
(Maurizio Crispi) Ars Sana in Mente Insana (Edizioni Medinova 2017)è un'opera costityuita da due tomi indivisibili che sono rispettivamente "Droga nell'Arte" (che vede come autore Pino Clemente, con Prefazione di Maurizio Crispi) e "La Follia nell'Arte. Storia e indagini sull'arte e la follia" (che ha come autore Gino Pantaleone, con prefazione di Aldo Gerbino e un contributo di Alessia Misti).
L'opera, nel suo complesso, si presenta come un'incursione investigativa sull'arte, sulle origini della creatività, sulla follia e sull'uso di droghe a supporto della creatività.
Entrambi i tomi sono densi di riferimenti letterari, filosofici e lievemente tecnici (ma non troppo perchè ciò avrebbe reso la lettura ostica) inclusi degli excursus sulle modifiche funzionali ed organiche che le sostanze psicoattive possono determinare.
I due volumi vengono definiti "tomi" e ciò potrebbe scoraggiare un lettore di questa recensione interessato ad acquisirli per una lettura approfondita: in realtà i due volumi assieme hanno le dimensioni, il peso e la consistenza di un breviario di dimensioni medio piccole e possono essere trasportati agevolmente in una tasca capiente oppure in borsa per una lettura da viaggio o da panchina.
In altri termini, i due "tomi" sono delle dimensioni ideali per farli divenire dei volumi itineranti e da viaggio: la loro struttura peraltro è tale da renderli volumi che si possono leggere a lascia e prendi, senza richiedere una lettura continuativa, con in più la possibilità di entrare nel testo da qualsiasi punto, anche aprendo a caso ciascuno dei due volumi o sfogliandone pigramente le pagine in attesa che l'occhio si soffermi su di un capitolo che susciti un maggiore interesse.
Ambedue rifuggono infatti da un'esposizione accademica di tipo trattatistico, anche se il volume firmato da Pantaleone si presenta con un testo più organico e con capitoli di ampio respiro ciascuno dei quali è bene leggere per intero.
Ma qui voglio soprattutto occuparmi del volume a firma di Pino Clemente.
Di grande importanza qui sono le numerose "soglie del testo": che sono - oltre alla copertina, magistralmente illustrata dall'artista Leonardo Ligustri, due epigrafi, un prologo e una prefazione. Tralasciando la prefazione di cui io stesso sono l'autore, il Prologo (pp. 7-16) rappresenta a tutti gli effetti un primo capitolo di backstage: un capitolo nel quale Pino Clemente ci parla di Sé, del suo percorso di studi universitari e formativo e, quindi, delle origini di questo volume che, a tutti gli effetti, trae il suo nucleo originale dalla sua tesi di laurea in farmacologia, conseguita ben prima del diploma ISEF e che ha mantenuto un carattere sempreverde e attuale nel corso del tempo.
Un materiale che, evidentemente, é stato sempre caro a Pino Clemente e che egli con un ulteriore sforzo rielaborativo e di aggiornamento ha voluto riportare in vita: chi scrive abitualmente e possiede la consuetudine a pubblicare o ad essere pubblicato, ha sempre il desiderio di poter lanciare nel mondo anche quegli scritti che sono rimasti nel cassetto, in attesa di tempi migliori.
Ma oltre a queste informazioni "storiche", il prologo fornisce anche altri flash, uno dedicato a Filippo Carmeni, motore trainante a Palermo dell'atletica e dello sport studentesco cui Pino Clemente deve il suo primo amore per l'Atletica Leggere che poi, per necessità familiari, dovette essere inizialmente soppiantata dall'iscrizione nel corso di laurea in Farmacologia; l'altro invece a un episodio collegato alla pubblicazione del suo volume L'Atletica é leggera" alla presentazione di esso in occasione dei Ludio di Enea a >Pizzolungo sul litorale di Trapani, per ricordare la morte accidentale di una mamma con i suoi due bambini colpita dall'attentato dinamitardo di stampo mafioso il cui obiettivo era il Sostituto Procuratore Carlo Palermo.
Dopo la prefazione (pp.17-25), segue una breve Introduzione (pp.27-29) che espone brevemente le tesi del libro su quali possano le scaturigini della creatività artistica e se le sostanza psico-attive possano, in vari modi e secondo le peculiarità dei loro meccanismi d'azione determinare un potenziamento della creatività artistica (se già preesistente) o stimolarla in individui che non l'abbiano mai manifestata prima.
