Ecco di seguito il primo capitolo di "Maratona Light. Manuale per amatori evoluti" di Lara La Pera e Attilio Licciardi. Si tratta del capitolo di apertura e presentazione del loro progetto, a cui faranno seguito i capitoli più tecnici che entreranno nel cuore del programma di allenamento che hanno seguito in previsione della Maratona di Siracusa del 2012, dove hanno realizzato i propri personali sulla distanza.
E così entriamo nel vivo del manuale "Maratona Light".
Buona lettura e chiunque volesse rivolgere delle domande ai due autori per qualsiasi approfondimenti ha le seguenti possibilità:
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E' nelle intenzioni dei due autori e della testata raccogliere quanti più commenti sia possibile che consentiranno in futuro un ulteriore approfondimento delle tematiche trattate.
Buona lettura a tutti!
Con il prossimo capitolo, che sarà suddiviso in due parti, verrà trattato il tema della fisiologia dell'allenamento in vista della maratona.
La prima maratona è come il primo amore: non si scorda mai, fa soffrire tantissimo e (nella maggior parte dei casi) anche se quando è finita sei distrutto, ci ricaschi!
La maggior parte dei podisti amatori che corrono senza grosse difficoltà e divertendosi le mezze maratone, inevitabilmente presto o tardi cedono al fascino della corsa di Filippide.
Molti di noi si trovano a correre la prima maratona dopo i 30-35 anni, quando ormai la nostra “carrozzeria”non è più nuovissima anche se il motore può dare ancora delle ottime prestazioni. Pertanto, sottoporci a tabelle di allenamento da top runner potrebbe essere controproducente.
Gli amatori che per la prima volta preparano una maratona spesso si sottopongono ad estenuanti tabelle di allenamento di 15-16 settimane, passando dagli abituali 65-70km settimanali a più di 100km. Chi ha già corso una o più maratone realizzando il proprio personal best, simpaticamente definito “tempone”, al fine di abbassare il proprio record si massacra di km per non meno di 3 mesi. In entrambi i casi, si può superare illesi il periodo di allenamento e presentarsi al via il giorno della gara in forma smagliante. Ma può succedere (a chi non è successo?) che due o tre settimane prima del grande giorno si manifesti una fastidiosa tendinite, un risentimento muscolare o una tremenda influenza.
Ovviamente piangiamo lacrime amare sentendoci le persone più sfigate del mondo…ma non si chiama sfortuna. Si chiama ostinazione. Perché non ci siamo fermati quando abbiamo iniziato a sentire quel fastidio? Perché abbiamo corso col dolore? Perché in quei giorni di infinita stanchezza non abbiamo saltato neanche un allenamento e abbiamo corso trascinandoci? Queste sono le domande che dovremmo farci quando, a poche settimane o peggio giorni, dalla Maratona succedono questi fastidiosi imprevisti che compromettono i nostri programmi. Però non tutto il male viene per nuocere…e per usare un altro proverbio: sbagliando si impara!
A questo punto bisogna rivedere la propria tabella di allenamento e capire in che cosa abbiamo sbagliato: troppi km, poco recupero tra un allenamento e l’altro, lavori svolti ad una velocità eccessiva rispetto al ritmo di maratona (quando si prepara una maratona spesso il nostro corpo si disabitua ad andature eccessivamente veloci), lunghi troppo lunghi (c’è chi arriva a fare lunghi di 40km sottoponendo il proprio corpo ad uno stress eccessivo ed inutile). Insomma, con un po’ di autocritica ci si può preparare al meglio alla prossima maratona.
Il primo passo per concludere bene una maratona è correre rispettando i propri limiti e per farlo bisogna conoscere il proprio corpo. Non esiste una tabella di allenamento giusta in assoluto e una sbagliata, ma il programma di preparazione ai 42km va adattato al podista: età, peso, sesso, esperienza in maratona, predisposizione alle lunghe distanze, tempo disponibile per allenarsi, sono tutti parametri imprescindibili nella scelta di un programma. Un programma che va bene per un amatore di 35 anni che corre la maratona in 2h50’, potrebbe non andare bene per un amatore bravissimo di 50 anni che comunque riesce a tagliare il traguardo in 3 ore.
