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23 marzo 2012 5 23 /03 /marzo /2012 16:46

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Oggi vedendo le grandi maratone di massa caratterizzate da una cospicua presenza femminile e osservando anche le ultramaratone e gli ultratrail che vedono una sempre più agguerrita e grintosa partecipazione di donne che, spesso, dimostrano di possedere una resistenza mentale ed una motivazione interiore pari - se non superiore - a quella delle donne, non si direbbe che sino ad epoca relativamente recente (per i primi quasi 70 anni della Maratona moderna) la maratona fosse preclusa alle donne che non si ritenevano adatte per costituzione e fisiologia alla fatica necessaria a completare i 42,195 metri. E questo benchè già dal 1928 con 32 anni di ritardo rispetto agli uomini) le donne fossero state ammesse a partecipare ad altre discipline olimpiche. Le prime donne dovettero duramente conquistare il diritto di partecipare alle maratone, sino al caso clamoroso dal punto di vista mediatico di Kathrine Switzer che, inizialmente sotto travestimento (con la testa occultata sotto un cappuccio), corse la maratona di Boston del 1967 e che, riconosciuta come donna, fu sottoposta ad un tentativo di placcaggio da parte di un giudice di gara, peraltro neutralizzato da alcuni dei runner che la circondavano.
La scena venne fotografata e fece il giro del mondo sulle pagine dei rotocalchi, conquistando un posto in primo piano nelle cronache sportive dell'epoca e promuovendo un movimento d'opinione favorevole all'ingresso ufficiale delle donne nella disciplina della Maratona. A partire da quella coraggiosa dimostrazione, nel giro di pochi anni si giunse all'abbattimento ufficiale da parte di una donna del muro delle tre ore e alle prime partecipazioni alle maratone olimpiche.