Quindi, si entra nel vivo, con un capitolo "Cenni storici" (pp.31-34) in cui si parla dell'inesausta tendenza dell'uomo a ricercare gli effetti delle sostanze psico-attive (le "droghe") per produrre dentro di sé quelle alterazioni che in antico potevano essere considerati il canale privilegiato per entrare in contatto con il Divino e il Trascendente o che, in epoche più recenti, hanno avuto la definizione di "Stati Alterati (o modificati) di Coscienza", in genere dei movimenti mentali verso l'alto (sostanze che producono eccitamento delle funzioni psichiche) oppure verso la loro depressione sino - eventualmente -alla narcosi, oppure ancora alterazioni nel senso del dis-funzionamento (le sostanze psichedeliche): sostanze sin dall'origine ricercate anche nell'uso rituale per avere le visioni, esprimenti la realizzazione di un rapporto con un dio o con gli dei, o con entità superiori, oppure ancora per condurre l'utilizzatore a compiere un viaggio sciamanico nel cuore delle "terre oscure", al compimento del quale potrà ricevere l'attribuzione di poteri taumaturgici.
Segue infine la trattazione delle sostanze psicoattive (senza distinzione se esse siano legali o illegali), una trattazione ed una disposizione secondo ordine alfabetico del nome della singola sostanza in italiano: qui ognuno potrà saltabeccare a suo piacimento, andando alla ricerca di ciò che più lo interessa per poi ritornare indietro a leggere le parti omesse.

L'excursus delle sostanze non è nello stile del trattato di farmacologia. Quando ero studente universitario ed ero già molto interessato a esplorare i territori delle droghe che alterano la mente ero sempre scontento di ciò che trovavo nei testi sacri di "farmacologia", poiché qui la trattazione, sostanza per sostanza, pur precisa e scientifica (dalai riferimenti chimici all'esposizione degli effetti fisiologici a quelli "patologici") era asettica e senz'anima. Notavo che gli estensori delle voci, invariabilmente, nascondevano se stessi, all'insegna d'una presunta (e travisante) neutralità scientifica e non davano quasi mai voce a chi aveva effettivamente compiuto delle esperienze. Capii allora che, per risolvere questa impasse, avrei dovuto rivolgermi alla letteratura e quindi mi ritrovai a passare in rassegna e ad assorbire tutti i testi in cui letterati, psicologi o anche scienziati (come fu il caso di Albert Hoffmann e del suo "bambino difficile") si ritrovano a raccontare ciò che essi stessi ebbero modo di sperimentare, utilizzando se stessi come cavie e come terreno di esplorazione).
L'opera di Pino Clemente, in questo senso, sfugge alla trattatistica convenzionale (anche se, ovviamente, viene riportato sostanza per sostanza uno schema cognitivo di riferimento) e si fonda piuttosto su di una serie di riferimenti letterari oppure di personaggi (artisti delle arti figurative oppure musicisti, siano essi suonatori o cantanti) che abbiano sperimentato su di sé l'effetto delle sostanze psico-attive, le cui parole vengono citate come testimonianza di supporto, ma anche ovviamente per stare dentro la tesi del libro.
Di particolare interesse é, poi, la parte in cui nel volume si riferisce, sempre con il supporto di una casistica illustre (a partire da Fidippide sino ad alcuni ultrarunner siciliani) sulle esperienze allucinatorie in corso di gare di endurance. Su questo c'è ovviamente tanto da dire: anche perché le modificazioni neurofisiologiche che si verificano nel corso delle attività fisiche di lunga lena (non solo la corsa, dunque) ampliano notevolmente il punto di vista sulla forte dimensione "endogena" del fenomeno dell'abuso di droghe. Nel senso che tutte le sostanze psicoattive esogene, per vie diverse a seconda delle sostanze implicate (in alcuni dirette o direttissime, in altri un po' più tortuose e complesse), si ritrovano ad agire sui medesimi trigger cerebrali, determinando il rilascio di determinati mediatori chimici (dopamina, serotonina, endorfine), ciascuno dei quali ha delle proprie specificità.
La corsa e gli sforzi di lunga durata, le tecniche di respirazione, l'aumento della percentuale di CO2 nel sangue (come illustrato da Aldous Huxley in un suo saggio) il digiuno protratto possono produrre effetti analoghi a quelli indotti da una sostanza psicoattiva esogena, anche se più "sottili" e tali da richiedere un percorso di apprendimento per poterli identificare.