Pensate a cosa può succedere quando, accesi dal sacro fuoco della passione, estrapoliamo da una delle tante riviste specializzate nel settore, il programma che Mutai ha seguito per fare il record del mondo e ci buttiamo ad affrontare 12 (se non di più) settimane di “lavori forzati” convinti di ottenere un grande risultato macinando anche 150km settimanali. Anche l’aspetto psicologico di un programma di lunga durata che propone sedute di allenamento troppo intense per il podista non è da sottovalutare: il giorno della gara viene visto come obiettivo lontanissimo nel tempo e per arrivarci bisogna faticare a dismisura. In questi casi la fame di corsa può diventare nausea!
[Qui è Lara La Pera che parla] Io appartengo ad una categoria di podisti molto pericolosa (soprattutto per se stessi) e molto diffusa: gli instancabili a oltranza. La fatica non mi spaventa, non so stare ferma, un giorno di riposo mi pesa molto di più di uno in cui devo affrontare un lunghissimo di 35km o 10 ripetute da 1000, il giorno dopo aver corso una maratona, comunque sia andata, ho già in programma la prossima. Con questo spirito ho sempre affrontato i canonici tre mesi di preparazione ai 42 km, ma, il 27 novembre 2011, giorno in cui ho corso la Maratona di Valencia, ho dovuto mettere il mio stacanovismo in discussione. Ho iniziato prima di ferragosto la preparazione reduce da un brillante risultato la primavera prima a Barcellona.
Ero carica di entusiasmo e aspettative. Da maggio in poi mi ero dedicata tanto al trail e questo è stato per me un ottimo potenziamento oltre che un grandissimo divertimento. Tutti gli allenamenti specifici per la maratona (medi, ripetute, lunghissimi) svolti con le torride temperature dell’estate sicula, mi davano risultati inaspettati al punto che interpretavo ogni lavoro quasi come una gara contro me stessa. Il mio saggio Coach mi invitava a darmi una calmata perché comunque non dovevo correre per fare 3 ore.
Ero gasata al punto che il mio tempo migliore sui 21,097 km l’ho fatto in un allenamento sola ad Aspra in una calda alba settembrina. Arriva il grande giorno, io ero alleatissima e non avevo un solo acciacco, Valencia era meravigliosa, non c’era né caldo né freddo, solo tanta emozione e tante aspettative. Risultato?Al 25° km si sono spenti i riflettori e il mio tempo è peggiorato di 3 minuti. Grande delusione, il rimorso di aver fatto i primi 5 km (sempre in leggera discesa) un paio di secondi sotto il ritmo gara…
Ma sapevo perfettamente che non era stata quella la causa del crollo.
Paradossalmente mi ero allenata troppo e troppo intensamente e sono arrivata a Valencia carica di motivazione e scarica di energie, svuotata. Mi godo la città e i restanti giorni di vacanza, perché comunque siamo amatori e dobbiamo divertirci. Non sarà una maratona fallita a cambiarci la vita…..Però tanti mesi di fatica e sacrificio mi avevano dato una consapevolezza: “la prossima maratona la preparerò solo in due mesi e con ritmi più blandi….Aveva ragione il Coach quando mi diceva di andare più piano in allenamento!”. Non credevo però che la prossima maratona sarebbe stata così vicina…
Attilio Licciardi lo scorso anno preparò la maratona di Siracusa del 29 gennaio 2012 in 6 settimane (comunque aveva preparato Firenze per Novembre 2011 sempre in 6 settimane).
Gasatissimo dall'idea di poter concludere in 3 ore convinse Roberto ad accompagnarlo. Così, due settimane prima dell'evento siracusano (dopo un mese e mezzo di sole corsette tranquille senza pettorale), anche io e Roberto abbiamo deciso di correre i 42 km, campando di rendita dalla preparazione della Maratona di Valencia (novembre 2011), ai quali abbiamo aggiunto un lungo di 32 km 14 giorni prima e un medio di 22 km 8 giorni prima, allenamenti fatti rigorosamente in compagnia dell’amico Attilio sul lungo mare di Aspra (correre con Attilione è uno spasso). Il lunghissimo aveva dato a tutti e tre ottime impressioni: come dice Attilio, al 30° km si era manifestato in lui Paul Tergat!(eravamo riusciti a percorrere 30 km ad un ritmo di circa 10’’/km più lento dell’ultima maratona corsa e avevamo fatto gli ultimi 2km al massimo).
