Inge Hack (F55, ASD Modica Athletic Club), tedesca naturalizzata siciliana e appassionata sia di gare trail - competitive e non - sia più di recente di ultra, ha partecipato la primavera scorsa alla 100 km del Passatore e, più che contenta dell'esperienza, ha deciso di replicare con la 100 km delle Alpi che, alla sua 3^ edizione, si è svolta tra il 15 e il 16 novembre 2011. Ha completato la sua fatica classificandosi 86^ assoluta su 125 classificati (ultimo a tagliare il traguardo è stato Corrado Di Muro, 17h16'. vai alla classifica), con il crono di 12h45'06 e conquistando il secondo posto nella categoria di appartenenza.
Di seguito il suo racconto.
(Inge Hack) Dopo la gara del Passatore, un amico mi ha mandato un grafico dove si vedeva l’altimetria della stessa paragonandola a quella della 100 km Delle Alpi. Ad un primo sguardo ho visto solo che il percorso era quasi tutto in salita (specialmente dopo i primi 50 km) e ciò mi ha fatto venire una gran voglia di accantonarla perché troppo pesante per me.
“Il Passatore”, essendo stata la mia prima esperienza di ultramaratona, mi è andata bene. Sono arrivata in 14h03'. Un record per le mie capacità. Chi l’avrebbe mai detto! Ho iniziato a 48 anni a correre e a 57 anni ho partecipato alla prima 100 km.
Tempo dopo mi e’ capitato di curiosare un po’ nel sito del “Giro d’Italia Run” e ho trovato la scheda della “100KM delle Alpi”.
A tal proposito, mi ha piacevolmente colpito il messaggio di uno degli organizzatori, Enzo Caporaso. Gli organizzatori, infatti, chiedevano agli appassionati di corsa di dar loro fiducia, per il semplice motivo che prima di essere organizzatori, erano prima di tutto dei podisti ed ecco spiegato il segreto della loro ospitalità.
E' iniziata, quindi, una corrispondenza con Enzo Caporaso e Tiziana …fiducia accordata … iscrizione fatta.
Così, in men che non si dica, mi sono ritrovata ai nastri di partenza a Torino il 15 ottobre 2011.
Il clima era favorevole.
La nostra splendida avventura è iniziata con solo 10 minuti di ritardo. Il primo tratto di strada si trovava lungo un percorso molto trafficato, ma ci avevano preparato a questo. Anche da questo piccolo particolare si evince il primo segno tangibile di serietà fornitoci dagli organizzatori, i quali hanno così meritato la nostra piena fiducia.
La macchina del “Giro d’Italia Run” sfrecciava avanti e indietro salutandoci con un concerto di clacson ad ogni suo passaggio. Enzo, preoccupato come un padre per i propri figli, ci monitorava costantemente per essere presente ad ogni problema o difficoltà.
Dopo il paesino di Leinì, finalmente il panorama cambiava: la superstrada molto trafficata e pericolosa, lasciava, infatti, il posto al verde dell’aperta campagna.
Ci siamo trovati così ad attraversare tanti piccoli centri abitati e la sensazione era quella di entrare in un libro di favole.
In particolare, sembrava di stare in un paese che, in seguito ad un incantesimo, fosse caduto in un sonno lungo 100 anni.
Nei campi, c’erano pecore e mucche lasciate in libertà, non tenute in stalle industriali e vi erano persino alcune galline, che beccavano nei prati accanto al nostro percorso. Come se le stalle lager o i pollai industriali fossero solo una cattiva invenzione...
Chiese e borghi medievali, fiumi, ponti, insenature verdi. Ogni chilometro, una nuova favola da scoprire.
I numerosi punti di ristoro erano ben forniti. Ho trovato addirittura in un punto torta fatta in casa e in un altro tavolo delle caldarroste.
La strada si snodava ora lungo una valle e vedevamo le colline ai lati e le montagne in lontananza. E’ stato possibile anche ammirare alcuni appassionati di deltaplaning, sopra le nostre teste, con i loro aquiloni coloratissimi.