(fonte: www.albanesi.it) La maratona al femminile impiegò molti anni prima di affermarsi. Le donne non furono ammesse ai giochi olimpici moderni se non nel 1928, quindi con 32 anni di ritardo rispetto ai colleghi maschi. Anche nelle olimpiadi antiche, in Grecia, alle donne non era permesso partecipare alle competizioni atletiche, neppure come spettatrici. Nelle olimpiadi moderne la massima distanza percorribile assegnata alle donne nel 1928 erano gli 800 m e solo nel 1972 si arrivò ai 1500 m. Non stupisce quindi che per essere ammesse alla disputa della maratona le donne dovessero faticare non poco, per convincere organizzatori e medici che il fisico femminile fosse preparato a sostenere una distanza così lunga. Naturalmente il fatto di non essere ammesse alle gare non significa che qualcuna non ci avesse provato, anche se non essendoci prove ufficiali le notizie sono confuse e non sempre concordanti. Si ricorda la greca Stamatis Rovithi, la prima donna a percorre la maratona da Maratona ad Atene nel 1896, appena un mese prima della gara olimpica, ma non si hanno notizie del tempo impiegato. Alla prima maratona Olimpica dell'aprile 1896 cercò di partecipare una greca, Melpomene, che però fu allontanata dagli organizzatori e percorse la gara al di fuori del percorso ufficiale, costeggiandolo fino allo stadio, dove giunse un'ora e mezzo dopo Spiridon Louis. I primi tempi ufficiosi di donne che terminavano una maratona (non olimpica) anche se non ammesse ufficialmente a partecipare, sono dell'inglese Violet Piercy (3h40'22", 1926), di Roberta Gibb (3h21'25", 1966, Boston). L'anno dopo, sempre a Boston, la studentessa di giornalismo americana Kathrine Switzer si presentò alla partenza e, nonostante fosse stata ostacolata e strattonata da un giudice che cercò di trascinarla via dal percorso, riuscì a continuare e finire anche se in un tempo molto superiore a quello della Gibb dell'anno prima. La Gibb corse in totale anonimato, nessuno si accorse di lei, mentre la foto del match tra Switzer e il giudice di gara finì sui giornali e fu il primo tentativo "visibile" delle donne di prendere parte a una maratona ufficiale.
Nel 1971 la prima donna ad abbattere il muro delle tre ore fu l'australiana Adrienne Beames, con 2h46'30". Il fatto che in un sol colpo si guadagnassero quasi 15 minuti la dice lunga su quanto ampi fossero i margini di miglioramento e quanto scarsa la preparazione delle prime atlete. Occorre arrivare al 1973 per avere la prima maratona internazionale femminile, a Weldniel, in Germania, con quaranta partecipanti. Nel 1978 fu invece la volta della prima maratona internazionale femminile sul suolo americano ad Atlanta, Georgia, con la prima Avon International Marathon.
La maratona di New York del 1979 vede la vittoria di una leggenda dell'atletica, Grete Waitz, con il tempo incredibile, se confrontato ai tempi di soli dieci anni prima, di 2h27'33". La prestazione della norvegese, prima donna a scendere sotto il muro delle 2h30', oltre alla partecipazione massiccia delle donne (ormai le migliori maratone internazionali raccoglievano qualche centinaio di partecipanti) fece perorare la causa dell'introduzione della maratona femminile nei giochi olimpici anche da parte del Times, che scrisse un editoriale a tale proposito. Ma solo nel 1984 la maratona femminile fu ammessa ai giochi olimpici, nell'edizione di Los Angeles, con un ritardo di altri 5 anni rispetto alla pregevole prestazione della Waitz, e con quasi cento anni di distanza dalla prima maratona ufficiale maschile! Vinse l'americana Joan Benoit, con il tempo di 2h24'52", il terzo tempo al mondo dell'epoca. La Benoit si migliorò ulteriormente pochi anni dopo, stabilendo il primato statunitense in 2h21'21". Alla prima maratona olimpica femminile di Los Angeles, dietro la Benoit, giunse seconda Grete Waitz, seguita dalla portoghese Rosa Mota. Nella prima edizione olimpica, la vicenda della svizzera Gabriele Andersen-Scheiss, che fu portata via in barella al termine della gara, alimentò ancora le polemiche sulla opportunità di aprire una gara così lunga alle donne, dimenticando che nella prima edizione maschile del 1896 le cronache riportano le vicende di tre atleti greci che morirono durante la preparazione dei trials, e che il tempo della svizzera (2h48'45")  avrebbe vinto le prime cinque edizioni maschili di maratone olimpiche.
La maratona al femminile si è evoluta velocemente: dopo essersi affermata faticosamente nelle discipline dell'atletica mondiale ufficiale, ha fatto in poco meno di vent'anni dei passi da gigante, non solo dal punto di vista cronometrico, ma anche per quanto riguarda l'aspetto agonistico, con un numero sempre crescente di atlete di livello confrontabile. Nel 1988 la portoghese Rosa Mota vinse con 2h25'40", superando la resistenza della tedesca Dorre e dell'australiana Martin. Alla maratona olimpica di Barcellona (1992), nonostante il caldo soffocante, la gara si risolse a pochi metri dallo stadio, conValentina Yegorova che superò di pochissimo (otto secondi!) la giapponese Yuko Arimori.
Il 1998 vide la prima vittoria di una keniana, Tegla Loroupe, alla maratona di Berlino, con il tempo mondiale di 2h20'43". La stessa maratona della città tedesca si conferma come uno dei tracciati più veloci al mondo in assoluto, perché due anni dopo la giapponese Naoko Takahashi abbatté il muro di due ore e venti vincendo in 2h19'46". Peccato che il suo record sia stato uno dei meno longevi della storia della maratona, resistette solo una settimana: Catherine N'dereba vinse infatti la maratona di Chicago in 2h18'47" lo stesso anno.
Negli ultimi anni sulla scena mondiale è comparsa un'atleta britannica, Paula Radcliffe, proveniente dalle gare più veloci della pista, che portò il record prima a 2h 17' 18" (maratona di Chicago, 2002) e poi stupì il mondo intero con la prestazione stabilita il 13 aprile 2003 alla maratona di Londra, vinta in 2h 15' 25". In quella occasione il ritmo notevole impresso alla gara non solo permise alla britannica di demolire il suo precedente primato di quasi due minuti, ma fece anche il record mondiale del passaggio al 30 km (1h36'36")!