Ci siamo presentati alla partenza a Ortigia nella suggestiva piazza Duomo con molto entusiasmo e zero aspettative...quando non ti spacchi le gambe per tre mesi non puoi averne troppe (o almeno così credevo)! Eravamo comunque coscienti del fatto che da Luglio a Novembre avevamo macinato una media di 110-120 km settimanali tra asfalto e montagna che sarebbero tornati utili anche se dopo Valencia, come dice Roberto, abbiamo scherzato!Questo ci dava tranquillità e una buona dose di curiosità....
La teoria di Licciardi diceva che tutti e tre avremmo realizzato un buon tempo e per scommessa qualche giorno prima del 29 gennaio dopo una delle solite allegre mangiate, ognuno di noi scrisse il tempo di tutti e tre su di un pezzetto di carta che è stato ripiegato e chiuso in un barattolo di marmellata vuoto.
A Siracusa Attilio e io abbiamo realizzato il nostro miglior tempo: 3h00'15'' Attilio (il suo migliore era 3h02'55’’ fatto a Firenze qualche mese prima) e io 3h10'19''(allora il mio migliore era 3h10'31'' fatto a Barcellona 2010); Robi si spostò di poco dal suo personale che allora era di 3h00’28’’ (Barcellona 2010) facendo 3h01'18''. La teoria di Attilio aveva funzionato: un amatore che corre una media di 2-3 maratone l'anno e almeno 4-5 mezze, può tranquillamente preparare una maratona in due mesi senza massacrarsi di km soprattutto se tutto l'anno è abituato a correre 5/6 giorni su 7, percorrendo non meno di 13/14 Km per ogni allenamento, mettendo durante la settimana un paio di allenamenti di qualità. Ovviamente vinse anche lui la scommessa sul nostro tempo di maratona. E’ giusto dire che il nostro grande entusiasmo per la corsa e soprattutto per le lunghe distanze è stato trasformato in soddisfacenti risultati dal nostro Coach Salvatore Badagliacca che in questi anni ci ha seguiti come un’ ombra, trasferendoci la sua passione e la sua grande esperienza, facendoci capire che per raggiungere un obiettivo, soprattutto se si tratta di una maratona, bisogna allenarsi in maniera scientifica (e non fantascientifica come molti purtroppo fanno). E se oggi dopo sei anni dall’inizio della nostra avventura podistica, di maratona ne sappiamo anche parlare, oltre che correre, è soprattutto grazie a lui.
Da Siracusa 2012 io e Roberto abbiamo corso altre tre maratone su strada preparate in otto settimane e i nostri tempi sono ulteriormente migliorati senza incorrere in fastidiosi infortuni. Attilio da allora non ha corso altre maratone, perché sta pensando a come prepararle (vuole riuscirci solo in due settimane!!)….nel frattempo si diletta tra gare brevi e qualche mezza maratona.
Dopo l’avventura di Siracusa, io e Attilio da appassionati di corsa e di scienza (lui è laureato in Farmacia e lavora presso la Farmacia del Policlinico, anche se per anni ha fatto ricerca come tecnico all'Università portando avanti ricerche sulla fisiologia dello sport; io sono Chimico analista e mi occupo di tossicologia) abbiamo pensato di scrivere qualcosa sulla sua teoria della Maratona Light....per un po’ ci siamo impegnati, poi gli impegni quotidiani hanno preso il sopravvento sulle nostre buone intenzioni!
Solo un anno dopo l’amico Maurizio Crispi che tanti Km ha percorso e altrettanti con grande passione ne ha fotografati, entusiasta del nostro progetto, ci ha dato l’input per andare avanti. Maurizio come noi quando sente la parola “maratona” si esalta anche se in questa rubrica non si racconterà di Ultra ma di Light!
Questa rubrica si rivolge a tutti coloro che amano la corsa ma non corrono per mestiere, che corrono quasi tutti i giorni ma non tutti, che gareggiano perché le sfide li esaltano, che si divertono quando migliorano il loro personale, che adorano migliorarsi ma vogliono – soprattutto- correre integri per tutta la vita, che sanno dove finisce la competizione e inizia la patologia, che non sono più ragazzi (anagraficamente) ma sanno apprezzare –come i bambini- l’attimo eterno in cui nessuno dei due piedi tocca terra e mentre si corre si vola, che hanno corso la prima maratona per finirla e adesso hanno un’idea di cosa voglia dire…, che hanno superato i 40 anni e vogliono divertirsi due/tre volte l’anno correndo i 42 km senza spaccarsi gambe e gabasisi con tre-quattro mesi di preparazione facendo pure un buon risultato.
La presentazione del progetto
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