Non c'è peggiore giornalista o opinionista che utilizzi la sua fama e la sua onnipresenza mediatica per screditare cos, persone o eventi solo perché non gli (o le) garbano personalmente e che trasformano una personale idiosincrasia (o vigorosi pregiudizi o ignoranza di base di ciò di cui parlano) in opinione generale o argomentano ai fini di una stroncatura virulenta e ingiustificata.
E' ciò che ha fatto il noto Giampiero Mughini a proposito della Maratona di Roma che come dice al termine della sua lunga "...gli ha rotto i coglioni".
Ma cosa sa Mughini della maratona, dei suoi significati e della bellezza dell'impresa che offre ad una moltitudine (sia nei panni di atleti, sia in quelli di spettatori) di vivere una città in una maniera diversa dal solito?
E vorrei dire a Mughini che proprio la Maratona di Roma si sta conquistando a poco a poco, grazie all'impegno e alla professionalità dei suoi organizzatori un posto sempre più di prestigio tra le grandi maratone nel mondo e tra quelle europee, ancora di più: nulla di strano che, tra breve, possa essere accolta nel club esclusivo e ristretto delle "major" maratone nel mondo.
E, a differenza di quanto egli dice con acrimonia, il confronto tra Maratona di Roma e Maratona di New York regge, anche se-ovviamente - quella di New York è più anziana ed è stata il primum movens del movimento mondiale degli amanti delle 42,195 km e la scaturigine dello sviluppo di tutte le grandi maratone del mondo che, dalla Grand Mela, in fondo, sono nate.
Sì, quando in una grande città si corre una maratona, ci può essere qualche disservizio, ma c'è anche l'occasione di una grande festa per tutti, sia in termini sportivi sia in termini di spettacolo: ed questa la cosa più importante, oltre naturalmente al fatto che un evento di così vaste proporzioni fa da volano per l'economia locale e accresce ulteriormente i numeri del turismo.
Giampiero Mughini dovrebbe chiedere scusa a tutti i maratoneti che hanno vissuto onestamente e con fatica (ma soprattutto con gioia) la loro esperienza alla maratona di Roma.
Ma si sa che le persone come lui non chiedono scusa a nessuno e procedono per la loro strada, tranciando giudizi a destra e a manca.
Probabilmente, in un fantasioso inferno dantesco, applicando la legge del contrapasso, a lui che ha parlato così vilmente di un evento sportivo amato da decine di migliaia di persone (e mi riferisco a tutti i maratoneti a quelli che, usando le sue parole, "trotterellano come cretini in braghette e cappellino sghembo"), sarebbe sicuramente comminata la pena di correre ogni giorno una maratona, al cospetto delle moltitudini che ha dileggiato e che lo potrebbero calorosamente incoraggiare con lanci di materiali disparati, morbidi tuttavia, benché di oscure origini, come si faceva un tempo con le persone condannate al pubblico ludibrio
Caro Dago, ma è immaginabile che cittadini italiani a centinaia di migliaia - e che altra colpa non hanno che di vivere a Roma - siano costretti a passare la mattina di una domenica di marzo recintati e impediti di andare da un quartiere all’altro della loro città, né più né meno dei palestinesi che vivono intorno agli insediamenti israeliani nella West Bank?
Ma è immaginabile che chi regge le sorti della città di Roma arrivi all’imbecillità e alla demagogia di voler trasformare per un giorno in parco giochi una città dove non c’è un centimetro quadro per spostare uno spillo?Ma è immaginabile una città spaccata in due, le due metà impenetrabili l’una all’altra, dalla farsa di far trotterellare in pantaloncini corti e cappellino qualche giovanotto e qualche italiano stagionato che non vuole arrendersi, e la chiamano “maratona di Roma” a scimmiottatura di quella di New York?
Per uno come me che stamattina era uscito non per andare a mignotte per guadagnare qualche euro di che pagare le bollette, è stato un inferno. Niente bus, ci mancherebbe altro, e questo a rendere onore agli sgangherati corridori della domenica. Niente bus per chi deve andare a visitare un parente malato o comprare di cui ha urgente bisogno. Sbarramenti e vigili a tutto spiano a impedire di andare e vivere, quel che si fa ogni giorno in una grande città.
Una grande città che a differenza di New York non ha una grande rete di trasporti underground: per cui o ti muovi in superficie o muori. La città spaccata in due, l’ho detto. Già un’altra domenica (di quando avevo dieci anni in meno) per andare a prendere un treno a Termini dal quartiere di Monteverde dove abito non c’erano né taxi Né bus. Mi sono portato la valigia a mano, e ci sono andato a piedi. Io sì che correvo per arrivare in tempo a Termini. Canaglie.
E pensare che montavo su quel treno non per andare a far visita a una escort, e bensì per fare un lavoro il cui guadagno avrei diviso a metà con lo Stato e con i suoi professionisti in fatto di demagogia e pagliacciate.
Volete fare trotterellare i corridori della domenica? Benissimo, fategli fare trenta volte su e giù le collinette della bellissima villa Pamphili. Oppure mandateli allo sprofondo, dove non avranno di che paralizzare la città. Oppure fategli fare non so quante volte il giro di un qualche cortile e mentre le telecamere li riprendono, in modo che il parco giochi sia soltanto virtuale. Che è poi quello che conta ai fini dell’immagine di una amministrazione attenta ai parchi gioco. Fate pure, purché non rompiate quei nostri coglioni oltretutto divenuti ipersensibili. Ecco, questo è il punto: a voi che reggete Roma (e l’Italia), io non chiedo nulla di nulla di nulla. Solo di non rompermi i coglioni.
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mughini: "ma è immaginabile una città spaccata in due dalla farsa della
MUGHINI Giampiero Mughini a Dagospia Caro Dago, ma è immaginabile che cittadini italiani a centinaia di migliaia - e che altra colpa non hanno che di vivere a Roma - siano costretti a passare la ...
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