La catanese Eleonora Suizzo che ha partecipato nel 2013 sia alla Maratona di Ragusa sia a quella di Siracusa, classificandosi in buona posizione, ha partecipato il 5 maggio 2013 alla Bavisela Maratona d'Europa Trieste.
Qui di seguito il suo racconto.
(Eleonora Suizzo) Il 5 maggio scorso, a Trieste, ho conosciuto la Bora. Ammetto di essere una persona abbastanza socievole, ma avrei preferito evitare, proprio oggi, di fare nuove amicizie.
Proprio oggi, infatti, si correva la Bavisela, la Maratona di Trieste, alla sua 14^ edizione, ma per me la prima.
Il mio obiettivo cronometrico era 3h29'.
La versione più ottimistica poteva attestarsi su un 3'25, quella pessimistica, su 3'32.
Il bravo maratoneta sa, però, di non poter fare programmi certi e elaborare pronostici incontrovertibili in una disciplina talmente impegnativa quale è la Signora Maratona: pertanto, anche quest'oggi, i fatti da me riportati, rappresentano uno scorcio della vita del podista amatore, consapevole della sua forza, caparbio nella sua resistenza, consapevole dei propri limiti.
La città di Trieste mi ha accolta alla vigilia della maratona con un caloroso abbraccio e mi ha ammaliato con i suoi prati, le sue colline, le sue viste mozzafiato, la sua costa frastagliata, i suoi panorami, i suoi colori, la sua internazionalità, i suoi edifici imperiali. Paese di confine, crogiolo di etnie, culture e lingue diverse.
Dall'alto, meravigliosa la vista dell'Istria mi si scaglia contro.
La Slovenia e la Croazia sono ad un tiro di schioppo, mentre la città sembra erigersi nel limbo tra la montagna e il mare e la natura prorompe in ogni angolo della città.
Una città in festa, musicanti ad ogni angolo della strada, bambini in monopattino, atleti in piazza, amanti del fitness in movimento, famiglie intere assiepate nei bar, a bere sprizz e mangiare becchime ( patatine).
Sono entusiasta, sto bene e sono certa che andrà bene. La mattina si presenta soleggiata, ma ahimè, le nuvole sono state spazzate dalla bora triestina e questo non promette nulla di buono.
Alla partenza, da Gradisca d'Isonzo, un piccolo paese a 42 km da Trieste, ci rilassiamo su un prato, tutti gli atleti mangiano, fanno stretching e si concentrano prima della gara. Partiamo alle 9.00 in punto, al suono dei tamburi della banda.
Corro con Marilisa, mia compagna di viaggio, amica, runner, e triestina d'adozione.
Va tutto bene fino a quando, al 5° km, mi si presenta la mia nuova amica.
Ve la presento.
Trattasi di un vento intenso, avvolgente, costante, impetuoso e a raffiche. Gli sarò tanto piaciuta perché mi ha accompagnato fino al traguardo. Marilisa ha provato a farmi da scudo fino al 15° km, ma un maratoneta solitamente non presenta un fisico possente, pertanto il suo sforzo non mi ha salvata.
La sensazione, nuova per me, e' stata la totale assenza di aria.
Provo a spiegare: le mie gambe giravano leggere e correvano al ritmo previsto, il mio fiato si smorzava, il mio respiro si affannava e non spezzavo il fiato.
Il mio corpo era in affanno al 15 esimo km! Lascio andare marilisa. Lei deve provare, conoscendoLa già ( il "Boron"), a fare il tempo. Io invece mi devo fermare. Devo prendere fiato, non ho fiato.
La mia bocca e' totalmente asciutta, secca e non respiro bene.
Non ho mai sofferto d'asma, ma mi sembra di essermi appena fumata un pacco di Marlboro, quelle rosse per di più.
Comincio a bere e di li fino alla fine berrò ad ogni ristoro una bottiglietta d'acqua. Oltrepasso, senza neanche accorgermi della salita, il tratto più duro della gara e non mi ricordo di aver corso in salita, tanto ero concentrata a combattere le raffiche che mi solcavano il viso, le anche, il corpo mio tutto.
Devo fermarmi, cammino, riparto e combatto di nuovo, mi fermo, cammino, riparto e combatto ancora. Mi distraggo lungo la litoranea, ammiro il panorama mozzafiato, il castello, il mare.
Ci provo perché mi sento asfissiata da questa continua mano gigante che mi blocca, mi risucchia, non vuole farmi andare avanti.
Abbasso la testa, inarco le spalle, mi chiudo in me stessa, ma Lei non si impietosisce e imperterrita lancia contro di me le sue raffiche.
Le mie energie sono al limite dell'esaurimento e la mia testa pure.
42 km che mi son sembrati 60.
Un arrivo non arrivo, ma dove sta l'arrivo?
Ah! Eccolo, sento musica suoni, trombe, il fischio di un treno dietro di me e finalmente leggo 42 km e provo ad alzare le gambe per un arrivo poco trionfale, oltre le 4 ore di percorrenza, ma comunque è un arrivo e di nuovo Lei, che ci tiene a salutarmi, data la confidenza ormai raggiunta, con un ultima raffica che mi sposta proprio indietro.
Non riscrivo la colorita espressione che ho pronunciato, ma ho ugualmente alzato le braccia al mio arrivo, accolta dal calore di nuovi amici e di Marilisa che, pur non ottenendo il risultato cronometrico desiderato, ha ripercorso, in 36 ore, i luoghi a lei cari, ha riabbracciato i suoi amici del cuore, ha assaporato i ricordi a lei vitali.