Elena Cifali (transitata per il 2012 nella gelese ASD "Movimento&Vita") ha partecipato lo scorso 8 gennaio 2012 alla Maratona di Ragusa (alla sua 9^ edizione). Per Elena questo è stato il primo appuntamento da finisher con una maratona, affrontata con trepidazione e con tanta emozione.
Elena, grazie anche a Salvatore Crudo che l'ha fraternamente supportata in modo silenzioso e discreto per tutte la durata della gara è giunta al traguardo finale in 4ho6' circa. Grande è stata all'arrivo - ovviamente - la felicità di Elena che ha trovato ad attenderla il marito Ezio, il figlio Luca e tanti amici.
Per Elena, dopo poco meno di un anno dall'inizio dell'avventura podistica, si è rotto il ghiaccio con la distanza della maratona, dopo una serie di sperimentazioni con il trail e altre distanze su strada.
Ora che è diventata finisher della 42,195 km Elena può cominciare un ragionamento su di un calendario 2012 più impegnativo: sicuramente, Elena ha l'ambizione di potersi sperimentare anche su distanze più impegnative che vadano oltre la maratona.
Il suo inizio è stato promettente, poichè ha rivelato di possedere tempra, capacità di amministrare bene le proprie forze senza lasciarsi prendere dall'entusiasmo e dalla tentazione di lanciarsi a briglia sciolta nei primi chilometri di gara.
A comprova della bontà della sua condotta di gara, il recupero del dopo gara è stato veloce e senza grossi problemi nè muscolari nè osteo-articolari, senza alcuna compromissione della sua motivazione e della sua voglia di correre e di cimentarsi.
Peraltro, l'ultima parte del racconto di Elena fornisce uno splendido esempio di come funziona la resistenza mentale nella lunga distanza e nella gestione del momento di crisi: Elena, senza saperlo, ha messo in moto una sua latente capacità di resilienza (nel senso illustrata da Pietro trabucchi nei suoi studi). E, proprio per questo, ha dimostrato di essere naturalmente dotata per correre le lunghe distanze, in cui ciò che conta al di l'allenamento fisico e della realizzazione di estenuanti sedute di allenamento, la resistenza mentale e il suo pilastro fondante che è la "resilienza".
Il suo impegno è stato anche premiato e gratificato, dal momento che Elena - alla sua prima maratona da finisher - è anche salita sul podio femminile, avendo conquistato la seconda posizione.
Sicuramente, Elena è una che possiede i requisiti mentali per affrontare le ultramaratone e in questo senso le facciamo un grande "In bocca al lupo" e l'augurio di poter realizzare il sogno dell'essere finisher in una 100 km.
(Elena Cifali) Oggi ho realizzato un sogno: vi spiego com’è potuto accadere.
Prima dell’8 gennaio 2012 non avevo mai corso una maratona e, a dirla tutta, non immaginavo neppure di poter avere la capacità per farlo.
E’ domenica mattina, è buio pesto quando suona la sveglia e le farfalle danzano a ritmo del cuore dentro il mio stomaco. Sono emozionata, quasi confusa.
Correrò la mia prima maratona e, finalmente, tutto l’impegno speso in termini di stress, di sacrifici e di rinunce verrà ripagato.
Sulla linea di partenza siamo, nella mia percezione, circa 60 [42 partenti, alla prova dei fatti] coraggiosi podisti in canottiera e calzoncini, come se fosse luglio, ma in realtà la rigidità di questa giornata invernale ci fa battere i denti.
Alcuni di noi indossano guanti e cappelli di lana, uno corre avvolto avvolto dalla coperta termica.
Prima del via l’emozione è forte, io e Salvo ci posizioniamo vicini, come sempre coscienti che questa gara sarà unica, con noi anche l’amico di sempre Orazio Scicolone. Se potrò correre oggi è anche grazie a lui che mi ha portato le Mizuno accidentalmente dimenticate davanti al portone di casa mia la sera precedente!
Ad applaudirci le nostre famiglie ed una coppia di amici ai quali siamo sembrati alieni, ma anche se non corrono e non comprendono del tutto, sono venuti alla partenza a salutarci e a incoraggiarci, sobbarcandosi ad un risveglio antelucano...
Si fa l’appello: ecco ci siamo tutti: Pronti, VIA!
Urla di gioia ed incitazione ci accompagnano per i primi metri: per un attimo, chiudo gli occhi ed ascolto il mio respiro che mi accompagnerà per 42 km.
L’aria è gelida ed un forte vento contrario ci fa sentire un gran freddo. Ho le mani ed i piedi gelati: mi fanno un gran male ma sono sicura che tra qualche km inizieranno a scaldarsi.
