Quelli che seguono sono appunti e note di commento ad alcuni brani tratti dalla lucidissima denuncia sullo stato della nostra civiltà fatta da Walter Siti nel suo libro “Resistere non serve a niente” (Rizzoli, Premio Strega 2013): il lavoro di sintesi e di raccolta delle citazioni è stato fatta da Guido Ulula alla Luna, medico nella vita e guida de "La Compagnia dei Cammini": si tratta di un contributo presentato alla 2^ edizione del Festival del Camminare che si è tenuto a Bolzano dal 23 al 25 maggio 2014: un vero successo con oltre 3200 visitatori in tre giorni.
“Nessuno vuole davvero rinunciare al potere salvifico del consumo…”
Il viandante camminatore compie un gesto rivoluzionario: antistorico ed antieconomico, in quanto non tecnologico; gratuito, in quanto anticonsumista; esperienziale, all’antitesi di ogni validazione virtuale; antirazionale, in quanto totalmente sensoriale; empatico e socializzante, ripristinando la centralità per la specie umana della convivialità; amorale, in quanto finalizzato al piacere del gesto.
“L’umanità non vuole accettare quel che lei stessa ha scoperto: che la vita non dipende dall’amore, che i sentimenti sono essudati della biologia, che l’individuo non è più laboratorio di nulla e che il mercato è in grado di fornire l’intero kit per un’individualità fai-da-te.”
Questo è il pieno compimento dell’odierna visione efficientista e cinica dello sviluppo umano: malata in quanto nega le radici stesse dell’essere mammiferi. Il viandante camminatore compie un gesto romantico, nel senso di riproporre il romanticismo, cioè la centralità del vissuto soggettivo ed emotivo, come motore autentico di salute e felicità dell’uomo. L’amore in tutte le sue forme… per noi stessi, per l’altro, per il creato… è scopo e pratica quotidiana dello stare al mondo. Il vero nemico è l’Io, la dittatura del pensiero razionale ed il senso d’onnipotenza che ne deriva.
“I regolatori del nuovo equilibrio dovranno sapere che la virtualità è l’oppio dei popoli e la psicologia un placebo; che l’epopea del singolo è finita e d’ora in poi avremo a che fare con organismi collettivi, colonie tipo i coralli e le spugne, compattati dalla scienza come nell’alto medioevo li compattava la religione.”
Il viandante camminatore è l’anticorpo del virtuale. Mette la sensorialità al centro. Ridà col passo dopo passo pieno libero arbitrio all’individuo, salvandolo dalla tirannia della verità scientifica e dall’omologazione al ruolo di schiavo consumatore.
C’è bisogno di una visione di maggioranza. Di un messaggio profetico e salvifico rivolto a tutta l’umanità sofferente (che è “tutta” l’umanità… anche quella ricca, che si ammala di infarti e cancro e depressione e Altzheimer). Non basta contarsi fra camminatori, motivando chi è già motivato sul profondo significato di rottura della viandanza. È il momento di osare. Di capire le radici di una crisi che viene da lontano. Che siamo al capolinea dell’idea di crescita senza limiti, guidata da un Io pensante che si crede ormai unico Dio. Di immaginare e concretizzare un’idea di vita rispettosa di tutte le alterità del pianeta. Che sappia far leva sul motore autentico che determina l’agire di noi esseri umani: l’empatia. In qualche modo la filosofia del romanticismo racchiude tutto questo. Dice la centralità dell’amore, della bellezza, dell’armonia, del piacere come valore fondante, della salute sempre al primo posto. Dice che siamo noi in prima persona gli unici artefici del nostro benessere. Dice che è l’Anima ciò di cui dobbiamo prenderci cura, la nostra e quella del mondo.
Il cammino romantico può essere una proposta di svolta, che alletta per la sua positività, andando oltre la pur giusta critica spietata del presente. Facendo intravedere che basta poco, i nostri piccoli ma potentissimi passi, per invertire l’attuale corso frenetico, senza senso, sempre più distruttivo. La felicità è a portata di piede. La semplicità del mettersi in cammino è ciò che possiamo fare subito per essere movimento di pacificazione.
(Dal risguardo di copertina di "Resistere non serve a niente" di Walter Siti) Molte inchieste ci hanno parlato della famosa "zona grigia" tra criminalità e finanza, fatta di banchieri accondiscendenti, broker senza scrupoli, politici corrotti, malavitosi di seconda generazione laureati in Scienze economiche e ricevuti negli ambienti più lussuosi e insospettabili. Ma è difficile dar loro un volto, immaginarli nella vita quotidiana. Walter Siti, col suo stile mimetico e complice, sfrutta le risorse della letteratura per offrirci un ritratto ravvicinato di Tommaso: ex ragazzo obeso, matematico mancato e giocoliere della finanza; tutt'altro che privo di buoni sentimenti, forte di un edipo irrisolto e di inconfessabili frequentazioni. Intorno a lui si muove un mondo dove il denaro comanda e deforma; dove il possesso è l'unico criterio di valore, il corpo è moneta e la violenza un vantaggio commerciale. Conosciamo un'olgettina intelligente e una scrittrice impegnata, un sereno delinquente di borgata e un mafioso internazionale che interpreta la propria leadership come una missione. Un mondo dove soldi sporchi e puliti si confondono in un groviglio inestricabile, mentre la stessa distinzione tra bene e male appare incerta e velleitaria. Proseguendo nell'indagine narrativa sulle mutazioni profonde della contemporaneità, sulle vischiosità ossessive e invisibili dietro le emergenze chiassose della cronaca, Siti prefigura un aldilà della democrazia: un inferno contro natura che chiede di essere guardato e sofferto con lucidità prima di essere (forse e radicalmente).
