E' mia ferma convinzione che le corse di lunghissima durata - strettamente apparentate con i camminare pensoso e con il pellegrinaggio - abbiano una forte valenza spirituale, di crescita interiore e devozionale. Spesso queste qualità sono riconoscibili solo nella filigrana: apparentemente sono del tutto aliene ed estranee alla mente del protagonista.
Molti runner di lunghissima lena sono dei pellegrini per caso, spesso senza averne alcuna consapevolezza, ma - pur senza saperlo - questa spiritualità dell'andare - la vivono profondamente ed intensamente.
L'impresa di Tista è un vero e proprio viaggio: non solo un viaggio che attraversa dei luoghi fisici, con paesaggi mutevoli (il cambio frequente di location in questa quarta edizione della sua impresa è importante a tal fine), ma anche un viaggio di incontri e di confronti (con altri che si incontrano lungo la strada, ma soprattutto con se stesso). Ed è infine anche un viaggio con delle connotazioni devozionali: comunque sia, sia che si arrivi da qualche parte oppure no, il viaggio alla fine avrà trasformato il viaggiatore, avrà indotto in lui una crescita o quanto meno una metamorfosi interiore.
Mi sono ricordato di una vecchia storia citata in un libro che mi capitò di leggere tempo addietro. Un nobiluomo siciciliano - si diceva che facesse parte di una dinastia di principi - voleva con tutto l'animo intraprendere un viaggio devozionale in terrasanta, ma non aveva i soldi per farlo. Volendo in tutti modi onorare il voto che in cuor suo aveva stretto decide di fare egualmente questo viaggio: misuro un percorso nel giardino della sua dimora e si mise in cammino assieme al suo fidato servitrore e ad un cane di famiglia. Ogni giorno, instancabilmente, percorreva quei chilometri previsti dalla tabella di marcia usuale di un pellegrino che a quei tempi viaggiasse a piedi. Fino a che il viaggio in terrasanta non fu completato e il voto fu sciolto.
Non a caso, e molto in sintonia con il contenuto di questa storia, proprio mentre è a Montisola Battista decide di salire più volte sino al Santuario di Santa maria De Curis per pregare e per sciogliere dei voti.
(Vitaliano "Diavolo Rosso" Grassi. Il 10° capitolo delle cronache dell'Impresa 19.100 km di Battista Marchesi) "Dai forza! Spingiamo, quasi ci siamo".
Ma lei non ne vuole sapere, la salita è ostica per tutti. Scricchiola, dondola di qua e di là, sgomma, arranca, ma chi è?
E' la bicicletta che segue Tista, lei fa il "portaborse", ma non è stipendiata come quelli che lavorano al Ministero. Oggi, però, batte la fiacca, di faticare proprio non ne vuole sapere.
Per sdebitarsi ancheTista le da pure una spinta... E che spinta! Vuole portare lassù anche lei, sino al Santuario della Madonna della Ceriola di Montisola, anticamente battezzata “Santa Maria de Curis”, per via della sua effige scolpita su un ceppo di cerro.
“Avevo fatto il voto che sarei ritornato - precisa Marchesi - non ho fatto il marinaio, le promesse sono abituato a mantenerle. Ecco perché in questa prima settimana, ci sono salito ben due volte”.
"Ci voleva una ricarica spirituale, non servono solo le gambe - aggiunge Tista - è lo spirito il vero motore che mi da la forza di proseguire; in questa chiesetta ho trovato ciò che cercavo. Prima di uscire ho voluto lasciare un mio regalo: i cinquemila chilometri sinora percorsi, la mia prima fatica che sarà religiosamente custodita”.
Scende soddisfatto, la giornata soleggiata dopo le burrasche delle scorse settimane gli riscalda il buon umore.
Se ne accorge ad Olzano un giovane e spiritoso panettiere trentacinquenne, Marino Ziliani, che tiene tanta voglia di parlare e di scherzare. “Col mio furgone - dice - porto il pane in tutta l'isola, incontro tante di quelle donnette che...”.
Schiacciando l'occhio sinistro, ammiccante ci confida: “Non sono ammogliato e per questo mamma mi dice sempre: 'O Marino, figlio mio, perché non metti la testa a posto'?”
Risponde tosto l'interpellato: "La testa a posto ce l'ho, la donna purtroppo no. La mia speranza è in Tista,sono certo mi porterà fortuna. Le aspiranti, leggendo la mia storia, se la faranno a spallate per rubarmi il cuore”. Al Marchesi tra il perplesso e il divertito gli si rizzano non le orecchie come i cani quando puntano la preda, ma solo quei quattro canuti capelli rimasti..
“Caro ragazzo, se riuscirai nella tua 'impresa' vorrà dire che mi inviterai a nozze...a novembre, però”.
Una bella risatona giunge spontanea per sciogliere l'adunata.
Gli accade spesso di essere fermato, ma che sia una papera con tredici paperelle, beh!
E' difficile da credere. Invece è proprio vero. Se loro non possono parlare è il Sior Pino che parla per loro bloccando Battista per un momento: "Lo sai perché questi anatroccoli nuotano sempre vicini alla loro mamma? Hanno paura di essere 'rubati', ogni tanto ne manca uno, se lo frega qualcuno”.
“Credevo che le mani lunghe - risponde Tista - le avessero solo quelli che tutti i giorni finiscono sui giornali e invece... abbiamo veramente toccato il fondo, ma non del lago”.
Lasciate le papere al loro destino Battista continua a correre sull'argine del lago, forse troppo vicino, potrebbe inciampare e cadervi, qualcuno obietta.
Esatto, ma Marchesi sa bene quello che fa, non lascia nulla al caso, la zona la conosce bene.
La strada è in leggera pendenza verso il lago, lui preferisce correre sull'argine in piano per non prendere una brutta piega. Piccoli trucchi che sino ad ora gli hanno permesso di superare iquindicimila metri di dislivello "approssimativamente" senza particolari problemi o conseguenze
La sua proverbiale empatica sintonia con i Montisolani è nota.
E' iniziata nel 2009 dopo il primo sbarco e si è mantenuta nel tempo. “La gente del posto non è cambiata, è brava gente che riesce a farmi sorridere anche quando non ne avrei voglia. Inconsapevolmente sono loro che mi aiutano ogni giorno. Spero - dice Tista - questa volta di lasciare un'impronta più tangibile del mio passaggio rispetto al passato, un'impronta che rimarrà nel tempo”.