Lasciamo quasi subito l’asfalto per inoltrarci in stradine di campagna piene di pietre e fango. Mi sembra di correre un trail più che una maratona su strada e mi chiedo se questa di Ragusa non potrebbe essere considerata una "eco-maratona".
Maurizio Crispi ci scorta in sella alla sua bici [in verità di Salvo Crudo - ndr] scattando foto su foto.
Ho l’impressione che oggi sarà un gran giorno, tutto sembra perfetto.
Le mie gambe sono leggere e sciolte, il mio respiro regolare come non lo è mai stato e tutto ciò mi sorprende.
Ho iniziato a correre solo 11 mesi fa e durante questo tempo ho letto tanto e fatto tesoro delle esperienze di tutti quegli amici che corrono da sempre.
Indosso la mia maglietta preferita che è diventata per me quasi un talsimano: quella bianca, sulla quale ho fatto stampare la frase: "La fatica è momentanea, la gloria dura per sempre"!
Intanto i km iniziano a scorrere sotto le mie suole in un’alternanza di asfalto e fango. Io e Salvo parliamo e ridiamo: non ci sembra vero essere qui a correre. Quanti allenamenti, quante rinunce, quanti sacrifici, quante lotte per poter portare a termine questo meraviglioso progetto.
Lasciamo l’asfalto e ci inoltriamo nella campagna ragusana fatta di bianchi muri a secco, di pascoli e fattorie. Il terreno è ben curato, riconosco le piantine di grano ancora alte pochi centimetri che dipingono di verde questa meravigliosa terra siciliana.
Il sole è alto in cielo e sembra baciarci, il vento ci accarezza ed ogni tanto ci schiaffeggia con forti raffiche … “lo so, lo so, che sei più forte tu” - gli rispondo - “ma per favore mettiti dietro e spingimi avanti”.
Quando si corre e si ama farlo è naturale avere un rapporto diretto con la natura.
A destra e sinistra incontriamo mucche al pascolo, qualche cane che abbaia da dietro i cancelli delle abitazioni e con mia gran sorpresa anche alcuni asini. Mi faccio accompagnare dalla loro visione finchè non riprendiamo l’asfalto.
E’ incredibile, ho già corso 13 km e quasi non me ne sono accorta, il mio passo è rotondo e sono felice di vedere che davanti a me si apre un rettilineo in pianura. Ma proprio adesso che abbasso la guardia, proprio adesso che non devo più fare attenzione a dove metto i piedi e non devo più evitare pietre e fango, mi ritrovo lunga distesa a terra, dopo una rovinosa caduta!!!
Già, inciampo, perdo l’equilibrio, il mio baricentro si sposta pericolosamente in avanti, cerco di riprendermi, barcollo ed infine mi “tuffo” per terra !
Questa proprio non ci voleva: mi faccio male al ginocchio destro che diventa subito livido e mi ferisco entrambe le mani.
Mi rialzo immediatamente con l’aiuto di Salvo, il quale mi guarda sbigottito e mi chiede com’è potuto accadere. Mentre cerco di tamponare il sangue che esce dalle mani abrase, lo invito a riprendere a correre.
Non mi sono fatta nulla di grave e non sarà una stupida caduta a farmi mollare: nulla è compromesso, con un pizzico di stoicismo in più da parte mia.
Ancora qualche metro ed incontriamo Maurizio che mi conferma che sono la prima donna, ne avevo avuto il sospetto.
Ma questo primato non dura a lungo: al 16° km sento dei passi sempre più vicini ed avverto un intenso “profumo di donna” dietro di me.
Dietro, poi di fianco ed infine davanti [E' Anna Cavallo che procede affiancata ad un podista che le farà da accompagnatore per tutta la gara - Ndr]. Non mi scoraggio, la strada è ancora lunga e i chilometri da percorrere ancora tanti. Sono alla mia prima esperienza e non voglio mettermi ad inseguirla, non ce la farei e rischierei di compromettere l’intera gara.
Percorriamo continui sali/scendi e passo il 21° km ancora fresca come una rosa, non sono stanca ne affaticata. Le mani ed il ginocchio mi fanno male, ma non me ne curo.
Mimmo Causarano (uno degli organizzatori) mi aveva detto alcuni giorni prima che gli ultimi 20 km sarebbero stati tutti in discesa. Inizio a pensare che fino a questo punto sono andata benissimo e che, tutto sommato, posso permettermi il lusso di accelerare non appena inizia la discesa.
Questa benedetta discesa è un miraggio che non arriva mai!Sali/scendi, tratti di sterrato si alternano continuamente all’asfalto. Ricordando le parole dell’amica Tatiana Betta non salto neppure un rifornimento di acqua, sali e fichi secchi portati da casa.