(La recensione di IBS) Vincitore Premio Strega 2013. L’ultimo romanzo di Walter Siti reca in esergo una frase che dice: "La narrativa è più sicura: tanti editori avrebbero paura a pubblicare saggi su questi temi."
La citazione è di Graham Greene e introduce subito il lettore nel vivo di un terreno accidentato, in cui temi scottanti e scomode verità diventano materiale per la costruzione di un grande romanzo contemporaneo.
Siti sceglie la finzione per indagare quella che viene comunemente definita “zona grigia” tra l’alta finanza e la criminalità. Un mondo più che mai reale che viene dipinto attraverso personaggi a tutto tondo, che si muovono come pedine intelligenti sulla scacchiera della politica corrotta e dell’economia internazionale, incarnazione di una società che versa in uno stato di completo deterioramento morale, in cui “opprimere è un piacere, essere primi un imperativo e il possesso è l’unica misura del valore.”
Il romanzo si apre con l’agghiacciante scena di un’ esecuzione di stampo mafioso e con un breve intervento-saggio sul divario tra prostituzione reale e prostituzione percepita nella nostra società. Il lettore viene immediatamente trascinato dentro un mondo dominato da logiche alternative a quelle condivise, nel quale “la fluidità di mercato equipara il corpo a una cedola” e il denaro non è altro che un “necessario passaggio intermedio per una transazione psicologica” attraverso la quale l’escort fa sentire l’uomo padrone, mentre lui la fa sentire libera di usare il proprio corpo come vuole.
Bastano le prime pagine a coinvolgere e turbare e a dare la consapevolezza di non trovarsi di fronte al solito romanzo rassicurante che rafforza le certezze senza ingenerare dubbi. Siti non guida per mano dolcemente, ma introduce brutalmente nel mondo delle feste patinate, nelle discussioni tra ricchi banchieri, broker, starlette televisive, imprenditori tuttofare.
I loro dialoghi sono “...sempre in bilico tra la sciocchezza recitata e il conformismo contro corrente” e bastano frammenti di conversazione per cogliere l’assurdo di certa società. Con l’arma della letteratura, Siti ne indaga i segreti inconfessati. Si impara, così, a familiarizzare con Tommaso, ragazzo di borgata, una lunga storia di obesità e bulimia alle spalle, matematico mancato e oggi broker affermato che tenta con donne, lusso, appartamenti e viaggi di coprire quel senso di inadeguatezza che il suo passato gli ha lasciato in eredità: l’adolescenza vissuta alla periferia del sistema, l’eterna lotta contro la “crudeltà cannibale degli specchi”, un padre di cui deve nascondere l’identità e la storia (“Papà Santa, sua diversità e suo segreto”), la fragilità di un edipo per nulla risolto. Uomo-elefante, uomo-cicatrice che cerca di salvarsi con la leggerezza della sua materia grigia, Tommaso accetta di raccontarsi sul teatro del romanzo, un po’ per vanità un po’ per bisogno di un esame di coscienza “egoistico, affannoso perché in ritardo.” La definizione del personaggio va di pari passo con il racconto della sua storia e con la descrizione del sistema marcio in cui si muove; creatura d’autore, scopre se stesso con la fabulazione e arriva a chiedere allo scrittore: "Devi dirmelo tu chi sono". Accanto a Tommaso, Gabry, la modella e olgettina intelligente, così terrena e così irraggiungibile, che usa il suo potere sugli uomini non tanto per superba arroganza, quanto più per stanco adeguamento a un apparato che l’ha creata e che, in fondo, non è così male. E, in un progredire vorticoso, conosciamo anche Edith, la scrittrice impegnata, Morgan il mafioso internazionale.
Frammenti di storie, luoghi comuni, conversazioni inconcepibili in un convulso gioco di continui cambi di punti di vista. Siti sceglie il miglior modo possibile per descrivere un universo senza centro. Anche i termini usati, in larga parte tratti dal lessico finanziario, restituiscono l’idea di un caos turbinoso: high-frequency trend, bilanci aziendali, fondi, agenzie di rating, titoli di stato… unici valori di un mondo in cui le transazioni economiche sono l’unico momento in cui le persone scambiano davvero qualcosa.
La struttura narrativa è complessa, multi-livello: da un lato l’autore fa agire e parlare i personaggi, dall’altro interviene - figura tra le altre – a muovere le fila di un discorso articolato. L’autore-personaggio pone sotto riflessione il romanzo stesso e, in un perfetto esempio di metanarrazione, parla al lettore guidandolo nell’evoluzione del racconto, talvolta suggerendogli quelle motivazioni nascoste, sottese ai comportamenti dei personaggi e che loro stessi non sempre sembrano conoscere. Come Svevo con il suo Zeno, Siti sa che i suoi personaggi sono bugiardi e spesso omettono le proprie ragioni vergognandosene, e allora racchiude in note il proprio pensiero su di loro, postille di un giudizio che – nonostante tutto – non appare mai insindacabile.
Si addentra in un mondo che va osservato senza smettere mai di problematizzare perché i valori assoluti sono definitivamente caduti e la distinzione tra bene e male è quanto mai labile. Rapporti di famiglia, amore e amicizia, sesso, inganno, sfruttamento chiedono di essere valutati rinunciando all’aprioristica definizione di “giusto” e “sbagliato” (A cura di Wuz.it)
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