Emerge da tutto ciò che gli ultrarunner al di là delle più varie motivazioni razionali che possano dare del loro correre covano dentro di sé un forte desiderio di trascendenza (per quanto inconfessato) e di ricerca di quelle modificazioni neurochimiche e neurofisiologiche di cui - per la più parte - nemmeno conoscono l'esistenza e che rappresentano la porta d'ingresso, di fatto, in uno stato modificato di coscienza..
E qui si apre un capitolo immenso che è ancora tutto da esplorare, come è quello delle endorfine e della loro azione nel rendere sopportabile la fatica di lunga durata: il meccanismo endorfinico (come ben sa chi ha sperimentato di correre un'ultramaratona si attiva ad un certo punto della corsa come un vero "switch" (interruttore) che fa entrare la mente in uno stato "vicario" in cui la percezione del dolore e della fatica sono attutiti, ma nello stesso tempo si può aprire la via a stati "sognanti" della mente". Vorrei ricordare qui che Samuel Taylor Coleridge, considerato uno dei fondatori del Romanticismo inglese assieme a Wordsworth, scrisse il visionario poema Kubla Khan sotto gli effetti di un'intossicazione da oppio.
Alle schede sulle singole sostanze, segue una serie di brevi capitoli di "approfondimento" che rappresentano l'attualità rispetto al materiale originario che costituisce la base del volume (e non possono mancare anche dei riferimenti al doping che, al di là delle sua multiforme chimica crea in coloro che vi si espongono un'attitudine del tutto simile alla dipendenza da sostanze psicoattive più canoniche).
Una bibliografia, d'obbligo, fornisce ai lettori più curiosi ed esigenti le indicazioni per potere accedere ai testi citati.
E, infine, non manca un appendice fotografica con alcune foto d'epoca che servono a corredare soprattutto il prologo.
Insomma, il volume La Droga nell'Arte, assieme all'altro suo gemello indivisibile, La Follia nell'Arte, è davvero un gioiellino e, ai tempi dei miei studi universitari, avrebbe sicuramente appagato le mie curiosità in questo campo. Ampio, infine l'apparato di note a pie' di pagina con numerose ed esaustive note bio-bibliografiche di alcuni dei personaggi e degli autori citati.
La sua collocazione è quindi, in un'ideale Biblioteca dedicata alle sostanze psicoattive, nello scaffale dove stanno tutte le opere che si sono occupate di approfondire una cultura generale delle droghe e dei meccanismi mentali che ne sottendono l'uso.
Essenziali notizie sull'autore. Pino Clemente, palermitano, nato l’anno dopo l’Olimpiade di Berlino, cinquantotto anni di giornalismo sportivo alle spalle, dopo la laurea in Farmacia si è diplomato all’ISEF ed ha percorso tutti i gradi, fino alla cattedra di Atletica Leggera che, successivamente all’invalidante incidente automobilistico del 23 giugno 1995, si è arricchita con l'insegnamento di Metodologia dell’Allenamento.
Ha insegnato anche a Scienze Motorie la citata materia.
Autore di libri che hanno fatto epoca come “L’Atletica è Leggera”, “La Scienza e l’Arte dell’Allenamento”, "Il Mezzofondo Prolungato"e la ponderosa opera “Storia dell’Atletica Siciliana” con Sergio Giuntini, storico dello Sport.
Ha diretto CorriSicilia, il mensile dell’atletica siciliana. Intensa la sua attività su Facebook. Molti dei suoi articoli pubblicati su questa testata (dal 1991 al 2005) sono stati successivamente raccolti e pubblicati nei tre volumi "Le Scarpette Chiodate" (Edizioni CorriSicilia).
(Gino Pantaleone, da una nota su FB, modificata) Sabato 5 agosto 2017, al Farm Cultural Park di Favara, dialoghi molto interessanti per "Ars sana in mente insana" di Pino Clemente e Gino Pantaleone II alla presenza dei prefatori Maurizio Crispi (per "Droga nell'arte") e di Aldo Gerbino (per "La follia nell'arte") e all'editore Medinova, Antonio Liotta. E' stato tributato un grande plauso al grande assente Pino Clemente e si è tentato di sviluppare pensieri sugli effetti della droga e della follia nella creazione artistica. Notevole il contributo di Alessia Misiti su "Musica e ritualità", cioè, sugli effetti della musica su musicisti e spettatori durante i concerti soprattutto quelli rock! La follia impersonata da quel grande musicista Salvatore Nocera Bracco, istrione e coinvolgente, che è intervenuto anche nel dibattito da medico quale egli è, con esperienze da "manicomio", con grande competenza.
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