E’ commuovente guardare dei bambini che ci allungano le bottigliette d’acqua. Li sento parlare tra loro: “Eccoli, arrivano!” e poi ridono e sorridono imbarazzati al nostro passaggio.
Per loro è un gioco, un divertimento, in questo momento si sentono grandi ed utili.
Già da qualche chilometri sento la necessità di fermarmi per liberare la vescica. Ma dop aver cercato di trattenermi, per non perdere concentrazione con la sosta, iniziano a venirmi dolori al basso ventre ed al fianco.
Che fare? Sono fortemente combattuta: fermandomi, perderò tempo, romperò il ritmo, spezzerò il respiro. Ma alla fine, mi rendo conto che non ho scelta: devo farla [un imperativo categorico - Ndr]!
Non resisto più. Avverto Salvo dunque della mia necessità e mi fermo sul ciglio della strada a ridosso di un gran cancello verde. Un podista che stava a poca distanza mi vede, si volta gentilmente dall’altra parte e prosegue la sua corsa ….
Non lo riprenderò più. Adesso che sono più leggera posso riprendere anche io.
Lasciamo la campagna ed il centro abitato e ci dirigiamo verso la zona industriale.
Siamo già al 35 km e di discesa neppure l’ombra!
Ecco: posso dire con assoluta certezza che la mia maratona è iniziata al 35° km.
Comincio ad avvertire la stanchezza, ai bordi della strada guanti e cappelli di lana che i miei compagni hanno abbandonato, perché - nonostante il vento gelido - fa caldo.
Da questo momento in poi il mio fisico inizia a mandarmi segnali di ogni genere: gambe stanche, dolore ai polpacci, principi di crampi, pesantezza alle spalle.
Mi rendo perfettamente conto che non devo lasciare che le emozioni negative prendano il sopravvento, ma - nello stesso tempo -non posso ignorarle perché mi avvertono che qualcosa non sta più funzionando e allora decido di "educarle".
Per un breve tratto, inizio a pregare recitando le uniche due preghiere che conosco, ma complice la stanchezza inizio a confonderle, non ne ricordo neppure le parole. Insomma, qualcuno lassù ha ritenuto che non era proprio giusto farlo nel momento del bisogno.
La corsa diventa estenuante, faticosa, una dura salita senza soste, mi toglie le forze e non mi lascia tranquilla a godermi ogni particolare del paesaggio.
Salvo è sempre al mio fianco.
Correndo ho imparato che nella vita, per affrontarla bene, occorrono forza fisica, intellettiva, morale e tanta volontà. Bisogna essere dei combattenti, avere coraggio e quando si cade bisogna rimettersi in piedi anche se feriti. Combattenti non si nasce, ci si diventa.
Lavoro su me stessa e, con fierezza, continuo la mia corsa con la consapevolezza che oggi sto conquistando il mio biglietto per tutte le altre corse che vorrò fare da qui in avanti.
Proprio mentre annego in questi pensieri mi accorgo di essere finalmente in discesa, il sorriso si riaccende sul mio volto ed io e Salvo abbiamo l’impressione di volare. Un’anziana donna si affaccia al suo balcone e ci urla: “ma chi ve lo fa fare”, “signora noi ci stiamo divertendo” replica Salvo che a me sembra riposato come se non avesse corso affatto.
Per terra una scritta "ultimo chilometro" e poco dopo un’altra "Salita 300 metri".
Avrebbero fatto meglio a non scriverlo. Il solo pensiero di dover affrontare l’ennesima salita (ne conosco la ripidità, avendola percorsa passeggiando la sera precedente) mi scoraggia.
D’improvviso, avverto un forte giramento di testa e sono costretta a camminare, prendo per mano Salvo che non smette un solo istante di incitarmi e procediamo a passo veloce. Mi arrabbio con me stessa: la mancanza di esperienza è stata determinante: avrei dovuto mangiare di più qualche chilometro addietro.
Perdo minuti preziosi ma ho la ferma volontà di non mollare.
Eccolo, lo vedo: è il traguardo, vittima dell’orgoglio riprendo a correre tenendo il mio compagno d’avventura stretto stretto per mano, sul mio viso si più leggere la stanchezza, la sofferenza ma anche tutta la soddisfazione per avere realizzato un sogno.
All’arrivo trovo il confortante abbraccio di mio marito e di mio figlio, il sorriso dei miei amici e la Canon di Maurizio che mi regala una raffica di fotografie degne di una vera campionessa.
Sono arrivata seconda, e divido il podio con altre due donne stupende e coraggiose: Anna Cavallo e Inge Hack.
Chi lo avrebbe mai detto!
Foto di Maurizio Crispi
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