,058 km stabiliti dall’inglese Hew Neilson il 14/15 ottobre 1960…!).
Io, partito naturalmente assieme a Lui, gli facevo compagnia in pista “da lontano” venendone doppiato ogni quarantina di minuti. Successe che verso la sedicesima ore di gara il suo stomaco ha iniziato ad andare “in subbuglio”, facendogli rimettere qualsiasi cosa intendesse introdurvi.
Dopo che alcune soste, anche di diverse decine di minuti, si erano rivelate inutili, aveva preferito arrestarsi abbandonando definitivamente il suo tentativo.
Contemporaneamente, però, aveva incitato me a proseguire nella mia azione, che secondo le mie intenzioni iniziali doveva portarmi a superare appena i 200 km, per poter essere presa in considerazione dalla Federazione francese per la graduatoria della stagione successiva.
Quando mancavano meno di tre ore alla conclusione però, la giuria mi informava che, aumentando la mia andatura in modo da recuperare poco più di una decina di secondi al giro avrei avvicinato o superato il limite di Dalmazi.
Ricordo nitidamente come, incitato anche e soprattutto dallo stesso Lino, in pista parzialmente ristabilito ma ormai irrimediabilmente attardato dalle troppe ore si sosta, dopo un paio di tentativi infruttuosi, nelle ultime due ore sono riuscito ad impostare e mantenere un ritmo tale da superare alla fine - assolutamente inaspettatamente per me - il Suo record per un paio di giri e portarlo ai 206,463 Km.
Nel seguente 1981 ci siamo qualificati agevolmente entrambi per partecipare alla prima edizione della “Parigi-Colmar”, tutt’ora in vigore (anche se, ormai da quasi dieci anni, la sua lunghezza si è stabilizzata sugli attuali 445 km, distanza molto più “umana” ed enormemente più accessibile rispetto ai precedenti percorsi, tutti attorno ai 520 km….).
Comunque anche in quella, per me seconda e per Lui terza (ma anche ultima purtroppo) partecipazione, entrambi siamo stati arrestati dalla giuria attorno ai 400 km, nuovamente perché troppo attardati rispetto al leader e, soprattutto, nell’impossibilità di giungere al traguardo nelle 74 ore concesse …
Probabilmente anche queste decisioni Lo hanno portato a desistere di preparare ulteriori partecipazioni alla prova, mentre io avevo manifestato l’intenzione di ritentare ancora di portarla a termine. In Lui però era rimasta aperta quella sfida al record mondiale delle 24 Ore.
Il tentativo, effettuato stavolta senza il mio supporto poiché nello stesso Week-end io ero impegnato nella “200 km di Bar Le Duc”, quale prima prova di selezione per la prossima Paris-Colmar, sebbene ancora lontano dal record mondiale, Lo aveva portato a superare abbondantissimamente i nostri limiti precedenti ed il record italiano era salito addirittura a 211,008 Km, risultato comunque strepitoso ma “canto del cigno” di Lino Dalmazi agonista!
Un mese dopo, esattamente com’era successo due anni prima, esclusivamente per risparmiare un viaggio in terra di Francia, alla ricerca di una prova selettiva per qualificarmi alla partecipazione della prossima Paris-Colmar, mi sono riorganizzato una “24 Ore di marcia su pista” nello stadio comunale di Muggia (TS) gentilmente messo a disposizione “a titolo gratuito” dall’amministrazione comunale.
Ebbene, esattamente come nella precedente occasione, anche stavolta il ritmo imposto fin dall’inizio è risultato tale da poter superare, alla fine, il record recentemente stabilito da Dalmazi.
I tempi di passaggio fatti registrare ai 100, 150 e 200 km confermavano ampiamente tale possibilità (lo stesso Lino, passando per Muggia sulla strada di una visita turistica in Istria quando mancavano poche ore alla fine del tentativo, aveva previsto in anticipo il successo…) ed infatti alla fine, nuovamente in maniera assolutamente inaspettata alla vigilia, il limite stabilito da Dalmazi veniva nuovamente superato e portato ai 215,143 km, considerati anch’essi solamente record italiano per quasi un decennio successivo…
Da allora sono trascorsi oltre trent’anni. Con Lino ci siamo risentiti e rivisti diverse volte (alcuni anni fa, a S. Giovanni Lupatoto la IUTA ha voluto unirci nella premiazione dei “Pionieri Italiani dell’Ultramaratona”) ma mai abbiamo sfiorato, nel discorso, questi avvenimenti come “rivali”, anzi! Porterò sempre nel cuore il ricordo di Lino Dalmazi come colui che mi ha “spinto” a fare le cose che Lui già faceva e, sicuramente, senza la sua figura Claudio Sterpin non avrebbe percorso la strada che ha percorso.
Da tanti anni Lino trascorreva buona parte dell’anno nella sua casa in Sicilia.
Mi ci aveva invitato per farci ancora qualche camminata assieme, purtroppo non è successo ma chissà? ... Forse… prima o poi…
Ciao Lino….