E' scesa la sera e, purtroppo, si è rotto l’incanto. Ci siamo trovati di nuovo in mezzo al traffico.
Pur equipaggiata di torcia e giacca con strisce catarifrangenti, non mi sentivo sufficientemente al sicuro. Non vedevo l’ora di arrivare.
Quasi ogni curva mi riservava un concerto di clacson, perché gli autisti delle macchine non si aspettavano di trovarsi faccia a faccia con un podista su quella strada trafficata, senza corsia di emergenza, al buio completo.
Eravamo in pochi e molto distanti l’uno dall’altro.
Ero sola, ma vedevo in lontananza un podista senza strisce catarifrangenti e senza lampadina illuminato dalle macchine di passaggio e un po’ prima di lui un furgone che, accompagnandoun altro podista, andava a passo d’uomo bloccando il traffico nelle curve. Una cosa pericolosissima! Le macchine sfrecciavano super-veloci accanto a me, per poi trovarsi alla curva successiva bloccate da quel furgone. Curva dopo curva lo stesso scenario ma fortunatamente non è accaduto nulla di grave.
Qui, mi sono resa conto dell’importanza vitale dell’avviso fatto agli accompagnatori di farsi trovare in punti ben precisi del percorso e non mettersi dietro le persone da accompagnare. Ciò, sia per evitare agli altri concorrenti di respirare le scariche di gas di queste macchine, sia per evitare un simile pericolo.
Con l’ultimo chilometro si entrava a St. Vincent, un bellissimo paesino ai piedi delle montagne. Ma solo il giorno dopo ne ho potuto scoprire la bellezza. Sono arrivata al traguardo in 12.45h, ben 1h15' in meno rispetto al tempo impiegato al “Passatore”.
Non ci potevo quasi credere!
All’arrivo la medaglia, una borsa per gli indumenti sporchi e una tuta personalizzata con la scritta “Io c'ero” che, in tanti, la notte hanno usato come pigiama.
Anche qui emerge la conoscenza del podista-organizzatore che si traduce in atenzioni appropriate e gradite riservate al podista-consumatore finale.
Ma soprattutto, dopo tanta fatica, abbiamo trovato ad aspettarci del cibo caldo, anche a notte inoltrata, una bella doccia calda e delle brande al coperto dove riposare le nostre membra stanche.
All’indomani, si è svolta la premiazione e, dopo, siamo stati gentilmente accompagnati in pullman a Torino.
Ovviamente questo servizio è stato offerto gratuitamente dagli organizzatori. L’autista, persona molto disponibile, ci ha lasciato, secondo le esigenze in diversi punti di Torino. Questo, per dire che ogni minimo particolare, dalla partenza all’arrivo è stato previsto e curato in dettaglio.
Il servizio continuava anche al nostro ritorno a casa. Nella pagina Facebook del Giro d’Italia Run potevamo scaricarci le foto e il diploma e sul sito di Maurizio Crispi ben tre album fotografici con centinaia e centinaia di foto delle nostre fatiche… Tutto gratis!
Esperienza molto positiva, da ripetere, ma con la consapevolezza che qualche tratto del percorso è pericoloso e necessita un comportamento adeguato da parte di podisti e accompagnatori, non trascurando di predisporsi ad essere illuminati come un albero di natale.
A questo punto il mio racconto dovrebbe finire, ma questa gara mi ha lasciato un’immagine indelebile nel cuore. Durante ogni gara ci si avvicina agli altri, alle loro storie. Ognuno ne porta una con sé, ognuno corre per uno scopo diverso ed ha nel proprio cuore un bagaglio di esperienze sportive a affettive che lo distinguono dagli altri.
Stavolta sono stata colpita da un atleta che corricchiava in salita. Sembrava portare un immenso peso. Alla mia domanda chi fosse e che età avesse la ragazza accanto a me mi ha rivelato che un tempo quell’uomo era un atleta molto forte.
Adesso è affetto da leucemia, ma ha voluto correre ugualmente perché non vuole morire nel suo letto.
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