La foto riportata sopra è emblematica nella storia della Maratona e ha un valore storicoLa signora che vi compare é Katrine Switzer che nel 1967, all'età di 20 anni, sfidò i regolamenti esistenti che consentivano solo agli uomini di correre la maratona, indossando un cappuccio e con il pettorale di un uomocorse la Maratona di Boston. I giudici di gara, avendola identificata come donna, cercarono di impedire che portasse a termine la competizione, ma difesa dagli altri partecipanti, riuscì a chiudere la gara in 4 ore e 20 minuti.Ovviamente non venne classificata, ma con la sua determinazione riuscì a rompere un tabù, ritenuto inviolabile, ma profondamente discriminatorio.

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Presentazione

  • : Ultramaratone, maratone e dintorni
  • : Una pagina web per parlare di podismo agonistico - di lunga durata e non - ma anche di pratica dello sport sostenibile e non competitivo
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  • Mi chiamo Maurizio Crispi. Sono un runner con oltre 200 tra maratone e ultra: ancora praticante per leisure, non gareggio più. Da giornalista pubblicista, oltre ad alimentare questa pagina collaboro anche con altre testate non solo sportive.
  • Mi chiamo Maurizio Crispi. Sono un runner con oltre 200 tra maratone e ultra: ancora praticante per leisure, non gareggio più. Da giornalista pubblicista, oltre ad alimentare questa pagina collaboro anche con altre testate non solo sportive.



Etnatrail 2013 - si svolgerà il 4 agosto 2013


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Il perchè di questo titolo

DSC04695.jpegPerchè ho dato alla mia pagina questo titolo?

Volevo mettere assieme deio temi diversi eppure affini: prioritariamente le ultramaratone (l'interesse per le quali porta con sè ad un interesse altrettanto grande per imprese di endurance di altro tipo, riguardanti per esempio il nuoto o le camminate prolungate), in secondo luogo le maratone.

Ma poi ho pensato che non si poteva prescindere dal dare altri riferimenti come il podismo su altre distanze, il trail e l'ultratrail, ma anche a tutto ciò che fa da "alone" allo sport agonistico e che lo sostanzia: cioè, ho sentito l'esigenza di dare spazio a tutto ciò che fa parte di un approccio soft alle pratiche sportive di lunga durata, facendoci rientrare anche il camminare lento e la pratica della bici sostenibile. Secondo me, non c'è possibilità di uno sport agonistico che esprima grandi campioni, se non c'è a fare da contorno una pratica delle sue diverse forme diffusa e sostenibile. 

Nei "dintorni" della mia testata c'è dunque un po' di tutto questo: insomma, tutto il resto.

Archivi

Come nasce questa pagina?

DSC04709.jpeg_R.jpegL'idea motrice di questo nuovo web site è scaturita da una pagina Facebook che ho creato, con titolo simile ("Ultramaratone, maratone e dintorni"), avviata dall'ottobre 2010, con il proposito di dare spazio e visibilità  ad una serie di materiali sul podismo agonistico e non, ma anche su altri sport, che mi pervenivano dalle fonti più disparate e nello stesso tempo per avere un "contenitore" per i numerosi servizi fotografici che mi capitava di realizzare.

La pagina ha avuto un notevole successo, essendo di accesso libero per tutti: dalla data di creazione ad oggi, sono stati più di 64.000 i contatti e le visite.

L'unico limite di quella pagina era nel fatto che i suoi contenuti non vengono indicizzati su Google e in altri motori di ricerca e che, di conseguenza, non risultava agevole la ricerca degli articoli sinora pubblicati (circa 340 alla data - metà aprile 2011 circa - in cui ho dato vita a Ultrasport Maratone e dintorni).

Ho tuttavia lasciato attiva la pagina FB come contenitore dei link degli articoli pubblicati su questa pagina web e come luogo in cui continuerò ad aprire le gallerie fotografiche relative agli eventi sportivi - non solo podistici - che mi trovo a seguire.

L'idea, in ogni caso, è quella di dare massimo spazio e visibilità non solo ad eventi di sport agonistico ma anche a quelli di sport "sostenibile" e non competitivo...

Il mio curriculum: sport e non solo

 

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